"No Bertolaso Day": chi ci protegge da chi dovrebbe proteggerci Il blocco della trasformazione in Spa della Protezione civile «è una nostra vittoria». Così i comitati e le realtà sociali che compongono l’Osservatorio Civile e che ieri hanno dato vita a Roma al "No Bertolaso Day" commentano lo stralcio della norma dal Decreto Legge 195. Ma dall’assemblea di ieri pomeriggio, presso la facoltà di Scienze Politiche dell’università La Sapienza è emersa la volontà «di non perdere nemmeno un minuto a gioire per lo stralcio, ma di rilanciare» perché quanto accaduto da Chiaiano a L’Aquila, passando per il G8 "from La Maddalena to L’Aquila" ai Mondiali di Nuoto di Roma 09 «è accaduto sotto l’attuale sistema di Protezione civile marcato Berlusconi & Bertolaso, non sotto la Protezione Civile Spa». La giornata di mobilitazione è iniziata alle 10 con un presidio, organizzato dai Vigilidel Fuoco aderenti alle Rappresentanze di Base, sotto al Parlamento: è qui che gli "eroi" sono stati costretti a scendere in piazza per difendere la loro dignità. «Oggi in piazza ci sono tutte persone che alle 3e32 del 6 aprile di un anno fa non ridevano» ha spiegato Antonio Jiritano, vigile del fuoco delegato sindacale Rdb «ma che pochi minuti dopo erano in viaggio verso L’Aquila, dove in servizio ricordiamo c’erano appena quindici vigili del fuoco, a bordo di mezzi da rottamare, molti dei quali abbandonati lungo l’autostrada». Non basta stralciare un articolo di un Dl per garantire trasparenza e legalità. Recita così uno striscione appeso in Piazza Montecitorio. Forti e gentili si, fessi no! Hanno risposto, con magliette e striscioni, gli attivisti del comitato 3e32 giunti da L’Aquila a bordo di pullman. "Chi ci protegge da chi dovrebbe proteggerci" la risposta, ironica, in puro stile napoletano, del Presidio permanente di Chiaiano. Così ieri mattina, in piazza, napoletani e aquilanisi sono riuniti per chiedere «una nuova Protezione civile» e dignità, diritti, mezzi e stanziamenti adeguati «per i nostri eroi, i vigili del fuoco». A dimostrazione dell’assenza di attenzione da parte del Governo e dei responsabili di quel «grande campo militare che è ormai L’Aquila a partire dal 6 aprile 2009» è arrivata, nelle ultime ore, la notizia che il campo base dei Vigili del Fuoco di Monticchio, frazione del capoluogo abruzzese, è stato allestito su una discarica di rifiuti tossici dove giacciono sostanze pericolose, lascito della ex Agriformula, azienda che produceva diserbanti, insetticidi, fungicidi. Il tutto, ovviamente, a insaputa dei circa mille vigili del fuoco che negli ultimi dieci mesi si sono avvicendati nel campo. Quindi, alle 15.30, il No Bertolaso Day si è spostato all’Università La Sapienza dove le vittime del sistema B&B si sono raccontate e confrontate per capire come andare avanti in questa mobilitazione «che ha una volontà politica ben chiara e cheva ben oltre la semplice costituzione di una Spa» hanno spiegato dall’Osservatorio sociale. «C’è l’idea di come si possa gestire il potere in Italia»: sfruttando la logica dell’emergenza e dell’urgenza per scavalcare leggi e istituzioni democratiche. In fondo, come ha spiegato il costituzionalista Gaetano Azzariti, intervenuto all’assemblea, il "buco democratico" costituito dalla Protezione Civile «esiste già ed è fatto di sospensione dello stato di diritto e della legalità ordinaria per fondare un sistema di potere sull’autosufficienza da se». In fondo un terremoto o un’alluvione risponde al principio di eccezionalità per cui ricorrere alle ordinanze di Protezione civile, «ma una competizione mondiale, un G8, e qualsiasi grande evento sono prevedibili per tempo». E’ qui che si sconfina nel campo della non costituzionalità. Per l’urbanista Vezio De Lucia, «le responsabilità di questa situazione sono tanto di Berlusconi e Bertolaso quanto di chi, come Scalfari e la sua Repubblica, nonosa mettere in dubbio il "successo" del sottosegretario a L’Aquila, una città ormai distrutta per colpa delle new town e non del terremoto che l’aveva "solamente" colpita, e a Chiaiano, dove nessuno ha il coraggio di mostrare come l’emergenza rifiuti sia tutt’altro che superata, mostrando così tutta la subalternità dei media italiani al "sistema gelatinoso"». Alla fine, gli interventi del Comitato familiari vittime casa dello studente, ci hanno ricordato «di essere vigili, di non dimenticare e di rendere giustizia a chi, da questo sistema, è stato ucciso». Ucciso dalla mancanza di previsione e di prevenzione.Daniele Nalbone Tutti gli uomini del capo della Protezione civile nel mirino delle Procure La presidente della provincia dell’Aquila