La musica: arte astratta o concreta?
 







di Rosario Ruggiero




Cos’è un linguaggio? L’utilizzazione di segni referenziali, ossia di segni che rappresentano particolari significati condivisi in un opportuno gruppo. Così sono linguaggi alcuni comportamenti animali, come l’ostentazione del piumaggio che fa il pavone, il ringhio del cane o le pose minacciose di alcune scimmie. L’uomo certo, tra i suoi linguaggi, privilegia sensibilmente la parola, attribuendo arbitrariamente significati comuni a particolari combinazioni di suoni e generando così le varie lingue. Ma anche la musica è un linguaggio. Se non fosse tale, che altro motivo avrebbe mai di esistere? Ed in termini di estensione è anche sicuramente ben più ampio dei singoli idiomi, essendo comprensibile indipendentemente dal periodo storico e dai luoghi, e non solo tra gli uomini, ma addirittura tra gli animali, se non anche tra le piante, che reagiscono oggettivamente alle sue suggestioni. Il punto è che viene considerata linguaggio astratto, forse proprio perché ineffabile. Ed infatti i termini linguistici che cercano di descrivere caratteristiche sonore vengono presi a prestito da altre discipline più concrete, ed un suono può essere acuto o grave, alto o basso, tondo, caldo, aspro o dolce, e così via. Ma come potrebbe la musica essere astratta, cioè svincolata dalla realtà concreta, ed al tempo stesso essere comunemente descritta da vocaboli materiali? Come potrebbe essere astratta ed al tempo stesso tanto ampiamente comprensibile?
Il fatto è che un linguaggio ha sì elementi condivisi, ma a questi si sovrappongono interpretazioni soggettive dettate dalle individuali esperienze, dalla psiche, dal temperamento e dalla visione della vita di ogni singola persona. La musica, giacché ha significati meno rigorosamente stabiliti rispetto ai vocaboli, lascia sicuramente maggior ambito all’individuale interpretazione e l’immaginazione può così spaziare maggiormente ascoltando musica che non parole. Ma come fa questa immaginazione ad essere mossa? È mossa proprio per il fatto che le basi della musica sono fortemente materiali.
Il nostro cervello compie continui richiami mnemonici ed emotivi. Una semplice immagine può riportare alla nostra mente tutta un’amplissima serie di esperienze ed emozioni correlate a ciò che raffigura. Così, in una giornata invernale tetra e piovosa, la fotografia di un fiore può condurre il nostro pensiero alla primavera, al sole, ad una nostra particolare giornata all’aria aperta, a quanto in quella giornata successe, ed il nostro umore ne verrà sensibilmente modificato, potrà sorgere in noi gioia, rimpianto, tenerezza o tante altre emozioni. Nel bel mezzo del più caotico brulichio umano di un affollatissimo marciapiedi metropolitano, sotto una forte pioggia scrosciante, infagottati negli abiti e con il gelo nelle ossa, la semplice improvvisa percezione, tra tanta gente sconosciuta, del profumo abitualmente usato da una persona amica che non vediamo più anche da moltissimi anni, ci può portare
al ricordo di affettuose esperienze estive in riva ad una spiaggia assolata e far rivivere fortemente emozioni forse assopite ma mai profondamente dimenticate. Nella stessa identica maniera, allora, particolari caratteristiche sonore possono muovere il nostro pensiero e le nostre emozioni giocando anche con stati d’animo primigeni, ed un suono violento, improvviso e cupo rievocherà, anche solo inconsciamente, il tuono, quindi il lampo, la notte, il cattivo tempo, un senso di disagio, di preoccupazione, di paura. Il trillo acuto di un flauto, diversamente, potrà suggerirci cinguettio di uccelli, quindi giornate assolate ed amabile senso di serenità. L’analogia tra suoni e realtà, e quindi la capacità dei suoni di richiamare concetti alla mente, è abbastanza oggettiva, cioè comune a tutti, ma le immagini e le emozioni suscitate, giacché legate anche alle più individuali esperienze, sono ben più soggettive. Da qui l’oggettività di definire quel primo suono “scuro” ed il trillo del flauto ben più “luminoso”, come pure l’oggettività di alcune musiche di essere serene, altre tormentose, alcune allegre, altre meste e gli effetti di rappacificare o inquietare, ma al tempo stesso anche l’ampia varietà di effetti soggettivi sull’immaginazione ed il sentimento che ci viene suscitata. La parola indica, ed indicando può rievocare. La musica rievoca, e rievocando ci può indicare particolari realtà. Il vocabolo “notte”, infatti, indica una condizione atmosferica e può rievocare ancestrali paure. Cupi suoni stridenti, invece, rievocano tensione, ansia e disagio, e possono così indicarci le tenebre. La musica è proprio un’arte tanto astratta?









   
 



 
01-10-2019 - La collezione Bonelli
01-09-2019 - Strumenti musicali ovvero calcolatori elettronici ante litteram
01-08-2019 - Festival della Musica Popolare del Sud II Edizione
01-07-2019 - La Canzonetta
01-06-2019 - I musicisti hanno fantasia?
01-05-2019 - Musica d’arte e musica di consumo
01-04-2019 - Il rilancio di una regione sulle note di una canzone
01-03-2019 - Al Museo di Capodimonte la musica ai bambini
01-02-2019 - La canzone napoletana irriducibile documento sociale
01-01-2019 - Orchestre sul lungomare di Castellammare di Stabia?
01-12-2018 - L’arte di essere artisti
01-11-2018 - L’esperienza all’estero di un musicista italiano. Chiacchierata con Lello Petrarca
01-10-2018 - Cento anni fa nasceva Henryk Szeryng
01-09-2018 - Eduardo di Capua in un libro
01-08-2018 - A Napoli nuovi cimeli musicali in mostra

Privacy e Cookies