Paese che vai, realtà didattica che trovi
 







di Rosario Ruggiero




Sono sempre più frequenti ed incentivate le interazioni culturali tra i diversi Paesi d’Europa. È questa una realtà che può rivelarsi davvero molto preziosa. Non di rado, infatti, il confronto tra culture, indoli e mentalità differenti è foriero di impressioni, osservazioni e spunti di riflessione anche di non trascurabile rilevanza. Ed è quanto mi è accaduto ultimamente, a Vienna, in occasione di un progetto multinazionale sulla musica al quale prendevo parte in qualità di esperto. Quattro giorni di permanenza nella capitale austriaca nell’ambito dei quali non è mancato l’invito ad assistere ad una lezione di musica impartita ai bambini di tre e quattro anni di un asilo privato. Una stanza nella quale siamo entrati senza scarpe, come è uso lì, e subito ecco arrivare un gruppetto di circa dieci giovanissimi discenti guidati da una amorevole insegnante che li ha fatti sedere a terra, li ha disposti in cerchio, quindi ha fatto vedere loro un foglio sucui era scritto “F”, che ha spiegato significare “forte”, ed un altro con su scritto “p”, a significare “piano”, ha affidato loro semplici strumenti a percussione facendoglieli scegliere ed ha intonato poi una canzoncina nel corso della quale all’esporre il cartellino con “F” i bambini suonavano forte con i loro strumenti, all’esporre il cartellino con “p” suonavano piano.
Questo ed altri esercizi musicali, in forma di gioco, ho visto proporre a quei piccoli scolari, e tutti, da questi, ho visto diligentemente svolgere. Mi è stato anche spiegato che i bambini imparano lì a leggere le note scrivendogliele ognuna con un colore diverso e chiamandole con nomi propri per essere più facilmente acquisite e ritenute da quelle giovanissime menti. In questo modo i piccoli studenti austriaci imparano anche a suonare il flauto dolce.
Una formazione musicale, quindi, che inizia prestissimo, venendo incontro alle istanze ludiche di quella tanto giovane età. Una piacevole atmosfera, moltogarbo didattico, ordine, disciplina, attenzione, partecipazione, divertimento, cultura ed amabilità. Una situazione idilliaca, ben lungi da certe chiassose, affollatissime e problematiche classi delle nostre scuole. Eppure…
Eppure in quella realtà qualcosa pur mancava, qualcosa sicuramente importante, sì da sentirne forte l’assenza. Qualcosa in quella situazione così apparentemente ideale, quasi utopica, non mi convinceva. Finché ecco saltar fuori, venirmi luminoso alla mente il grande assente, ecco apparirmi la preziosa realtà che mancava: il pensiero spontaneo e divergente.
Quei bambini, disciplinatissimi, obbedivano a quanto diceva loro l’insegnante, e con lei si divertivano, certo, ma non ho mai visto fare loro nulla che non fosse stato espressamente chiesto. L’insegnante finiva così con l’essere nulla altro che un passivo dispensatore di esperienze pedagogiche che non trovavano alcun confronto critico nel comportamento dei discenti, non restando così alcuno spazioall’osservazione, a quel confronto tra diversi mondi, quello pedagogico degli adulti e quello autenticamente infantile, che permetta l’analisi, l’autocritica e con queste sempre più fine evoluzione.
Non che quei pargoletti apparissero repressi o costretti, ché tale è sicuramente il modo di essere e di agire lì anche degli adulti e quindi tale modo è visto e vissuto anche in famiglia, ma mi sovvenivano tante problematiche realtà scolastiche osservate in Italia e l’indomabile vivacità di alcuni nostri pargoli.
La storia tanto spesso insegna che il genio, colui che riesce a migliorare i risultati già ottenuti, l’artista che produce qualcosa di originale, sono il frutto di idee nuove realizzate con opportuna disciplina. Le prime, senza la seconda, restano nel mondo della teoria, la seconda, senza le prime, può essere garanzia di decoro, buona maniera, ma è così tristemente priva del magico stupore dell’arte.
Alfred Brendel o il compianto Friderich Gulda, per voler fare solo duenomi, sono brillanti concertisti austriaci, ma così originali, il primo nella gestualità tecnica al pianoforte, il secondo nella varietà ed ampiezza degli interessi musicali. Così l’esuberante fantasia creatrice ed originalità italiana, quando attentamente disciplinata, dà magnifici risultati ed è a tutti noto il maniacale perfezionismo di Arturo Benedetti Michelangeli o l’inflessibile severità di Arturo Toscanini.
Insomma il genio non ha patria, forse perché in sé ne racchiude più d’una. E se la fusione di interessante individualità originale e dedita disciplina può dare luogo a nuove idee concretamente realizzate, la conoscenza e l’utilizzo sapiente di mentalità, modi di essere e modalità di agire differenti potrà far coesistere più facilmente in ogni singolo individuo gli aspetti migliori di diversi approcci. Questo vale nell’arte, ma pure nelle scienze, nella filosofia, in ogni manifestazione dello spirito e della mente, ed è una realtà didattica ed umana che perciò,sicuramente, qualunque impostazione pedagogica non dovrebbe trascurare mai.          









   
 



 
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