Cinquanta anni fa, il 25 novembre 1965, si spegneva, a Londra, Julia Myra Hess. Nata nella capitale inglese il 2 febbraio 1890, eccellente pianista, aveva studiato con Tobia Matthay, didatta notevole, autore di accreditati trattati di tecnica pianistica ed insegnante di apprezzati concertisti. La musicista inglese sarà così protagonista di una carriera che la vedrà applaudita interprete per il mondo con particolare successo negli Stati Uniti d’America. Famosa la sua trascrizione pianistica di una composizione di Johann Sebastian Bach, “Jesus bleibet meine Freude”. Ma a renderla particolarmente degna di nota, significativa ed esemplare, come donna e come artista, è decisamente, in special modo in questi giorni, una sua iniziativa di alto valore artistico, civile ed umano che le valse, tra l’altro il titolo di Dama di Commenda dell’Impero Britannico. Il motivo è sotto gli occhi di tutti. Guardandosi oggi intorno, si percepisce unarrivismo spietato, un avvilimento dell’individuale dignità, l’annichilimento di ogni scrupolo morale, per una irriverente smania di popolarità e lucro che investe tutti i campi, anche quelli meno deputati. E artisti ed altra sorta di intellettuali svendono quotidianamente la loro figura per una fama effimera, quanto più ampia possibile, seppur tributata dal pubblico più superficiale e piccino. Il mondo della pubblicità è forse il maggior corruttore, ma il mondo dei mezzi di comunicazione di massa non è da meno. L’arte, che è sempre stata anche espressione di valori epocali, non può non risentirne, ed alla purezza dell’idealità si sostituisce sempre più il raggiro delle masse sprovvedute, all’incantesimo dell’arte più nobile la festa triviale del popolo minuto, e nomi odierni famosissimi, e per qualche verso anche autenticamente valorosi, si prestano a ridicolaggini populistiche, a spettacolarità demagogica che, tra l’altro, corrompendo l’anima del protagonista, ne corrompe gli esiti. Non più punti di riferimento etici ed estetici, non più messaggeri di pura, nobilissima bellezza, ponti di congiunzione con l’armonia dell’universo, ma miseri fenomeni da baraccone. Certo la nobiltà nell’arte esiste ora come un tempo, ma i criteri di elezione odierna privilegiano esclusivamente interessato esibizionismo, il personaggio alla persona, e chi si tiene fuori da ciò è relegato in disparte. Basta guardarsi intorno. Ed è tanta bruttura che rende allora ancor più fulgido, e consolante messaggio di speranza, il generoso impegno di una donna londinese di profonda sensibilità artistica e morale che, in piena seconda guerra mondiale, organizzò e si produsse in una serie di concerti presso la Galleria Nazionale londinese (oltre millecinquecento in più di un lustro di attività regolare, anche sorto i bombardamenti) senza compenso, con lo scopo precipuo di mantenere alto il morale della popolazione (e misura dell’utilità e necessità di questa iniziativa sarà lapresenza costante di pubblico), di tenere ancora saldamente in piedi quel ponte di congiunzione con l’armonia dell’universo per cui la sorte la aveva designata, di illuminare di umanità e sentimento ore buie e, forse, più di tutto, portare un monito ed un esempio ai giorni nostri.
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