Cento minuti. Tanti ne ha impiegati ieri il presidente Medvedev per trarre un bilancio della situazione della Russia di oggi e descrivere il paese di domani. Più democrazia, un’economia moderna, concorrenza, rispetto per l’ambiente. Il secondo discorso sullo stato della nazione da quando è stato eletto, nel maggio del 2008, è una summa di buone intenzioni per traghettare la nazione nel terzo millennio. Il paese è in crisi, ha ammesso il presidente di fronte a mille tra politici, imprenditori e personaggi pubblici. C’è bisogno di una rinascita. Dal punto di vista economico sono soprattutto due i crucci di Medvedev: «la scarsità vergognosa di concorrenza» e la massiccia dipendenza del Pil dall’esportazione di gas e petrolio. La Russia deve crescere e fondare la propria ricchezza su un’industria moderna. Il paese ha bisogno di un rinnovamento tecnologico radicale: «Ne va della sopravvivenza della nostra nazione». I nodi dello sviluppo tecnologicodovranno riguardare soprattutto l’energia atomica, la ricerca aerospaziale e l’informatica. Sarà anche necessario il taglio del consumo di materiali fossili e lo sviluppo di fonti di energia alternativa. Lo stato, che attualmente controlla il 40% dell’economia russa, deve fare un passo indietro. Il che tradotto vuol dire tagli a quel che rimane del sistema sociale e un’ondata di privatizzazioni: le grandi imprese pubbliche, secondo Medvedev, sul lungo periodo non hanno futuro e quindi dovranno essere liquidate o privatizzate. Un taglio dovrà essere dato anche al sistema di sprechi e ruberie che affligge i giganti di stato: in futuro saranno agenzie private a controllare i bilanci pubblici. Se il paese lo seguirà, promette il presidente, la qualità della vita sarà migliore, le pensioni saranno aumentate. Ma sono finiti i tempi in cui si poteva fare affidamento sullo stato. Il comunismo non c’è più e oggi i cittadini devono prendere l’iniziativa e assumersi le responsabilità checomporta la modernità. Medvedev tenta di dare il buon esempio: la crisi economica ha colpito duramente la Russia, ha ricordato il presidente, più di altri paesi per via del crollo del costo di gas e petrolio. Ma a differenza dell’attuale primo ministro Vladimir Putin, Medvedev non vuole scaricare le responsabilità: «Non dobbiamo cercare colpevoli all’estero. Siamo noi a non aver fatto abbastanza». Basta anche con le contrapposizioni ideologiche: le relazioni con l’Occidente in futuro dovranno essere improntate al «pragmatismo». Un atteggiamento dialogico, una risposta alle aperture che sembrano arrivare da Washington. Ciononostante la potenza militare russa sarà incrementata con 30 missili intercontinentali, tre sottomarini nucleari, cinque sistemi di difesa missilistici, poco meno di 60 nuovi aerei ed elicotteri e una nave da guerra. Una dotazione militare che sembra rispondere solo in parte a quella che il presidente ha definito la minaccia più pericolosa per il paese:l’instabilità e il terrorismo nelle regioni russe del Caucaso del Nord. Quel che vuole Medvedev è una piccola rivoluzione modernizzatrice capitalistica. C’è bisogno di «educare i giovani alla libertà di pensiero», ha detto il presidente. Una disposizione innovativa, che si è persino adeguata alle nuove forme di comunicazione: recentemente il presidente aveva diffuso i suoi messaggi anche attraverso internet, chiedendo ai russi stessi di proporre i temi da affrontare. Hanno risposto in 17mila. Medvedev è decisamente meno incline del suo predecessore Putin a cedere al fascino della grande Russia, del ruolo di super potenza da riconquistare. La sua politica sembra essere più ispirata dal pragmatismo e dalla modernità capitalistica. A parole e gesti finora Medvedev ha promesso molto. Dal rispetto dei diritti civili a una riforma del sistema giudiziario, dall’apertura agli oppositori - l’intervista concessa al giornale di Anna Politkovskaya, ne è stata un esempio -, all’annuncio divoler ridurre il consumo di energia entro il 2020. Per ora i cambiamenti stentano ad arrivare. Soprattutto l’annunciata lotta alla corruzione sembra non aver sortito effetti. La situazione, dicono in molti, sarebbe addirittura peggiorata.
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