Stefania Pezzopane adesso è proprio arrabbiata. Va sbraitando che neanche un euro dovrà finire nelle tasche di chi ha speculato, corrotto, concusso, e irriso sulle disgrazie del popoloabruzzese. Anche Silvio Berlusconi adesso è arrabbiato. Anzi, a poco più di un mese dal voto per le regionali è molto preoccupato, di fronte al dilagare dello scandalo sui lavori pubblici che ha portato a una sequela di inchieste, con quattro procure coinvolte finora: Firenze, Perugia, Roma e L’Aquila, che riguardano uomini molto vicini a Guido Bertolaso, il capo della Protezione civile ribattezzato "uomo del fare" che adesso si becca le reprimende anche dell’Economist (from fix-it to fix: dal fare all’inceppamento). Sono proprio i lavori per il G-8 della Maddalena poi spostati nel capoluogo abruzzese su cui stanno indagando le Procure - e quelli della ricostruzione dopo il sisma tanto celebrati in televisione; e quelli dei mondiali di nuoto affondati nell’ignominia; più le telefonate, le intercettazioni, le mazzette, i massaggi, lo scambio di favori, regali, donnine e appartamenti - che ieri hanno da un lato costretto a dare le dimissioni dall’ordine giudiziario il procuratoreAchille Toro, coinvolto assieme al figlio nell’inchiesta sugli appalti per i Grandi eventi, per rivelazione di segreto d’ufficio, e dall’altro obbligato il presidente del Consiglio a sbottare: «Fuori dai partiti chi commette reati!», ma solo dopo aver assicurato lettori, elettori, fans e telespettatori, che - nonostante le rivelazioni della Corte dei Conti - non siamo dentro il ciclone di una nuova Tangetopoli, ma che si tratta dei soliti quattro rubagalline che lo vogliono affossare: «Solo quattro birbantelli». A chi c’era, vent’anni fa, nel mezzo della prima Tangentopoli della prima repubblica, non sfugge il parallelismo con quel "mariuolo" che Bettino Craxi affibbiò in prima battuta al presidente del Pio Albergo Trivulzio, quel Mario Chiesa beccato con una mazzetta nelle mutande, estorta a un imprenditore che aveva vinto l’appalto delle pulizie all’Ospizio per vecchi della Baggina, che l’esponente socialista taglieggiava assieme a tutti gli altri. Il mariuolo craxiano dette lastura a Manipulite, a processi come quello sulla maxitangente Enimont, a suicidi come quello di Raul Gardini, fino al lancio di monetine davanti all’Hotel Raphael dove Craxi alloggiava, e determinò il principio della fine della Prima Repubblica. Sarà passato tutto questo, come in un brutto sogno, in testa al cavaliere di Arcore, che finora si era speso fino allo stremo a difendere e prendere le parti dei suoi uomini: da Guido Bertolaso, designato a diventare ministro dopo le belle prove di sè dall’Aquila ad Haiti; a Denis Verdini, coordinatore nazionale del Partito delle Libertà; da Angelo Balducci, presidente del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici, al suo uomo di fiducia, più di fiducia di chiunque altro, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, designato dal Cavaliere nientepopodimenoche al Quirinale, ora tirato in ballo a torto o a ragione, si vedrà, da rapporti tutti da chiarire con l’ingegner Balducci, con Fabio De Santis, delegato alla gestioneGrandi Eventi, con Riccardo Fusi, ricevuto dal sottosegretario a Palazzo Chigi la mattina del 12 maggio 2009. Eccetera. Ecco allora che non proprio di una combriccola squinternata di quattro bricconcelli si tratta - come non si trattava di un mariuolo nella prima Tangentopoli- ma di un sistema di relazioni molto ma molto bene ammanigliate con le più altre figure del governo in carica. E’ questo che teme Berlusconi: che il terremoto dell’inchiesta in corso determini un voltafaccia alle prossime elezioni regionali. Ed è solo per questo che egli si piega, oggi, al diktat di far fuori i suoi uomini nei confronti dei quali l’inchiesta sta scoperchiando affari e relazioni pericolose. Così Berlusconi ha dovuto rassegnarsi ad annunciare che «chi commette reati non può restare in alcun movimento politico», e che se sarà necessario bisognerà «inasprire le pene per corruzione». Quello che è certo è che bisogna fare presto, non solo perché l’inchiesta potrebbe tracimare dai Grandieventi alle Grandi opere, ma anche perché i sondaggi sul gradimento politico del Pdl stanno rapidamente scemando dal 41 al 39, al 37%, e da otto regioni a cinque alle attuali quattro a nove, mentre l’inchiesta continua ad allargarsi e a tirare dentro nomi e candidati. Perciò un Berlusconi in affanno ieri ha detto che «bisogna candidare persone che non offrano ai nostri avversari motivi per attaccarci». Gemma Contin
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