Bagnasco si schiera: -Disgustoso l’attacco di Feltri a l’Avvenire-
 







di Virginia Lori




Erano sorti mille interrogativi sul perché il presidente della Cei, Bagnasco l’altro giorno non avesse preso posizione nel duro scontro che ha contrapposto il quotidiano di Berlusconi al direttore de "l’Avvenire". Un silenzio che aveva alimentato mille "voci" sul possibile isolamento di Boffo anche dentro le gerarchie ecclesiastiche. Ieri però l’arcivescovo di Genova, appunto il cardinale Bagnasco ha rotto quel silenzio. Usando parole inusuali, molto dure, e in un modo inusuale. Non durante la messa - ieri si celebrava la festa del santuario della Madonna della Guardia - ma rispondendo a braccio ad una domanda di un cronista. E a chi gli aveva chiedeva cosa ne pensasse della vicenda, Bagnasco ha risposto secco: «L’attacco fatto al dottor Boffo è disgustoso e molto grave».
Detto questo è entrato in Chiesa. Lì, dall’altare del Santuario ha poi svolto una lunga omelia, dove non è più tornato sull’argomento. In qualche modo però è tornato a parlaredelle vicende politiche che hanno segnato quest’estate. Perché Bagnasco s’è soffermato a lungo sul dramma dei migranti. Spiegando che quello della solidarietà verso chi fugge da povertà, guerra e fame è «un obbligo morale». Il tutto, però, in qualche modo temperato da frasi del tipo: «Occorre saper coniugare la solidarietà col vincolo della sicurezza». Frase che agli osservatori è suonata come un piccolo passo indietro rispetto alle coraggiose denunce della Cei sui rischi connessi alla politica leghista anti-migranti.
Cosa significhi la scelta di Bagnasco di mitigare le denunce contro il governo lo si vedrà comunque nei prossimi giorni. Oggi, sul tappeto, resta la durissima - e ripetiamo: Inusuale nella scelta delle parole - condanna nei confronti del giornale di Berlusconi. Parole riportate pari pari anche sull’Osservatore Romano di stamattina che sull’intera vicenda pubblica solo il commento di Bagnasco. Senza neanche una riga in più.
E Feltri? Il direttore de «il Giornale»dal canto suo non sembra intenzionato a fare retromarcia. Ieri mattina, il direttore di fiducia del premier, che ha dato il via all’aggressione contro l’"Avvenire" - colpevole di essersi unito al coro dei cattolici sdegnati per i comportamenti privati di Berlusconi - in un brevissimo editoriale ha spiegato di essere soddisfatto del risultato raggiunto. «Bisogna smascherare questi falsi moralisti», ha scritto. Mettendo nero su bianco che sarebbe disposto «a rifarlo». Sarebbe disposto, insomma, a continuare a pubblicare notizie sulle scelte sessuali di Boffo - accusato di aver molestato una donna, la moglie di un uomo col quale aveva una relazione -, se non finirà il «gossip» anti-premier.
Frasi e toni che a molti hanno fatto parlare di veri e propri ricatti. Contro una testata, contro una linea editoriale. E così, lo scontro fra Chiesa e il Presidente del Consiglio ha ceduto il passo ad un altro argomento. Ad un altro tema: l’attacco alla libertà di stampa. Perché c’è il casodell’"Avvenire", ma, in contemporanea, c’è anche il caso di "Repubblica". Querelata dal premier (caso unico in tutto il mondo occidentale).
Sono in molti, insomma, a lanciare l’allarme per un attacco al diritto d’informazione. E anche se con molto ritardo cominciano ad organizzarsi le prime risposte.
Protagonisti, almeno in un primo momento, i giornalisti. Ieri, per dirne una, sono arrivate le durissime parole dell’associazione della Stampa romana, che ha parlato attraverso il suo segretario Butturini. «Esprimo solidarietà alla redazione a La Repubblica, sotto attacco da parte di chi, come il presidente del Consiglio, non si attiene alle più elementari norme di una democrazia liberale». E, ancora: «Così come non posso esprimere che dolorosa preoccupazione per l’imbarbarimento della scena mediatica, di cui si è reso protagonista anche Il Giornale riesumando una vicenda ormai passata in giudicato (dov’è quindi la notizia?) e utilizzandola per colpire un supposto avversariopolitico». Il tutto fa dire a Butturini che forse le denunce non bastano più: «Credo che sia necessario organizzare al più presto una manifestazione pubblica a difesa della libertà di informazione».
E’ stato a questo punto, quasi sollecitata, che l’opposizione parlamentare ha cercato di uscire dal suo torpore. Lo ha fatto con le dichiarazioni un po’ generiche di Franceschini («Penso che sia arrivato il momento in cui la società civile, le organizzazioni e le associazioni, e non soltanto le opposizioni, si mobilitino nel mese di settembre per una campagna a difesa della libertà di stampa») e quelle un po’ più esplicite di Bersani. Che chiama in causa anche l’opinione pubblica, forse troppo silente. «E’ in gioco un pezzo della qualità della nostra democrazia. Ci vuole una riscossa degli operatori di questo settore, sostenuti dall’opinione pubblica, che cominci a muoversi e mobilitarsi sul serio».
Detto di Di Pietro (che fa battute sul premier, «resterà col cerino in mano» ma nonsi impegna sulla manifestazione chiesta dai giornalisti), non resta da parlare che della maggioranza. Dove a parte i soliti Gasparri e Cicchitto - magari ieri un po’ più volgari del solito ma nulla che meriti una citazione - va segnalato l’ex Udc, ex ultras degli ambienti conservatori cattolici, Giovanardi, passato armi e bagagli al partito del premier. Anche lui interviene sull’aggressione di Feltri a Boffo. Ma solo per dire questa esatte parole: «Chi è senza peccato scagli la prima pietra e chi di spada ferisce, di spada perisce». Lui sta col premier, la Chiesa è già dimenticata.









   
 



 
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