Il Congresso Usa stanzia 82 miliardi di dollari per le guerre
 







di Jonathan Weisman and Shailagh Murray




Il costo dell'occupazione dell'Iraq supera i 200 miliardi di dollari. Nonostante il fallimento, l’esercito ne chiede ancora 
Il 10 maggio il Senato Usa ha approvato lo stanziamento di 82 miliardi di dollari per “l’emergenza finanziaria” delle operazioni militari, conferendo al presidente Bush la possibilità di aumenta il costo complessivo della guerra in Iraq oltre i 200 miliardi di dollari.
Nonostante questo provvedimento, inaspettato e di enorme portata, gli ufficiali dell’esercito Usa invocano la necessità di ulteriori finanziamenti entro il prossimo ottobre. L’Army Materiel Command, il principale ramo logistico dell’esercito, ha comunicato al Congresso la richiesta di almeno altri due interventi finanziari “d’emergenza” volti a coprire le spese dello staff militare. All’interno del Congresso, alcuni ricercatori indipendenti prevedono che, entro il 2010, le spese militari eccederanno i cinquecento miliardi di dollari.
“Stiamocombattendo una guerra grazie a finanziamenti aggiuntivi richiesti in maniera straordinaria, il modo peggiore di fare business”, ha affermato l’ex generale Usa John M. Riggs, fino all’anno scorso responsabile dei piani di ammodernamento dell’esercito. “Il budget di base dell’esercito Usa deve essere adeguato alla conduzione di un conflitto all’insegna del terrore, e non so proprio immaginare da dove possano giungere le risorse”.
L’ultima misura di spesa, richiesta da Bush lo scorso febbraio, consisteva pressoché dello stesso ammontare, 81,9 miliardi di dollari, di quella approvata martedì. Il dibattito che ne è scaturito non ha riguardato tanto la questione dello stanziamento finanziario, quanto le tematiche relative all’immigrazione. Il provvedimento legislativo, infatti, include un articolo che ostacolerà il conseguimento da parte degli immigrati irregolari di patenti di guida, considerate dal governo federale come validi documenti d’identità. Si è poi provveduto a incrementare laserie di disposizioni in materia di lotta al terrorismo, che hanno reso un immigrato un soggetto potenzialmente inammissibile o esiliabile, hanno inasprito le leggi in tema di asilo politico e hanno conferito maggiori poteri al governo federale per l’istituzione dei confini territoriali.
Il Senato ha approvato all’unanimità la proposta di legge, 368 voti contro 58. La misura di spesa ha previsto un ammontare di 76 miliardi di dollari per il Dipartimento della Difesa, che si aggiungono ai 25 miliardi già stanziati per le operazioni in Iraq nell’ambito dell’anno fiscale, terminato il 30 settembre. Si registrano poi 5 miliardi concernenti le attività di politica estera, di cui 1,28 miliardi finalizzati alla costruzione dell’ambasciata a Baghdad – che diventerà la più grande tra le ambasciate Usa in tutto il mondo - , 660 milioni di dollari per l’emergenza tsunami, 200 milioni di aiuti alla popolazione palestinese e 370 milioni per gli interventi in Sudan.
L’esito schiacciante delvoto e lo sconnesso dibattito riguardo all’ammontare della spesa bellica smentiscono la tesi secondo cui il peso del conflitto in Iraq stia compromettendo sia la strategia del Ministero delle Finanze Usa che i futuri provvedimenti per il sostegno delle operazioni militari. Per l’anno fiscale 2005, il Pentagono ha provveduto ad allocare circa 100 miliardi di dollari per le spese di guerra, il 45% in più rispetto all’anno scorso: una cifra vicina al 30% dei 350 miliardi di deficit deli governo federale.
Il Congressional Research Service ha stimato che, con l’adozione di quest’ ultimo provvedimento, il governo Usa avrà complessivamente stanziato 350,6 miliardi di dollari dal giorno dell’attacco alle Twin Towers. Dal 2003, per l’occupazione dell’Iraq, il Congresso Usa ha sovvenzionato il Dipartimento della Difesa per 183 miliardi, mentre altri 25 miliardi sono stati destinati ad altre agenzie governative, come il Dipartimento di Stato, operanti sul territorio iracheno per un totale,secondo i dati CRS, di 208 miliardi di dollari.
