Sky contro il governo Giù gli ascolti Mediaset
 







di Antonio Sciotto




Sky passa al contrattacco: dopo il duro comunicato del numero uno italiano, Tom Mockridge, di sabato scorso, ieri due interviste dello stesso amministratore delegato ai maggiori quotidiani italiani, ma soprattutto uno spot mandato in onda a tutte le ore e indirizzato ai propri telespettatori. Un esplicito attacco al governo, contro la decisione presa dal consiglio dei ministri di raddoppiare l’Iva sugli abbonamenti, dal 10 al 20%: «Mentre gli altri governi europei varano misure contro la crisi e per aumentare la capacità di spesa delle famiglie, l’esecutivo italiano va in direzione opposta». Scorrono le immagini di una conferenza stampa di Berlusconi e Tremonti a Palazzo Chigi, e poi un affondo ancor più pesante: «Un aumento delle tasse per 4,6 milioni di famiglie italiane. Questo, anche se durante la scorsa campagna elettorale il governo aveva promesso di non aumentare le tasse per le famiglie italiane».
Ma c’è di più, perché ieri sono statidiffusi i dati sugli ascolti dei tre più importanti poli televisivi del Paese - Rai, Mediaset e Sky - relativi al cosiddetto «periodo di garanzia», i tre mesi dell’autunno (da inizio settembre a fine novembre) su cui si misurano gli investimenti pubblicitari dell’anno successivo. Ebbene, ci sono 500 mila telespettatori complessivi in più, ma se li sono guadagnati Rai e Sky, mentre Mediaset è in perdita. In particolare, nella prima serata, la Rai è al 44,56% di share e Mediaset al 39,14%, con uno scarto del 5,42% (l’anno scorso la differenza era del 3,13%). In termini di telespettatori la Rai cresce in prime time di 128.000 unità (+0,44% rispetto al 2007) arrivando a 10.548.000; Mediaset perde 290.000 telespettatori (-1,85% sul 2007) scendendo a 9.997.000. Sky fa un balzo doppio rispetto alla Rai: +0,81% di share, in media al 7,37%.
Guardando questi numeri, si potrebbe comprendere meglio l’attacco sferrato dal presidente del consiglio - che è anche editore di Mediaset - a quello chesembra essere diventato un concorrente molto agguerrito. Comunque il premier aveva difeso a spada tratta la sua decisione, l’altroieri, affermando di aver rimediato a «un privilegio istituito dalla sinistra, per i rapporti che aveva con quella televisione». In realtà, l’Iva agevolata al 10% per le tv risale al governo Dini del 1995, e non va dimenticato che ci sono altri prodotti editoriali - come i gadget in vendita con la carta stampata - che godono ad esempio di un regime ancor più favorevole: l’Iva è al 4%. Insomma, siamo nel contesto del sostegno all’industria culturale ed editoriale, e dunque l’improvviso appesantimento dell’Iva deciso venerdì scorso, e di fatto solo per Sky, insospettisce perché non viene inquadrato in una riforma generale del settore, ma appare una misura varata ad hoc.
Nel suo spot, Sky, dopo aver ricordato di «aver trainato, dal 2003, il settore televisivo, senza sussidi del governo», spiega ai telespettatori che «se il Parlamento non bloccherà ilprovvedimento, il raddoppio dell’Iva enterà in vigore dall’1 gennaio 2009», e dunque li invita, se non sono d’accordo, a scrivere una mail al governo, indicando l’indirizzo a cui spedirla. Ieri già alle 4 del pomeriggio il sito del governo era in «quota exceeded», cioè respingeva le email perché pieno. D’altra parte, Sky precisava le proprie intenzioni rispetto ai destinatari del rincaro: esso sarà «integralmente a carico dei consumatori, dato che si tratta di un aumento delle imposte per gli abbonati». Il rincaro andrebbe da 1,2 euro per chi ha l’abbonamento base di 15 euro, a 6 euro per chi oggi ne paga 62.
Dal fronte politico, se Berlusconi si è posizionato sul fronte di guerra, dall’altro lato, sin dall’inizio ministri come Sacconi o alcuni esponenti del Pdl (vedi Bocchino e Gasparri) erano apparsi più disponibili a modifiche in Parlamento. Ieri ribadiva questa volontà anche Cicchitto. Intanto Walter Veltroni, segretario del Pd, sposta un po’ il tiro e si fa «dialogante»,rispetto alla linea precedente scelta dal collega Gentiloni: non ha insistito più sul tasto del «conflitto di interessi» - classico argomento «anti-dialogo» - quanto piuttosto ha attaccato la misura perché «colpisce un’impresa e le famiglie, in particolare i tifosi di calcio». Anche Antonio Di Pietro ieri insisteva molto sul ricarico alle famiglie, tacendo sul conflitto di interessi. Mentre Casini (Udc) diceva «ok al dialogo richiesto dal premier, ma prima via quella tassa su Sky».de Il Manifesto









   
 



 
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