Nei viali del centro di Kabul non circolano veicoli da ieri. Gli autobus sono stati messi di traverso per bloccare le strade. Si procede a piedi per un percorso a ostacoli. I check-point sono dappertutto. Le eccezionali misure di sicurezza sono dovute alla conferenza internazionale di Kabul, che apre oggi i battenti per cinque ore e a cui partecipano sessanta delegazioni e una quarantina di ministri degli Esteri. A tempo scaduto, le auto diplomatiche riprenderanno la via dell’aeroporto, per permettere ai delegati internazionali di ripartire di volata. Meglio non sfidare la sorte. Nonostante lo stato di allerta in una città in cui già normalmente si vedono in giro contractors stranieri, soldati e polizia, domenica un kamikaze si è fatto scoppiare non lontano dall’Ambasciata americana. Invece che stranieri, ha ucciso tre afghani, tra cui un bambino e ferito trentacinque persone. Questo ha costretto le autorità ad anticipare a lunedì la blindaturacompleta del centro cittadino, rendendo Kabul lo spettro di sé stessa. Il governo ha pronunciato per l’occasione due giorni di festa nazionale. Ma Khaled, che lavora al Rosta Residence, una Guest House situata alle spalle del quartier generale dell’Isaf, non potrà arrivare oggi al matrimonio di suo cugino. «Anche tanti altri invitati non potranno andarci» dice sconsolato. Poi guarda al lato positivo della cosa: «Almeno si respira aria pulita senza auto e non ci sono i rumori del traffico». Bella consolazione, dato che, circolare oggi, non sarà affatto facile. Migliaia di addetti alla sicurezza sono stati schierati a proteggere "obiettivi sensibili" come edifici ministeriali e ambasciate", misura adeguata all’importanza dell’evento. Di conferenze sull’Afghanistan ce ne sono state almeno nove. Ma questa è la prima organizzata sul terreno di casa. Anche l’ospedale pediatrico si trova nella zona chiusa al traffico di auto e pedoni. Se c’è un’emergenza, l’ambulanza non potrà passare. Lacui sicurezza, resta, in ultima istanza, nelle mani di Allah. Soprattutto riflettendo sulle parole dello portavoce del ministro degli Interni Zemarai Bashary, che ha dichiarato: «Siamo preparati al cento per cento, ma questo non significa che tutto vada esattamente secondo i piani». Un mese fa, quando 1600 delegati hanno presenziato alla Jirga per la pace (Assemblea nazionale), riuniti a Kabul per discutere l’ipotesi di un processo di pace, i talebani hanno lanciato un razzo che ha per fortuna ha lasciato illesi i partecipanti all’Assemblea, ma che messo a nudo il fiasco dal punto di vista della sicurezza, tanto da mandare a casa il ministro degli Interni e il responsabile dei servizi segreti. L’Isaf e le forze di sicurezza afghana hanno annunciato di aver arrestato almeno trenta persone coinvolte in tentativi di attentato per il grande incontro di oggi. E fonti Nato citate dal quotidiano britannico The Independent, hanno confermato che l’insurrezione è determinata a colpireKabul per la conferenza. Proprio per questo, i badge che i giornalisti si sono visti consegnare, miseri tesserini verdi senza nominativo e senza foto (nonostante fosse richiesta al momento della registrazione e dunque regolarmente inviata in formato digitale), hanno destato sbalordimento. Alle varie ambasciate è spettato il compito di scrivere nomi e cognomi dei connazionali ammessi nella zona protetta. Tessere anonime che potrebbero finire in mano a chiunque. Se tutto filerà liscio, oggi il presidente afghani Karzai e pochi tra i partecipanti alla conferenza che prenderanno la parola, interverranno, in primo luogo, per parlare del processo di "afghanizzazione" della gestione del paese, finora, di fatto, non ancora iniziato. Alla vigilia della conferenza si è parlato di un «patto con il popolo afghano» che il presidente Karzai illustrerebbe oggi al paese, che vedrebbe l’impegno dei donatori espletato attraverso un allineamento con il governo afghano, invece che attraverso ilcoordinamento delle politiche. Karzai avrebbe inoltre preparato un piano da 600 milioni di euro per spingere a deporre le armi 36mila talebani. Di questo aspetto, che trova consenso ormai anche a Washington, il che la dice lunga su come va la guerra, si era già parlato alla conferenza sull’Afghanistan di Londra a gennaio. Altra questione fondamentale di cui si discute è il passaggio di consegne per la sicurezza agli afghani entro il 2014. Il quotidiano britannico The Independent aveva anticipato che tra le conclusioni della conferenza di oggi sarebbe stata menzionata tale data come indicativa del trasferimento della definitivo delle responsabilità della sicurezza del paese alle autorità di Kabul. Il piano sarebbe già stato visionato dal rappresentante speciale dell’Onu in Afghanistan Staffan de Mistura, intervenuto domenica a una conferenza organizzata dalle donne afghane, che restano ai margini del grande simposio di oggi. Altro tema centrale è la rielaborazione dell’assistenzafinanziaria della comunità internazionale. Oggi il segretario di Stato Usa Clinton si troverà nella stessa sala del capo della diplomazia iraniana Mottaki, in Afghanistan anche per rafforzare le relazioni bilaterali tra Teheran e Kabul. «Il procedere verso una afghanizzazione del paese è molto positivo, perché un Afghanistan stabile e sicuro garantirebbe anche la stabilità di tutta l’area», ha detto Mottaki dopo l’incontro tenuto ieri sera con Karzai. Sull’ipotesi di una gestione autonoma afghana degli aiuti internazionali, pesano i dati sulla corruzione nel paese. Un giro d’affari da un miliardo di dollari, secondo un recente studio dell’Ong Afghanistan Integrity Watch, che coinvolge ministri e funzionari legati a Karzai, come suo fratello Ahmad Wali Karzai a Kandahar. Ma parte della torta, secondo la denuncia del ministro delle Finanze afghano Hazrat Omar Zakhilwal, è andata anche ad altri. «Solo un miliardo di dollari» è stato gestito direttamente dagli afghani, mentre il restoè stato gestito dai donatori e da organismi internazionali che «hanno speso solo il 30% delle somme nominali per una reale ricostruzione del paese», ha dichiarato Zakhilwal. Per la società civile afghana, la conferenza di Kabul, deve essere «una occasione per azioni concrete» e non un’altra opportunità per «promesse vuote», come è avvenuto per tutti gli altri appuntamenti internazionali svoltasi sulla crisi afghana. Lo sostiene la ong internazionale in uno studio presentato alla vigilia dell’evento odierno, intitolato, appunto: "Promesse, promesse". «oltre 40 miliardi di dollari sono stati spesi per aiuti all’Afghanistan dal 2001, ma ancora milioni di afghani vivono in povertà», si legge nel rapporto. Basta girare per le strade polverose, sporche e sterrate di Kabul fuori dal perimetro dei viali grandi del centro per capire che alla popolazione non è venuto nulla in tasca. Nonostante questo, contrasta con l’aspetto della capitale, la grande dignità e gentilezza delle persone ches’incontrano. Che non si meritano questo governo e tantomeno i talebani. Per gli afghani, la presenza internazionale dal 2001 è stata la montagna che ha partorito il topolino.
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