Nel giorno in cui ha preso avvio all’interno dei 205 istituti di pena italiani la più grande ispezione parlamentare dal dopoguerra (almeno 150 parlamentari), Beppe Grillo lancia dal suo blog un appello in favore della depenalizzazione delle droghe leggere. «Per risolvere il problema di strani suicidi e di infarti improvvisi in cella - afferma - è sufficiente depenalizzare la marijuana». Il comico si riferisce alle vicende di Aldo Bianzino e più recentemente di Stefano Frapporti, entrambi morti dopo un arresto legato al possesso per uso personale di pochi grammi di marijuna. Secondo Grillo, «Troppe persone vengono arrestate e non tornano più a casa per uno spinello. Per risolvere il problema dell’affollamento delle prigioni è sufficiente depenalizzare la marijuana». La questione è seria, i dati ufficiali rilasciati dal Dap mostrano come il 15,5% dei reati ascritti alla popolazione detenuta riguardino proprio la violazione della legislazione sulledroghe. La legge Fini-Giovanardi, come denunciano da tempo tutte le associazioni di settore e il movimento antiproibizionista, è una delle maggiori cause d’incarcerazione e sovraffollamento delle prigioni; insieme alla Bossi-Fini sull’immigrazione, la ex Cirielli che penalizza ulteriormente le recidive penali e l’ultimo pacchetto sicurezza che ha introdotto il reato di clandestinità per gli immigrati in situazione amministrativa irregolare. Basterebbe un intervento su queste quattro normative per deflazionare alla radice il problema del sovraffollamento carcerario. Questione ritenuta poco seria dalla destra. Per Maurizio Gasparri la sortita di Grillo è solo «cabaret» di basso livello. Per il presidente dei senatori del Pdl, «In Italia non sarà mai resa libera la circolazione di droghe». In passato Grillo aveva espresso posizioni diverse. Durante il «vaffa day» del settembre 2008, aveva stilato una lista di proscrizione di parlamentari con precedenti o pendenze penali in corso,chiedendo che in nessun modo venissero ricandidati. Mischiava così inquisiti o condannati per reati di corruzione, concussione, banca rotta, infrazioni finanziarie o comuni con reati d’opinione, reati politici o legati alle lotte sociali. Un unico calderone qualunquista dove furbi e profittatori, presunti o comprovati, intrallazzini e lobbisti, venivano confusi con chi li combatteva. Tra questi c’erano anche due deputati del Prc, Daniele Farina e Francesco Caruso protagonisti, in modo particolare il primo fin dai lontani anni 80, delle battaglie condotte dal movimento antiproibizionista. La sua nuova uscita è dunque una novità positiva, soprattutto perché influenza settori giustizialisti dell’opinione pubblica. «Non proibire ma educare» è la soluzione proposta, invece, da Paolo Ferrero. «Il proibizionismo ha fallito», afferma il segretario del Prc. Oggi siamo di fronte ad un singolare paradosso, una doppia ingiunzione: si proibisce l’uso di droghe ma contemporaneamente si incita aiconsumi alteranti. «Ora se è fondamentale la depenalizzazione dei consumi, occorre accompagnare questa politica - spiega ancora Ferrero - con un intervento che rompa quei meccanismi di costruzione dell’immaginario sociale che spingono i giovani al consumo di alcool, al bisogno di sballo, per migliorare le prestazioni, essere più fico e vincente». La proposta che viene da viale del Policlinico è: «vietare la pubblicità degli alcolici, un’ipotesi che il governo non prende nemmeno in considerazione perchè difende gli interessi delle multinazionali e non certo la salute delle giovani generazioni».
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