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Il sistema sanitario nazionale è sotto una morsa stritolatrice di straordinaria potenza: da una parte il taglio alle risorse disponibili, portato a compimento dalle Finanziarie di Tremonti, si tradurrà in una riduzione della spesa tendenziale - ossia quella realmente necessaria per offrire i servizi sanitari nei prossimi tre anni - di 35 mld di euro e, dall’altra parte, l’organizzazione sanitaria già frantumata in 20 sistemi sanitari regionali troverà, nel federalismo fiscale, la cementificazione delle disuguaglianze esistenti rispetto alle prestazioni erogate, cancellando definitivamente quel che resta della universalità del diritto alla salute. Dentro questa morsa, la privatizzazione del sistema sanitario è la conseguenza più probabile – come più volte annunciato dallo stesso “libro verde” del ministro Sacconi. Le spese non sanitarie di asl e ospedali sono il vero problema dell’enorme deficit sanitario e che il vero marcio nel sistema sta in privatizzazioni, appalti e sistema del drg (modalità di calcolo e liquidazione delle prestazioni sanitarie). A darci ragione non è uno studio di intellettuali , ma addirittura il Sole 24 ore nel suo settimanale “sanità” che pubblica una inchiesta i cui dati saranno per molti sorprendenti . Nel 2007 la spesa non sanitaria ha assorbito 12,7 miliardi cioè il 6,7% in più rispetto al 2006 . Un dato enorme se pensiamo che nel 2007 la spesa sanitaria messa a finanziamento era largamente al di sotto dei 100 miliardi ed è facile ipotizzare che la proiezione di quei dati porti oggi questo conto ben al di sopra dei 15 miliardi. Le voci più consistenti riguardano: facchinaggio, vigilanza, acqua, energia, telefoni, mense, pulizie. Ma c’è da osservare che la spesa non sanitaria messa sotto esame, non contiene altre voci di spesa che sono per così dire, “collaterali” e che riguardano appalti come: forniture di materiali medicali e chirurgici, trasporto dei malati, sterilizzazioni e altro ancora. Eppure, ideologicamente e spudoratamente, si continua ad intervenire con tagli ai servizi e riorganizzazioni delle reti ospedaliere in totale assenza di politiche sanitarie territoriali, adeguate ad una attenta analisi epidemiologica e di prevenzione. Tutte le ultime manovre economiche, hanno prodotto questa logica, aumentando il divario tra sistemi sanitari regionali, la cui universalità è oramai malata gravemente, e la prossima cura del federalismo fiscale, ucciderà inesorabilmente. Il Ministro Fazio indica in circa 10 miliardi di euro l’anno, lo spreco in sanità frutto di ricoveri inutili, prestazioni ambulatoriali in eccesso e acquisti di beni e servizi fuori controllo. Non ho alcun dubbio, che ciò corrisponde al vero. Privatizzazione di servizi, dismissioni patrimoniali assurde, appalti erogati in maniera non trasparente, rapporti clientelari e con settori malavitosi di tutte le mafie, hanno procurato dannieconomici assai più devastanti di quelli rilevati dal Ministro, prendiamo la Calabria ad esempio: su due miliardi di debito accumulato quasi la metà è per appalti. Il vero nodo è spezzare la spirale dell’intreccio politico-mafioso, che gestisce pezzi significativi e costosissimi del sistema privatistico sanitario, con il corollario di appalti ed acquisti riconducibili a ditte ed imprese dello stesso giro. Il grado di corruzione e malavita organizzata interna al sistema sanitario è il vero cancro . Ricordate la vicenda del Santa Rita ? Quando in questa clinica privata accreditata, i primari chirurghi si mettevano d’accordo per operare persone che non avevano alcuna necessità, per intascare tangenti e emolumenti derivanti dall’intervento stesso. Quando la direzione della clinica, intascava il DRG ( il corrispettivo che paga la Regione per le singole prestazioni ) di quegli inutili interventi chirurgici che hanno messo a rischio la vita di centinaia di persone. Oppure, mentre la regione Lazio, tagliava posti letto nelle strutture pubbliche , pochi mesi prima veniva accreditata una nuova struttura ospedaliera di proprietà dell’Opus Dei . Per non parlare del clan degli Angelucci, (uno dei quali è Senatore) che tra cliniche private e forniture protesiche tra Lazio e Puglia muove un paio di miliardi di euro. Altresì,il sistema di prenotazione delle visite e degli accertamenti medici, rischia un doppio collasso, da una parte i lavoratori delle cooperative che gestisconoil servizio telefonico, quasi tutti part-time con stipendi indecenti e nessuna tutela, senza prospettive e garanzie adeguate, dall’altra l’utenza, pazienti con diritti certi, ma lasciati soli di fronte alla patologia o alla paura della patologia, con tempi diagnostici impossibili e troppo spesso indecenti. Il mix tra queste condizioni è semplicemente esplosivo, il sistema rischia il tracollo e tutti, lavoratori e pazienti, l’annullamento dei loro diritti. Le lunghe liste di attesa hanno diverse condizioni d’origine e queste si, interne alle contraddizioni politiche sia locali che nazionali. Gli elementi ostacolano la riduzione dei tempi di attesa. L’indagine ha evidenziato come in media le attrezzature diagnostiche siano in numero sufficiente ma scarsamente utilizzate. Il basso impiego dipende principalmente da due fattori: primo, un numero elevatissimo di accertamenti diagnostici avvengono all’interno degli ospedali, i quali per funzionare nella loro attività primaria di cura dello stato acuto delle patologie hanno necessità di accertamenti diagnostici dei ricoverati. Il personale medico e tecnico che esegue le prestazioni è lo stesso e in fascia oraria ridotta, quindi deve dividere, quando va bene, il tempo tra "pazienti interni" ed "esterni". Secondo, la mancanza di personale impedisce lo "sdoppiamento" e in ogni caso la copertura di più turni operativi che potrebbero aumentare di almeno il doppio il tempo medio di "funzionamento" peraccertamenti diagnostici. Ma allora sarebbe semplice basterebbe assumere personale e le cose andrebbero a posto ma qui incontriamo le prime gravi contraddizioni . Ogni anno da 10 anni a questa parte, le finanziarie dei governi nazionali bloccano le assunzioni, impedendo di sostituire persino il personale che va in pensione. Ciò che conta per loro è ridurre le spese, quindi il personale e alla fine i servizi. La risposta ai tempi di attesa? Allungare la giornata lavorativa di chi resta in servizio, con straordinari pagati a gettone. I costi ? Alla fine sono maggiori e non solo perchè si paga di più l’oraio prolungato, ma perchè dopo molte ore di lavoro pressante e di forte sforzo manuale e intellettuale i rischi di errore aumentano con pesanti ripercussioni sui pazienti e quindi ulteriori costi sanitari. La prima cosa da fare è aprire un fronte vertenziale con il governo nazionale per togliere il blocco e finalmente assumere il personale necessario. Si guardi alla salute e non al risparmio su la pelle dei cittadini. Per risparmiare bisogna colpire sprechi, ruberie, appalti, in poche parole finirla con privatizzazioni e regalini agli amici degli amici. La sfida è aperta.
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