Centocinquantamila
a Napoli contro le mafie
 







a cura di Pullo M. Rosaria




XIV edizione della Giornata della Memoria

http://www.youtube.com/watch?v=6aeMs5IXmr0

Piazza Plebiscito a Napoli con tanti volti. Soprattutto facce di giovani, ragazze e ragazzi provenienti da ogni città d’Italia ma anche da quell’hinterland napoletano descritto come spacciato e disperato. Il corteo annuale promosso da "Libera" contro tutte le mafie, si è mosso dalla rotonda Diaz, ha riempito il lungomare Caracciolo in una giornata ventosa e a tratti fredda, per poi fermarsi nella vera grande agorà partenopea, in un flusso che pareva interminabile e incalcolabile di, almeno 150 mila persone. Sotto il palco cinquecento posti per i familiari delle vittime della criminalità organizzata che hanno voluto, quest’anno più che in passato, rendere pubblico il proprio dolore, sfidando gli assassini. Una piazza che traboccava emozioni sin dall’inizio, da quando un bambino ha cominciato a leggere i nomi delle morti assurde che non possono essere dimenticate. Nella lettura si sono alternate persone comuni e uomini e donne impegnate pubblicamente. Nessuna parola di troppo, solo l’elenco infinito di nomi, snocciolato come un rosario. Fra gli altri a leggere, Paolo Ferrero, Giovanni Russo Spena, Claudio Fava, Francesco Forgione, Nichi Vendola, si sono alternati con pudore ai tanti e alle tante senza volto chiamati sul palco. Quest’anno lo slogan della manifestazione, giunta alla quattordicesima edizione e capace ogni volta di crescere, recitava "l’etica libera la bellezza". E pare incredibile scoprire come il concetto sia stato elaborato dai bambini di Ponticelli, che dopo il pogrom del campo rom del loro quartiere, hanno voluto che i bambini rom potessero tornare nelle loro classi. È stata la vittoria dei bambini ma anche l’occasione per ascoltare il racconto di Anastasia, studentessa torinese, di come si possa utilizzare per uso sociale una cascina sottratta ad una cosca e di come sia
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importante capire che le organizzazioni mafiose non inquinano solo il Sud ma devastano l’intero pianeta. E dopo di lei il volto radioso di Mamadousi, di Castelvolturno e del Coordinamento dei rifugiati e richiedenti asilo, ad ammonire che quella criminalità e il razzismo prosperano nella stessa scia di sangue. Mamadousi ha voluto ricordare i sei ragazzi migranti trucidati il 18 settembre scorso e ha chiamato in piazza nel paese dell’eccidio, per il 18 aprile, coloro che in nome dell’eguaglianza e dei diritti vorranno dare una risposta di massa ai poteri criminali. Ha proseguito Ilya, figlio di una giornalista ormai nota in tutto il mondo: Anna Politovskaja. Anche sua madre è morta per mano di criminali ma, come ha affermato con tristezza: «Da noi, in Russia, non sarebbero permesse manifestazioni come questa».
Poi, dura come una pietra, la testimonianza carica di rabbia e dignità di Alessandra Clemente, figlia di Silvia Ruotolo. Silvia nel 1997 aveva 39 anni, tornava a casa riportando con sé i figli da scuola. Era nel posto sbagliato nel momento sbagliato ed è stata colpita mortalmente durante uno scontro fra bande rivali. Alessandra ha un volto pulito e una voce che sembra infinitamente più grande della sua età; sembra guardare i presenti uno ad uno mentre rivendica l’importanza di riaprire in pubblico una dolorosa e mai rimarginabile ferita. Meglio questo che il silenzio. Rivendica il diritto ad arrabbiarsi, a ribellarsi, a pretendere di vivere in una società civile in cui nessuno debba più morire in questa maniera assurda. Alessandra è arrivata con il Coordinamento campano delle vittime della criminalità organizzata. Sono in tanti i campani fra le file dei parenti di caduti e lei li ringrazia, come ringrazia con calore e forza, per la prima volta la sua città. Tanti occhi lucidi.
Don Luigi Ciotti che di "Libera" è stato l’ideatore interviene alla sua maniera, lunga e appassionata. Chiama all’impegno e alla memoria, ad un impegno che duri 365 giorni l’anno e