Una quantità addizionale di 74 miliardi di dollari è stata riservata per le operazioni in Afghanistan, e ancora di più per le iniziative militari “atte a garantire la sicurezza” dall’11 settembre 2001.
La risoluzione approvata provvede fin da ora ad allocare 50 miliardi di dollari per il 2006, ma, con ogni probabilità, questa è una cifra destinata ad aumentare.
“Signor e Signora Contribuenti, questo è il vostro denaro”, ha ironizzato il senatore Robert C. Byrd, democratico della West Virginia.
Alcuni legislatori stanno facendo pressioni sull’amministrazione Bush affinché si tengano sotto controllo le richieste finanziarie aggiuntive, in particolare per i casi, evidentemente non sporadici, che non sono di emergenza. L’ultima - in ordine di tempo - “emergenza” , la riorganizzazione dell’esercito in “brigate”, una manovra di riassetto già annunciata nel 2003, è costata 5 miliardi di dollari.
Alcuni membri del Congressolamentano che il fenomeno delle emergenze non riconosce le facoltà di supervisione dei legislatori e mantiene la situazione deficit per gli anni futuri. “È un atteggiamento irresponsabile”, ha sentenziato lo scorso febbraio il senatore repubblicano del Nebraska Chuck Hagel. Sebbene questa manovra abbia goduto di un enorme sostegno, i legislatori insistono nel definirla “la goccia che fa traboccare il vaso”.
“Siamo più seri”, ha detto il senatore John McCain, repubblicano dell’Arizona. “Sappiamo tutti quello che è stato fatto. Ma c’è sempre più resistenza”.
Gli ufficiali del Pentagono stanno cercando di limitare queste manovre di emergenza, sostiene Loren B., un’analista della Difesa del Lexington Istitute, centro di ricerca di Arlington. Alcuni ufficiali hanno informato le autorità militari che l’intervento straordinario del prossimo anno dovrebbe essere l’ultimo per quanto riguarda le operazioni in Afghanistan e, entro il 2007, si dovrebbero esaurire quelli concernenti l’Iraq.Dopo di che, i costi dovrebbero ritornare entro gli standard di budget del Pentagono.
Un collaboratore repubblicano del Congresso, responsabile dei processi di budgeting del Pentagono, si è spinto oltre. La strategia dei fondi aggiuntivi è una “strategia perdente” e i 50 miliardi di dollari nel budget del 2006 “saranno gli ultimi”, ha affermato.
Dall’altra parte, gli ufficiali dell’esercito sostengono che la rinuncia a questo tipo di provvedimenti metterà a repentaglio i progetti per l’ammodernamento degli staff militari e per la messa a punto di armamenti sofisticati, che verrebbero accantonati, come ha notato Dov S. Zakhem, l’ex supervisore del Pentagono. Le decisioni del Congresso hanno messo a dura prova la capacità di spesa per le manovre straordinarie, ma ora i legislatori sono diventati meno propensi ad accettare incrementi di budget del Dipartimento della Difesa. “È una preoccupazione legittima”, ha riconosciuto Zakheim. La House Appropriations Committee ha di recentedeciso di tagliare 3,3 miliardi di dollari dai 367 richiesti dal presidente.
Alcuni analisti hanno confidato che la manovra in questione, approvata otto mesi fa, porterà solo nel 2006 i benefici invocati dall’esercito. Gli ufficiali militari non sono però dello stesso avviso. L’Army Material Command sta incassando denaro destinato ad altre operazioni per intervenire sul riassetto degli staff militari certo del fatto che i fondi necessari verranno recuperati attraverso altre manovre straordinarie, come ha affermato Gary Motsek, rappresentante di un commando dell’esercito.
“Il fondo aggiuntivo è in gran parte già predisposto”, ha ricordato.
Ha poi aggiunto che richiederà altri provvedimenti d’emergenza quando la guerra sarà terminata, allo scopo di riorganizzare il proprio commando. da Nuovi Mondi Media

 









   
 



 
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