Nord Africa, nulla sarà più come prima
 







di Fabio Amato




La rivoluzione del nord Africa travolge la Libia e il suo ultraquarantennale leader Gheddafi. Le notizie che arrivano dal paese nordafricano, frammentate e dall’unica fonte che non è stata oggetto della censura del regime, Al Jazeera, parlano di una carneficina e di una violenza inaudita nella repressione. L’uso dell’aviazione contro i manifestanti a Tripoli avrebbe prodotto oltre mille morti. La rivoluzione nordafricana non si ferma, e travolge anche quello che veniva considerato come uno dei regimi più stabili, grazie ai dividendi della rendita petrolifera ed energetica, che hanno reso la Libia uno dei paesi con dati macroeconomici e di reddito fra i più alti del continente africano e dell’area. Non basta questo dato a placare la rabbia, soprattutto giovanile, che ha travalicato la cirenaica e la ribelle Bengasi per arrivare nel cuore del potere del regime di Gheddafi, Tripoli. La crisi e le riforme neoliberali comunque applicate anche dalla Libiain questi anni, insieme alla concentrazione nelle mani del clan vicino al Colonnello di gran parte delle ricchezze, hanno creato sacche grandi di malcontento e rabbia. Rabbia unita alle domande e speranza di libertà dall’oppressiva macchina poliziesca, dalla censura e dalla grottesca idea della successione dinastica dell’oramai anziano leader che hanno come protagonisti anche in Libia le giovani generazioni.
Nel suo disperato e criminale tentativo di mantenere il potere a tutti i costi, Gheddafi sta giocando le ultime carte della sua storia politica. Contro il suo popolo e contro ogni senso di umanità. Una carta disperata e inutile, che non salverà il suo regime e il suo proposito di continuazione dinastica del potere.
Una carta il cui esito potrebbe essere quello di far sprofondare il paese in una guerra civile dagli esiti catastrofici. Già pezzi dell’esercito e della diplomazia si sono uniti alle proteste e alle rivolte.
Anche se è complesso prevedere quali saranno leevoluzioni delle rivoluzioni arabe, è bene ricordare come altri paesi ne siano contagiati, come il Marocco, lo Yemen, il Barhein, crediamo che se anche le transizioni saranno gestite dalle forze armate, e che nel breve periodo esse garantiranno una continuità perlomeno formale nella collocazione geopolitica dei paesi del sud del mediterraneo, i movimenti sociali che sono esplosi avranno conseguenze durature, apriranno scenari di cambiamento impensabili fino a poco tempo fa. Tutto il quadro mediorientale ne uscirà ridisegnato. Le ipocrisie e la politica dei due pesi e delle due misure applicata dall’imperialismo e dall’occidente in questi anni avranno vita breve. Lo abbiamo già scritto a proposito di Tunisia ed Egitto, lo ribadiamo oggi. Nulla potrà tornare come prima. Il risveglio delle masse arabe rappresenta una tappa storica, paragonabile, come ha scritto Valli su Repubblica, a quello che accadde nel 1848 in Europa.
Un’Europa, quella attuale, le cui responsabilità sono grandinell’aver in questi anni fatto fallire l’ipotesi euro mediterranea, nell’essere stata semplice spettatrice o esecutrice dei voleri di Washington, e nell’aver limitato la sua azione politica a garantirsi liberalizzazioni dei mercati e risorse energetiche, mantenendo al potere, con la scusa della minaccia islamica, regimi indifendibili, che hanno represso, vale la pena ricordarlo, anche tutte le forze progressiste, democratiche e fra queste quelle comuniste, di quei paesi. Ora si trova del tutto impreparata difronte alle conseguenze che i cambiamenti in corso porteranno.
Occorre però soffermarsi su quello che l’Italia ha fatto e detto in questi giorni. La carneficina che le forze armate fedeli al regime del colonnello Gheddafi stanno perpetrando in Libia ha dei complici politici evidenti: Silvio Berlusconi e il suo zelante portavoce Ministro degli Esteri Frattini. Le loro tardive condanne servono oramai a ben poco. Il loro silenzio prima, le allucinanti e vergognose dichiarazioni disostegno durante l’esplosione della rivolta e della sanguinosa repressione, rimarranno tra le pagine più vergognose della triste storia del berlusconismo e dei suoi ultimi giorni a cui assistiamo. Berlusconi non disturba Gheddafi mentre massacra il suo popolo, perché teme che quello che travolge oggi i suoi amici del sud del Mediterraneo, possa molto presto travolgere anche lui e porre fine alla sua squallida stagione politica.

 









   
 



 
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