Ultimi sviluppi del Teatro di San Carlo
 







Rosario Ruggiero




Benché i nostri giorni più recenti siano chiaramente caratterizzati da una sempre più evidente e marcata attenzione tecnologica, non va però dimenticato che le cose che hanno mosso da sempre e tuttora muovono i singoli individui ed intere comunità non sono principalmente le quantità, tanto care alle scienze legate ai numeri, ma i valori più ampiamente intesi, positivi o negativi, felici o infausti che siano. Significati come libertà, democrazia, bellezza, prestigio, correttezza, benessere, consumismo, arrivismo, nazionalismo, espansionismo, filantropia e più hanno motivato epoche, popoli e loro comportamenti, nel bene e nel male. A ricordarli, perpetuarli, rafforzarli, i simboli: parole, ritratti, templi, altri edifici ed ogni sorta di monumento. D’altronde si può facilmente osservare che ogni volta che si distrugge una cultura, tra le prime cose ad andare in malora sono proprio i suoi simboli.
Il Teatro di San Carlo è il più antico teatrod’opera attualmente in funzione in Europa, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO è uno dei più capiente dell’intera penisola italiana e simbolo di una civiltà musicale, quella napoletana, incontestabilmente massima, quindi, più ampiamente, anche emblema della civiltà italiana, europea, mondiale, e di tutto ciò che la musica rappresenta in termini di arte. E se l’arte insegna all’uomo qualcosa, questa è sicuramente la congruità. L’eleganza, ad esempio, è una espressione di bellezza, ed è certamente elegante indossare un magnifico abito da sera, ma solo se in opportuna occasione, non certo per andare al mercato, all’alba, a far compere di ortaggi, o in campagna per cogliere funghi, né sulla spiaggia, sotto l’ombrellone, in una calda mattinata d’estate, o a pesca su una barca in mezzo ad un lago. Decisamente incongruo in questi contesti, non si riuscirà eleganti, semmai ridicoli, grotteschi.
Ultimamente il massimo teatro partenopeo (che ha già ospitato feste nuziali private edaltre amenità) è stato fatto luogo di una manifestazione dedicata al calcio, in occasione dei trenta anni dal primo scudetto vinto dalla compagine cittadina. Difficile cogliere il significato della celebrazione di una tale ricorrenza (se non quello di far ricordare che in ben altri ventinove anni è successo solo un’altra volta). Resta altrettanto arduo cogliere la congruità della scelta di quel luogo (come se non ce ne fossero altri, e qui viene subito da pensare alla Mostra d’Oltremare, col suo bel teatro Mediterraneo, ad un tiro di schioppo dallo stadio) per un evento che il primo cittadino napoletano pur pare non abbia esitato a definire culturale, a meno che non si ritorni ad un approccio matematico, quindi numerico, ovverosia quantitativo, insomma, economicamente mercantile e politicamente accattivante.
Da questo punto di vista la riuscita della serata è allora sicuramente ben difficilmente contestabile, a tutto beneficio di quanti, in potere di farlo, perché a capo della cittào dello storico teatro, hanno favorito l’iniziativa.
Persone a cui certo nessuno potrà mai contestare il memorando merito di aver voluto, e saputo dare, il calcio ad uno dei più bei teatri del mondo intero.









   
 



 
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