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ad una memoria che non consideri alcune vittime più importanti di altre. E se lancia un monito alle istituzioni, chiede a chi è in piazza, ad ognuno e ad ognuna di assumersi le proprie responsabilità, anche nella vita di ogni giorno, con i fatti e non solo con le parole. Senza fare alcun nome o riferimento diretto pronuncia però un inequivocabile j’accuse a chi utilizza a proprio tornaconto la parola "legalità". «È una parola che non ha valore se non è accompagnata dalla giustizia e, nel nostro Paese, si sono fatte leggi giuste e leggi ingiuste, leggi che privilegiano pochi e leggi che colpiscono molti». Un riferimento netto e critico al securitarismo ed alle leggi ad personam. Al lungo applauso che accompagna il saluto di Ciotti è seguita un’ulteriore lettura dell’elenco delle vittime, e alla fine, inatteso è salito sul palco Roberto Saviano. Ma la manifestazione di ieri era un camminare di volti sconosciuti e di storie, quelli dei lavoratori di Pomigliano d’Arco, il cui stabilimento rischia di chiudere per sempre, quella dei militanti di Rifondazione che avevano tappezzato Napoli di manifesti in cui campeggiavano i nomi degli assassini che vivono indisturbati in alcuni quartieri. «Curiosamente - raccontano - gli operatori del Comune, con una celerità rara hanno provveduto a staccare tutti i manifesti, lasciando invece le scritte sui muri che inneggiano ai boss. Ci autodenunceremo per l’affissione e vedremo cosa ci risponderanno». Tra le tracce emotive di questa giornata, l’incontro con un’enorme piovra di plastica viola realizzata dai ragazzi della Cooperativa Dedalus e quello con una famiglia particolare. Antonino Laganà aveva tre anni e mezzo il 6 giugno scorso, partecipava ad una recita nell’oratorio a Melito Porto Salvo (Rc). Una pallottola vagante lo ha ridotto in fin di vita. I medici disperavano, parlavano di danni irreversibili, di perdita della capacità motoria e della memoria. Ma Antonino ha combattuto contro quella maledetta pallottola, cure dolorose e
una energia vitale spaventosa. Era bello vederlo in piazza, con i suoi occhi vispi, camminare e giocare. Antonino ha vinto. Stefano Galieni
Mafie, la lezione di "Libera"
Napoli è drammatica metafora dell’intreccio tra economia legale ed illegale; ma anche luogo coraggioso di presa di coscienza della società e campo di scontro aspro nella politica. Tanta parte delle politiche, delle amministrazioni, della finanza, dei poteri è, infatti, parte integrante delle mafie; ma ad essa si oppone la ricerca conflittuale di un nuovo spazio pubblico che vuole rompere le gabbie delle mafie amministrative, economiche, politiche.
"Libera" ci dice che una vera azione di politica alternativa, che si arricchisce di comportamenti antimafie, è anche "riforma morale" che parte dai territori, dalla dimensione locale come costruzione di presidi democratici che devono innervare gli spazi nei quali vivono ragazze, giovani, una umanità sofferente. Ricollegandosi ad una analisi della morfologia dei poteri contemporanei e della eversione restauratrice dell’attuale governo.
Sono allora decisive azioni di antimafia sociale; sono inutili e, spesso, negative azioni retoriche o anatemi propagandistici. Locale e generale si ricongiungono; è di straordinaria importanza parlare di lotta alle mafie in Europa rispetto ad un caleidoscopio di accumulazione economico-mafiosa che è parte integrante della globalizzazione liberista (più di un quinto, secondo le statistiche ufficiali, del Prodotto interno lordo europeo).
L’Europa è la nuova frontiera dell’azione antimafie. Penso alle sinergie delle mafie in Europa, hai "paradisi fiscali" europei, alle società formali che nascondono altre società sostanziali e mafiose, alle banche ufficiali che riciclano "denaro sporco", ai veri e propri stati-mafia (nati dalle guerre del centro destra e del centro sinistra nei Balcani), retti da governi e gruppi dirigenti direttamente mafiosi. Le guerre balcaniche hanno generato
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statualità mafiose; l’indipendenza di Stati (come il Kosovo), nati dalle nefandezze della Nato e dell’Europa, rischia di istituire "zone franche" per i traffici mafiosi dall’oriente verso occidente.
La "giornata della memoria e dell’impegno" come sempre, attiva le energie migliori della società, con le 1.300 associazioni che a "Libera" fanno capo. Sul terreno più vero ed avanzato, senza inutili chiacchiere. Le mafie vanno colpite nei beni, nelle ricchezze, nei profitti, nella distribuzione delle risorse; la lotta alle mafie non è altra cosa dalla lotta alla precarietà, per l’occupazione, per il salario sociale. Le tante cooperative di ragazze e giovani che lavorano alle terre confiscate alle mafie, i lavoratori che rimettono in produzione aziende confiscate (lottando contro ostruzionismi e ritardi di burocrazie e settori filomafiosi dello Stato) sono avanguardie di percorsi di legalità e di processi di liberazione. Noi ci sentiamo, politicamente ma anche emotivamente, parte organica di questo splendido impegno collettivo. Giovanni Russo Spena

 

 

 


 









   
 



 
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