Karzai e la Nato trattano con i talebani "cattivi"
 







Francesca Marretta




I talebani e Karzai discutono in segreto per mettere fine alla guerra in Afghanistan. Lo rivela il quodiano statunitense New York Times. Secondo il giornale della Grande Mela, capi talebani «del massimo livello», tra cui esponenti delle fazioni più estremiste, come la rete Haqqani ed elementi facenti capo alla Shura di Quetta, sono impegnati in regolari colloqui con i più stretti collaboratori del Presidente afghano Hamid Karzai. La manovra in corso rappresenterebbe, secondo il Nyt, il più serio tentativo di mettere un punto conflitto iniziato nove anni fa. Gli incontri top-secret si terrebbero in una zona vicina a Kabul. Dove i capi talebani arriverebbero, dal Pakistan, paese in cui in questi anni hanno potuto contare su rifugi sicuri, anche grazie all’appoggio delle forze Nato. In almeno un’occasione i ribelli avrebbero raggiunto l’Afghanistan per via aerea, su mezzi della coalizione. Le forze Nato garantiscono inoltre la sicurezza del tragittopercorso dai leader talebani. Che avrebbero del resto accettato di recarsi in territorio afghano per i colloqui, solo dopo aver ricevuto assicurazione che non sarebbero stati toccati dai soldati Isaf.
Il ministro della Difesa italiano La Russa, come il suo collega degli Esteri Frattini, dichiarano di non essere al corrente di coinvolgimenti Nato nel dialogo tra Kabul e i talebani. Il New York Times mette in evidenza, a proposito del dialogo sotterraneo in corso, anche l’eterno doppio gioco di Islamabad in Afghanistan. Il pericolo che corrono i talebani "pentiti" in questa fase, non deriverebbe infatti solo dalla rappresaglia di al-Qaeda per il loro voltafaccia. Ci penserebbero i servizi segreti pakistani (l’Isi) a castigare talebani coinvolti nelle trattative con Kabul. Nel nel migliore dei casi arrestndoli, in altri casi eliminandoli direttamente. Il quotidiano americano parla di almeno 23 talebani coinvolti nei colloqui con il governo Karzai catturati in Pakistan. Una fonteafghana citata (senza farne il nome) dal Nyt, dichiara poi che l’intelligence pachistana cercherebbero anche di eliminare fiscamente questi stessi talebani.
Si tratta di una posizione che Islamabad è chiamata a chiarire. Che certo non poteva essere ignorata nella sessione menisle sul dialogo strategico Usa-Pakistan tenutasi ieri a Washington. Il ruolo ambiguo del Pakistan è stato messo in evidenza qualche mese fa, dal Premier britannico David Cameron, che durante una visita in India, parlò del ruolo giocato da Islamabad nella protezione dei talebani, chiedendo chiarimenti.
Proprio per la vicinanza ai servizi pakistani, il Mullah Omar, principale leader talebano, sarebbe -esplicitamente tagliato fuori dai negoziati-, aggiunge il Nyt. Kabul avrebbe interesse a tenere fuori dalle trattative il Pakistan anche nel timore che l’influente vicino, pensi di allunghi le mani nelle faccende afghane, una volta partiti gli americani.   
La strategia di Karzai sul richiamoall’ovile dei "fratelli" talebani, Pakistan permettendo, è nota dai tempi della Conferenza di Londra del gennaio 2010. La necessità di mettere fine ai combattimenti, in Afghanistan, un paese che non trova pace da trent’anni, trova certo consenso tra la popolazione civile, che, potendo, non avrbbe mai scelto di farsi bombardare, senza distinzioni di parte.
Ieri dieci altri civili, quasi tutti donne e bambini, sono rimasti uccisi nella provincia di Nimroz per un ordigno piazzato da un gruppo di miliziani; l’ordigno era destinato ai soldati Isaf. Se far tacere le armi è il punto di partenza per garantire un futuro all’Afghanistan e al suo popolo, subito dopo occorre interrogarsi sullo stato della democrazia e dei diritti umani in questo paese, dopo dieci anni di presenza internazionale. La Commissione elettorale afghana ha annullato ieri un milione e 300mila voti espressi alle elezioni legislative del 18 settembre scorso. Il 23 per cento dei voti. I risultati finali del voto  perl’assegnazione dei 249 seggi parlamentari sono attesi per il prossimo 30 ottobre.
Come le elezioni presidenziali, che hanno visto la riconferma di Karzai, anche le legislative sono state precedute e seguite da roventi polemiche. Una figura simbolo dell’Afghanistan, l’ex parlamentare Malalai Joya, che vive sotto scorta per le continue minacce di mote da parte dei taleban ed è sopravvissuta a diversi tentativi di attentato, non smette di denunciare il livello profondo di corruzione del sistema istituzionale afghano. L’ex deputata fu sospesa dalla carica proprio per le sue aperte rivelazioni sulla spartizione a tavolino del potere in Afghanistan tra Karzai e vari signori della guerra che mantengono intoccabili feudi in varie parti del paese.
La distanza tra la popolazione afghana e le proprie istituzioni è palpabile nel paese. Questo è uno dei motivi per cui nei villaggi ci si rivolge ai talebani. Lo Stato, in troppe parti dell’Afghanistan, semplicemente, non esiste. Altra causadella distanza tra cittadini e istituzioni è un livello di corruzione endemico. In questo senso, la guerra è stata un’affare per le varie parti conivolte, compresi i paesi donatori. Per i cittadini afghani la storia è diversa.
La popolazione afghana non è oggi meglio istruita che nove anni fa. Nè dispone di un reddito procapite maggiore. La condizione delle donne è nettamente peggiorata, anche se nessuno impone più impone loro d’indossare il burqa.









   
 



 
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