Il napoletano Museo di Capodimonte, perseguendo l’obiettivo di vivificare la fruizione di una collezione già ponderosa ed incontestabilmente strepitosa, raffinatamente ospitata nella sontuosa cornice di una magnifica reggia settecentesca immersa in un meraviglioso parco, e volendo pure ricondurre l’istituzione museale alla sua natura etimologica di “luogo sacro alle Muse”, unendo, come già fa felicemente da tempo, bellezza paesaggistica, architettonica, pittorica, scultorea e persino suggestioni teatrali, all’arte musicale, ben coadiuvato in ciò dall’associazione MusiCapodimonte e dalla sua fantasiosa ed infaticabile presidentessa Aurora De Magistris, ha recentemente offerto ai suoi sempre più numerosi visitatori provenienti da tutto il mondo, un concerto, al di là del suo valore artistico intrinseco, non certo privo di motivi di interesse. Così, nell’elegante Salone delle Feste, si è tenuta l’esibizione di ben dodici pianisti che, capeggiatidal maestro Gabriele Ottaiano, attualmente insegnante presso il glorioso conservatorio di musica “San Pietro a Majella”, hanno eseguito, su due pianoforte, anche suonando tutti contemporaneamente, un originale programma espressamente creato per tale singolare organico. I motivi di interesse di una tale esibizione sono allora palesemente spettacolari, per l’originalità della formazione, ma pure ludici, per quanto riguarda i giovanissimi esecutori impegnati, di formazione scolastica, per quanto concerne la musica d’insieme, e potrebbero essere anche per nuove possibilità espressive ottenibili dal nobilissimo strumento creato da Bartolomeo Cristofori e quindi per l’evoluzione del linguaggio musicale. I due pianoforti sono stati infatti suonati con ben dodici mani e più insieme sulle tastiere, ma pure percuotendo con bacchette le casse o agendo direttamente sulle corde. Certo la storia ci insegna che musicisti del calibro di Beethoven, Chopin, Liszt o Schumann hanno saputo cavaredal loro strumento a corde e martelletti malie sonore e suggestioni emotive incantevoli ed eterne. Ma non bisogna dimenticare che quelli erano geni! Gli spettatori di Capodimonte si sono dovuti accontentare, allora, di una scelta di composizioni che carezzavano più il riconoscimento popolare che la ricerca di raffinate quintessenze espressive, passando quasi esclusivamente da celeberrime melodie napoletane a tanghi e trascrizioni di notissime melodie di grandi autori del passato che, vedendo le loro note moltiplicate sulle due tastiere, talvolta ritmate con colpi sulle casse o impinguate di riverberi di corde fatte vibrare direttamente dalle mani, inclinavano più alla semplice curiosità che non all’emozionante novità, dando luogo ad uno spettacolo comunque sicuramente riuscito, se non per l’esteta, certamente per ogni spettatore curioso e per chiunque sappia trarre dalle proprie esperienze motivi di riflessione.
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