Da quando sono le Regioni che si sono occupano della gestione, e, soprattutto, della concessione delle pensioni di invalidità civile, si è verificata una impennata delle stesse, sia in termini assoluti che in percentuale relativa alla popolazione, impennata del tutto ingiustificabile e spiegabile solo con un maggior rapporto clientelare delle amministrazioni locali con i loro amministrati. Centro, destra, sinistra... Non ci sono colori, in questa classifica della spesa, se non forse quello del rosso dei conti pubblici. Pubblichiamo una serie di quattro tabelle che dovrebbero essere in grado di spiegare il fenomeno più di ogni altra parola. Tasse nazionali, irresponsabilità locale In circa otto anni, da quando è entratoa regime il sistema di piena competenza regionale in materia di assistenza sociale in base alla riforma del Titolo V della costituzione del 2002, il numero degli invalidi civili è passato dal 3,3 a quasi il 5% della popolazione, popolazione che dobbiamo dunque immaginarci come afflitta da malattie e menomazioni in costante e progressivo aumento, e la spesa corrente relativa è passata da 6 miliardi di euro annui alla cifra quasi incredibile di 16 miliardi. Escludendo in un così breve periodo di tempo una mutazione strutturale tanto profonda delle condizioni di salute degli italiani, è evidente che il fenomeno sia riconducibile a fattori di altro genere, politici innanzi tutto. E’ dal 1997, da quando il governo di centrosinistra trasferì, con le leggi Bassanini, molte competenze amministrative, e, vieppiù, dal 2002, da quando, con la ricordata riforma costituzionale in senso semi-federalista, le regioni hanno avuto la diretta gestione di molte funzioni fino ad allora di pertinenzadello Stato, che la spesa a livello locale aumente senza conoscere rallentamenti. Questo perchè, pur passando alle regioni le competenze amministrative, non si sono posti loro i poteri ed i doveri impositivi, lasciandoli allo Stato centrale, il quale impone e riscuote le tasse, ed in seguito trasferisce i fondi alle regioni, in base a quanto esse hanno speso. In altre e più brutali parole: lo Stato si fa onere di tassare i cittadini, di prelevare loro denaro, e si accolla quindi la responsabilità ed i mugugni che ciò comporta, mentre le regioni spendono, senza alcuna responsabilità di bilancio, se non del tutto marginale. Non ci sono limiti nè parametri prestabiliti, per le amministrazioni locali. Salvo qualche blanda sanzione, tutti i loro deficit saranno poi colmati dalle casse centrali. Ovviamente, chi più e peggio spande, sarà quindi in sostanza "premiato" più di chi meglio e meno spende. Una sorta di meritocrazia al contrario, dove i virtuosi ricevono meno dei disastrosi. Tutto questo è stato ampiamente descritto dalla Corte dei Conti, ma con effetti, purtroppo, nulli: nessuno è stato sanzionato, nessuno ha ammesso le sue responsabilità. Le pensioni di invalidità civile. Quel che impressiona maggiormente è l’aumento progressivo delle pensioni di invalidità dal 2003 al 2010. Ben il 50% in più, con regioni quali il Friuli il Piemonte e la Sicilia che hanno accresciuto i loro invalidi di circa un terzo, ma con punte di progressione percentuale impressionati come in Veneto, Umbria, Campania, Puglia, Calabria che vanno dal 55 al 65% e le impareggiabili Molise e Lazio che addirittura aggiungono, rispettivamente, il 70 e l’87% in più di pensioni concesse. Che diamineè mai successo, in quegli anni, in Lazio e Molise, per giustificare simili proporzioni di disgrazie e relative concessioni di indennità? E’ evidente che le istituzioni locali sono state di manica larga, anzi, più larga ancora delle già esagerate istituzioni di tutte le altre regioni, sapendo di poter attingere senza problemi alla casse dello Stato. Questa "classifica" degli aumenti percentuali, ma anche il numero assoluto di pensionati: si può ben vedere che, nel 2003, Lombardia, Campania e Sicilia avevano in assoluto più invalidi di tutte le altre regioni, ma che negli ultimi tempi c’è stata una vera e propria rincorsa, una gara verso la pole position che ha visto il Lazio e la Puglia avanzare di molte posizioni, mentre nel gruppone di inseguimento sono molte le concorrenti per i piazzamenti migliori. Le raffigurazioni, tengono invece conto del rapporto tra la popolazione residente e le pensioni di invalidità erogate. Questo forse è il dato più importante per valutare come ognisingola regione abbia usato il potere di decidere in materia, di amministrare la funzione ricevuta, e di giocarsi il rapporto con i suoi propri cittadini/elettori. La classifica appare stravolta, rispetto ai primi grafici. Tenendo conto dei residente, è l’Umbria che ha di gran lunga il più alto numero di pensionati per invalidità, seguita di poco dalla Sardegna, dalla Calabria e dalla Campania, mentre le regioni più virtuose sono Emilia, Piemonte, Lombardia e soprattutto Veneto. A quanto pare, nel nord è estremamente più difficile ottenere ciò che viene largamente concesso al sud e in quel di Perugia e Terni. In ogni modo, la cessione da parte dello Stato della autonomia regionale in campo di assistenza sociale, ha provocato un aumento in TUTTE le regioni delle pensioni di invalidità, sia in numero assoluto, sia in percentuale, sia rispetto alla popolazione residente. Un dato, anzi, tre dati convergenti, che non può, non possono, che confermare il nostro assunto: lamancanza di responsabilità genera deficit. Sempre. de democrazialegalità COMPARAZIONE EROGAZIONE PENSIONI E INDENNITÀ di INVALIDITÀ 2003-2010
Regioni (in ordine di
Percentuale di aumento)
|
Pensioni e indennità corrisposte nel 2003 |
Pensionie indennità corrisposte 2010 |
Aumento |
Percentuale di aumento |
Lazio (+87%) |
145.910 |
273.551 |
127.641 |
87,5 |
Molise (+70%) |
9.796 |
16.739 |
6.943 |
70,9 |
Calabria (+64%) |
79.414 |
130.502 |
51.088 |
64,3 |
Puglia (+61%) |
139.660 |
226.046 |
86.386 |
61,9 |
Campania +60%) |
213.122 |
341.539 |
128.417 |
60,3 |
Umbria (+59%) |
38.360 |
61.163 |
22.803 |
59,4 |
Veneto (+54%) |
111.405 |
171.770 |
60.365 |
54,2 |
Marche (+49%) |
52.216 |
78.093 |
25.877 |
49,6 |
Lombardia (+45%) |
233.719 |
340.337 |
106.618 |
45,6 |
Basilicata (+41%) |
21.868 |
30.878 |
9.010 |
41,2 |
Sardegna (+40%) |
78.431 |
110.409 |
31.978 |
40,8 |
Emilia Romagna (+38%) |
123.635 |
171.035 |
47.400 |
38,3 |
Liguria (+37%) |
57.581 |
79.158 |
21.577 |
37,5 |
Abruzzo (+37%) |
55.954 |
76.802 |
20.848 |
37,3 |
Toscana (+37%) |
114.835 |
157.842 |
43.007 |
37,5 |
Sicilia (+34%) |
197.858 |
266.678 |
68.820 |
34,8 |
Piemonte (+33%) |
120.267 |
160.646 |
40.379 |
33,6 |
Friuli Venezia Giulia (+33%) |
38.854 |
51.953 |
13.099 |
33,7 |
|
|
|
|
|
Nazionale 1 |
1.832.885 |
2.745.141 |
912.256 |
49,8% |
|