Social watch, parità di genere: Italia 72ma
 











Alti livelli di reddito non sono garanzia di maggiore uguaglianza tra uomo e donna. È quanto rivela l’Indice sulla parità di genere (Gei), calcolato dalla rete internazionale Social Watch, un network presente in oltre 60 nazioni nel rapporto ‘People First’, uno studio condotto su 157 paesi valutando la disparità di genere su tre dimensioni: l’istruzione, la partecipazione all’attività economica e la concessione di pieni poteri alle donne. In una scala dove 100 indica la completa uguaglianza tra donne e uomini, al primo posto con un punteggio di 88 si è piazzata la Svezia, seguita da Finlandia e Ruanda che totalizzano un punteggio di 84 punti, nonostante le differenze in termini di ricchezza tra i due paesi. Seguono ancora Norvegia, Bahamas, Danimarca e Germania. Per aver traccia dell’Italia bisogna scendere al 72° posto, subito dopo Grecia, Slovenia, Cipro e Repubblica Dominicana. Secondo lo studio, inoltre, la posizione dell’Italia in classifica èpeggiorata dal 2008 ad oggi, nella precedente classifica il nostro Paese era 70°. “L’indice – spiegano - dimostra quindi che un alto livello di reddito non è sinonimo di maggiore uguaglianza e che anche i paesi poveri possono raggiungere livelli di parità molto elevati, sebbene uomini e donne vivano in condizioni non facili”.
Sono diversi i paesi in via di sviluppo tra i primi 50 posti in classifica, come Filippine, Colombia, Tanzania e Thailandia, mentre sempre nella stessa fetta di classifica riescono a piazzarsi ben i due terzi dei paesi dell’Unione Europea. Qualche posizione più in basso per Irlanda, Slovacchia, Repubblica Ceca, Grecia e Italia, appunto. “L’indice della parità di genere – afferma Jason Nardi, portavoce del Social Watch Italia - rivela se una società sta evolvendo verso una maggiore equità di genere o rimane ferma. La mancata riduzione del divario nei diritti tra uomo e donna conferma la miopia dei governi. La distinzione tra paesi del cosiddetto Sud del mondo equelli del Nord sviluppato è sempre più sfumata. La promozione della parità tra i sessi è uno degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio: i nostri dati dimostrano che quell’obiettivo invece di avvicinarsi si sta allontanando”. Il rapporto, infatti, evidenzia come nei paesi dove l’uguaglianza è maggiore si registra una tendenza verso il miglioramento, mentre in quei paesi con livelli di discriminazione più elevati la situazione sta evolvendo in modo negativo.
Ad aggravare la disuguaglianza tra uomo e donna anche la crisi economica. “Le donne – spiega il rapporto - sono più esposte alla recessione globale perché hanno minore controllo della proprietà e delle risorse, sono più numerose nei lavori precari o a cottimo, percepiscono minori salari e godono di livelli di tutela sociale più bassi”. Secondo i dati Onu, il tasso globale di disoccupazione femminile potrebbe arrivare al 7,4%, contro il 7,0% di quella maschile. Tra i dati, spiccano i progressi registrati nella sferadell’istruzione, di gran lunga maggiori rispetto a quelli registrati nelle altre dimensioni della parità di genere. Nell’accesso agli spazi decisionali e nell’esercizio del potere, invece, la disuguaglianza tra uomini e donne è più evidente: non c’è un solo paese dove le donne abbiano le stesse opportunità degli uomini di partecipare ai processi economici o socio-decisionali. I progressi nella partecipazione all’attività economica registrati nel 2008, infine, sono stati completamente azzerati nel 2009, soprattutto nell’Africa subsahariana. La coalizione italiana del network Social Watch è costituita da Acli, Arci, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Lunaria, Mani Tese, Ucodep, Wwf. (ga)

 









   
 



 
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