-No ai tagli-
 







Antonio Ferraro




Milletrecento persone con disabilità, tra sordi, ciechi e in carrozzina, nessun rappresentante del governo. Questi i numeri e le assenze di una giornata che Pietro Barbieri e Giovanni Pagano, rispettivamente presidenti di Fish e Fand, definiscono «storica». Storica perché le due organizzazioni, che rappresentano la quasi totalità delle persone disabili in Italia, hanno stretto un’alleanza per avviare una stagione di mobilitazione contro le politiche e i tagli sul sociale. E l’hanno fatto proprio il giorno in cui si celebra la giornata internazionale delle persone con disabilità, che viene colta anche dal Presidente Napolitano come occasione per ricordare che «è necessario non tornare indietro rispetto al cammino percorso… perché la scarsità di risorse non può colpire coloro che sono già in situazione di debolezza». Il riferimento è senza dubbio ai tagli pesanti apportati dal governo ai fondi nazionali sulle politiche sociali e per la nonautosufficienza, che rischiano di avere effetti devastanti sull’intero sistema dei servizi sul territorio, come denunciano anche comuni e regioni.
Sono diversi gli interventi nell’affollata sala del teatro Valle a Roma. Parlano di un’Italia, che è tra i Paesi che hanno ratificato la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, dove le speranze si affievoliscono e scivolano giù insieme ai diritti sociali e civili negati e alle «tante promesse non mantenute da questo governo che smantella scientificamente lo stato sociale per sostituirlo con un welfare mercantile e caritatevole». La social card è il simbolo delle misure messe in atto dal governo in materia di politiche sociali. Domenica scorsa, la trasmissione Report , facendo due conti e due riflessioni, ha dimostrato non solo l’inadeguatezza della social card, che spetta solo ad una piccola fetta del grande mondo delle persone in difficoltà economica, ma anche l’assurdo, inutile e costoso meccanismo di gestione delleprocedure che vi è dietro. Ma, purtroppo, non è solo questo e lo sanno bene anche le tante persone presenti, venute dai posti più lontani e con tante difficoltà per manifestare. Infatti, dopo la "stagione dell’attesa" si è giunti alla conclusione che le delusioni per le promesse non mantenute, i tagli ai fondi sul sociale e le politiche irresponsabili ed escludenti attuate negli ultimi mesi «rischiano di determinare un arretramento nel percorso di conquista dell’inclusione sociale e vita indipendente delle persone con disabilità». Tutto ciò che è stato fatto (e non fatto!) non risponde all’impegno che il nostro Paese si è assunto nel ratificare la suddetta Convenzione Onu. Anzi, dal suo insediamento il governo ha trattato il tema della disabilità solo con un atteggiamento paternalistico. Basti ricordare la conferenza nazionale sulla disabilità, tenutasi a Torino in ottobre, quando il ministro Sacconi non si è presentato e si è limitato ancora una volta, per di più attraverso unmessaggio video registrato, a fare promesse, promesse e ancora promesse. E intanto i tagli e le politiche del governo andavano e vanno avanti. Il Fondo nazionale per le politiche sociali è praticamente ridotto all’osso e quello sulla non autosufficienza inadeguato.
Queste le ragioni che hanno spinto le due organizzazioni a pretendere risposte da un governo che da più fronti sta attaccando il già fragile impianto del nostro welfare state. Partiamo dagli attacchi di Brunetta ai permessi della legge 104/92, utilizzati da coloro che assistono congiunti con disabilità grave e che spesso non possono accedere ad adeguati servizi sociali, passando per la sistematica violazione della legge 68/99 sull’assunzione obbligatoria delle persone con disabilità per cui, a fronte di un tasso di occupazione tra i più bassi in Europa, il governo concede deroghe agli istituti bancari "in crisi" e minaccia un blocco totale delle assunzioni nella P.A., solo in parte rientrato. Arriviamo poi all’inclusionescolastica delle persone con disabilità, compromessa dalle misure della ministra Gelmini che hanno creato una situazione esasperata in cui gli studenti disabili vedono dimezzarsi, se non azzerarsi, le ore di sostegno autorizzate, mentre i più "fortunati", quelli che riescono ad andare a scuola, attraverso un servizio di mobilità adeguato, si ritrovano ad essere anche in 7 all’interno di classi di 30 o più alunni. La Fish e la Fand propongono «massimo 22 alunni nelle classi dove è presente un disabile, massimo 20 in quelle dove ce ne sono due» altrimenti «si rischia di tornare alle classi speciali».
Oggi non si tratta solo di rispondere a milioni di persone con disabilità, che chiedono giustamente un’immediata inversione di tendenza da parte del governo; ma anche di coinvolgere l’intera cittadinanza su temi che riguardano l’intero sistema di relazioni umane e convivenza civile, dove le diversità si incontrano e insieme possono creare quella forza per superare le disuguaglianze el’esclusione sociale nel nostro Paese. Dove i diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione e dai trattati internazionali non restino soltanto parole o promesse di un futuro troppo lontano. E intanto il governo è ancora assente.









   
 



 
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