Tutti gli orrori della guerra
 







Daniele Zaccaria




Una fuga di notizie così non c’era mai stata nella storia militare americana. Praticamente una bomba atomica che manda in frantumi la residua credibilità della guerra in Afghanistan e apre un nuovo fronte di crisi per l’amministrazione di Barack Obama.
Il sito investigativo wikileaks, vero e proprio spauracchio del Pentagono dai tempi in cui rivelò al mondo le torture di Guantanamo, ha pubblicato oltre 90mila rapporti militari segreti da cui emerge un quadro aberrante e dettagliato della spedizione afghana dal gennaio 2004 al dicembre 2009: corruzione, cinismo, crimini contro l’umanità, ottusità, errori a catena, centinaia di milioni di dollari dilapidati per ottenere quasi nulla. Dalla corruzione endemica del governo Karzai e dei potentati locali, alle decine di stragi di civili afghani sapientemente occultate, fino al rafforzamento delle milizie talebane «mai forti come ora dal 2001», passando per il doppio gioco dei tentacolari servizi segretipakistani dell’Isi, i risultati di quasi dieci anni di conflitto e occupazione sono avvilenti. Un disastro umanitario, militare e politico che va oltre la comune immaginazione e che lascia di stucco anche i più aspri detrattori della guerra.
Alcune settimane fa wikileaks ha fornito i rapporti militari a tre prestigiosi quotidiani di tre differenti paesi, lo statunitense New York Times, il britannico Guardian e il tedesco Spiegel. Dopo un certosino lavoro di analisi i giornali li hanno pubblicati in contemporanea, moltiplicando lo choc sull’opinione pubblica planetaria. La sequenza dei rapporti racconta una progressiva discesa all’inferno delle truppe Usa, impegnate in battaglie senza senso, incapaci di fermare la riorganizzazione della guerriglia, obbligate dai loro capi a bombardare a tappeto i villaggi civili nella vana ricerca di notabili talebani. Oppure costrette a «catturare e uccidere sospetti miliziani senza alcun processo».
Gli eccidi sommari di afghani che si trovavanonel posto sbagliato al momento sbagliato si sono verificati molte più volte di quanto raccontino le già nutrite cronache dall’Asia centrale: «Sono stati commessi centinaia di crimini contro la popolazione e questi documenti dimostrano lo squallore della guerra. La cosa triste è che non sarebbe mai stata fatta luce su queste vicende: è come se un poliziotto dovesse indagare su un reato commesso da lui stesso», ha rilanciato ieri Julien Assange, ex hacker e fondatore di wikileaks, lasciando intendere che lui e il suo staff non si faranno intimidire dalle enormi pressioni che ovviamente subiranno nelle prossime settimane.
Speculare ai massacri di innocenti è la corruzione straripante dell’amministrazione pubblica. Per capire i livelli di malaffare delle autorità afghane, citiamo un episodio emblematico contenuto nei rapporti: nel 2008 nella provincia di Paktia un ispettore americano denunciò un giro di tangenti tra gli ufficiali di polizia che si facevano pagare profumatamente per farevitare i posti di blocco a centinaia di autisti. Due giorni dopo l’arresto i sette erano di nuovo in libertà e la denuncia archiviata in quanto le testimonianze raccolte erano misteriosamente scomparse dai faldoni dell’inchiesta. Solo un piccolo episodio nel pantano di centinaia di casi simili.
Un altra spina nel fianco per gli usa sono i temibili servizi di Islamabad. Ecco cosa si legge in un rapporto: «Il Pakistan, ostentatamente alleato degli Stati Uniti, ha permesso a funzionari dei suoi servizi segreti di incontrare direttamente i capi talebani in riunioni segreti per organizzare reti di gruppi militanti per combattere contro i soldati americani, e perfino per mettere a punto complotti per eliminare leader afghani». Insomma, degli alleati sui generis, come l’ex generale pakistano in pensione Hamid Gul, che reclutava kamikaze nelle madrasse e organizzava omicidi di politici afghani. Anche le forniture di missili anticarro stinger, arma molto diffusa tra i jihadisti, provienecon ogni probabilità dal pozzo senza fondo dell’Isi.
La Casa Bianca, naturalmente è furiosa per questa incredibile fuga di notizie, sostenendo che le rivelazioni di wikileaks «mettono in pericolo la vita degli americani, degli alleati e la stessa sicurezza nazionale», secondo quanto detto ieri dal consigliere per la sicurezza, il generale James Jones. Argomento minimalista di fronte ai crimini commessi e alla stucchevole montagna di menzogne che i portavoce militari hanno per anni propinato al mondo. E soprattutto di fronte a un fatto che ormai appare chiaro anche ai più sprovveduti: in Afghanistan gli Stati Uniti hanno perso la guerra.









   
 



 
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