Perduta la battaglia sulla credibilità personale, documentata dal crollo verticale della fiducia e della popolarità presso gli elettori, il presidente del consiglio cerca una tregua d’armi, per evitare un possibile scontro diretto che segnerebbe definitivamente la sua fine personale, coincidente con la fine del berlusconismo, del Pd, dell’economia della finanza, della mortificazione del lavoro, del capitalismo senza capitali, delle scalate abusive, delle cordate finanziate con denaro pubblico, delle apparenze che coprono con un sottile velo pietoso il disastro provocato da 15 interminabili anni di soprusi e di leggi ad personam, di progetti di grandi opere utili solo alle varie mafie colluse. Lo scontro si profila nell’immediato orizzonte della ripresa del dopo-periodo estivo. Le affermazioni a garanzia che la crisi è finita e si trova alle nostre spalle, si dovranno confrontare con la realtà delle fabbriche costrette a non riaprire i battentie conseguente perdita di posti di lavoro, ulteriore crollo del PIL, ennesimo aumento del debito pubblico, il tutto condito con il rinnovo dei contratti di lavoro della PA che già preannuncia un autunno caldo o caldissimo. Individuando le ragioni di una disfatta , il cavaliere vorrebbe tentare la carta di un cambiamento di strategia, interpellando tutte le parti sociali e le opposizioni, proponendo un "volemose bbene", tardivo, contraddittorio, fortemente ipocrita ed estremamente personalizzato. Il timore personale del cavaliere non riguarda prevalentemente la situazione economica nazionale; quella piuttosto è individuata come una condizione aggravante. Il vero nodo gordiano che vorrebbe dirimere lo coinvolge personalmente con l’attesa pronuncia della Consulta sulla costituzionalità o meno del Lodo, al quale tiene molto più che alla ricostruzione in Abruzzo, più che alla chiusura delle fabbriche, più che alla perdita dei posti di lavoro, più che al crollo del PIL, più cheall’aumento del debito pubblico e al moltiplicarsi dell’evasione fiscale. Una "pace sociale" gabellata e venduta agli attoniti elettori, come ritrovata solidarietà intorno alla sua discutibile e discussa persona, potrebbe favorire, secondo le sue ardite previsioni, a dilatare anche alla Consulta il ritrovato "volemose bbene" in funzione del bene comune, per quanto riguarda l’immagine da offrire alla pubblica opinione, ma identificato nell’interesse personale, per quanto riguarda il bisogno di stimolare l’oblio sulle sue tresche immorali, e, quindi, la solidarietà generalizzata per condividere gli effetti nefasti che si prospettano nell’immediato futuro. La ricerca della "pace sociale" si tradurrebbe in due ipotesi possibili: a) attribuire alle opposizioni la responsabilità dei suoi fallimenti, provocati dal diffuso panico del quale ha da sempre accusato gli analisti della crisi, alternativi al suo invito ai consumi che, da soli, avrebberorisolto il problema della economia di mercato; b) condividere con le opposizioni e le parti sociali le sue responsabilità, al solo scopo di salvaguardare la sua persona e le posizioni arbitrariamente conquistate nell’ordine dell’interesse privato. Giocata malissimo la palla nell’affrontare la crisi, ora vorrebbe passarla alle opposizioni e alle parti sociali, per farsi vittima di una realtà dalla quale uscire assolto, magari per insufficienza di prove, visto che, in questo caso non si può attendere la prescrizione. Certo sarà difficile far inghiottire agli italiani la nuova strategia che vorrebbe le varie D’addario, Noemi, la stessa moglie Veronica, le foto osè, le intercettazioni a luci rosse, come responsabili finali dell’emergenza economica. Offrirà crediti d’imposta alle opposizioni, fideiussioni alle parti sociali, speranze ai disoccupati, proposte ai precari, promesse agli elettori e inonderà i suoi mezzi di comunicazione, con la"politica del fare" che dovrebbe sostituire la "politica dell’alcova" fin qui perseguita, a cura e spese dei contribuenti. Oggi come non mai torna perentorio l’invito di Borrelli: "resistere, resistere, resistere": il re è nudo e sconfitto, la tregua d’armi serve solo a lui per salvare il salvabile del suo privato interesse; anche nella sua stessa maggioranza è atteso l’irrigidimento delle posizioni a contrasto, per risolvere definitivamente il problema a monte, per trasformare l’invito "se ne deve andare" in un perentorio "deve essere cacciato".
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