Calabria, frana il paese evacuazione in massa
 







Daniele Nalbone




Un paese della Calabria totalmente evacuato: Maierato, provincia di Vibo Valentia.
Uno della Sicilia, San Fratello, in provincia di Messina, che rischia di scomparire. Non sono precipitazioni particolarmente straordinarie quelle che da domenica si stanno abbattendo sulle due regioni divise dallo stretto. Ma oggi anche piogge normali, considerando la stagione, possono fare danni inimmaginabili. Cementificazione e poca prevenzione, le cause sono le solite. Ma ora siamo in piena emergenza: il disastro idrogeologico del nostro paese non si limita più a qualche fiume che straripa. Ormai si staccano interi costoni di montagna. A Maierato, ieri mattina, è stata decisa l’evacuazione di massa di tutti gli abitanti. Circa 2300 persone, su decisione del sindaco Sergio Rizzo, si sono messe in fuga e hanno trovato rifugio nella scuola di polizia e nel palazzetto dello sport di Vibo Valentia.
A San Fratello, paese che sorge sui Monti Nebrodi, sono inveceduemila, su un totale di 4500 persona, gli abitanti evacuati o che, spontaneamente, con il disastro di Giampilieri in mente, hanno abbandonato le loro case. Sono circa 900 i metri di montagna che continua ad avanzare. Le contrade di Stazzione e Riana, periferia sud del paese, sono ormai invase da fango e detriti.
Intanto, la Protezione civile nazionale continua, dai satelliti, a monitorare le due frane. Come detto, però, siamo ormai arrivati al punto tale che bastano delle precipitazioni assolutamente nella media stagionale a far si che due costoni di montagna possano staccarsi e invadere, sotto forma di un’enorme onda di fango, interi centri abitati. Evidentemente, nel nostro paese, qualcosa nel campo della prevenzione e del monitoraggio dei territori non funziona. Ne è una prova, purtroppo con annesse vittime, il disastro di Giampilieri Marina, Molino, Altolia, Briga Marina, Briga Superiore e Scaletta Zanclea del primo ottobre 2009 costata la vita a 37 persone. Non un tragicoevento, «ma una tragedia annunciata» commentarono, a caldo, dal dipartimento di Ingegneria civile dell’università di Messina. Era l’ottobre del 1996 quando il villaggio di Mili San Marco fu invaso dal fango. Nessuna vittima, allora, ma ben quattro persone morirono il 27 settembre del 1998 a causa dello straripamento dei torrenti Annunziata e Pace. «Mai più», si disse, concetto ribadito nell’ottobre del 2007, precisamente due anni prima l’alluvione di quattro mesi fa. Solo per miracolo non ci furono morti, anche se furono diverse le case seppellite sempre in zona Giampilieri. Ebbene, in questo arco di tempo, per la messa in sicurezza del messinese, il dipartimento di Protezione civile ha investito appena 3 milioni di euro. «Ecco quanto valgono le vite di trentasette cittadini» commenta Manuele Bonaccorsi, autore del libro "Potere assoluto - la Protezione civile al tempo di Bertolaso": «tre milioni di euro a fronte di qualcosa come trecento milioni di euro sprecati per un evento poispostato altrove». Chiaro il riferimento al G8 de La Maddalena. Oggi la storia si ripete. Nel messinese come nel vibonese. Una storia annunciata come dimostrano i rapporti "Ecosistema" di Legambiente che ha censito le zone italiane a maggiore rischio idrogeologico: 273 comuni nella sola Sicilia. Qualcosa come il 70%. Duecento a rischio frana, 23 a rischio alluvione, 50 a rischio frana e alluvione. Nell’isola la zona maggiormente esposta questo tipo di fenomeni è proprio quella di Messina «dove» spiegano gli studi di Legambiente «il territorio è attraversato da torrenti e fiumare ed ha subito notevoli disboscamenti causati dagli incendi». Per non parlare dell’abusivismo e della pesante urbanizzazione che sta giocando un ruolo devastante anche in tutta la Calabria, dove i comuni a rischio, secondo Legambiente, sono addirittura il 100%: oltre alla tragica situazione di tutto il vibonese, minacciato ovunque da frane e smottamenti,diverse famiglie hanno dovuto lasciare le proprie case, aMendicino (Cs), Gimigliano (Cz) e a Germaneto, soprannominata "Catanzaro 2", dove i tecnici del comune e della Protezione civile hanno proceduto, nel tardo pomeriggio di ieri, allo sgombero di una trentina di famiglie mentre da domenica sera più o meno la metà del capoluogo calabrese è senza acqua a causa della piena del fiume Alli che ha travolto l’acquedotto. Ma la "mappa delle frane e delle emergenze", in Calabria, si espande a macchia d’olio di ora in ora: è così che alla periferia di Acri e Castiglione Cosentino (Cs) i vigili del fuoco, mentre Liberazione va in stampa, stanno cercando di raggiungere decine di abitazioni isolate a causa degli smottamenti che hanno ostruito le strade. E a Bisignano il fango non ha risparmiato nemmeno il famoso santuario del Sant’Umile, da ieri mattina dichiarato inagibile.









   
 



 
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