Superciuk è uno straordinario personaggio dei fumetti. Frustrato dal suo ingrato lavoro di spazzino comunale, diventa un super eroe e si dà la missione di togliere ai poveri, gente sporca e maleducata, per dare ai ricchi, che sono invece sensibili e raffinati. Tremonti e Bossi agiscono proprio come Superciuk: sono visceralmente contro il Sud; e la sofferenza del Sud è destinata ad aggravarsi con il loro federalismo municipale. Una stima della Cgia di Mestre prospetta una perdita complessiva, per i soli comuni capoluoghi del Mezzogiorno, di 557 milioni e mezzo di euro. Il gruppo del Partito democratico al Senato è ancora più pessimista e calcola in quasi un miliardo di euro la diminuzione che si registrerà nel corso del 2011. Si tratterà, in ogni caso, di una restrizione pesantissima delle capacità di spesa di molte amministrazioni comunali, particolare grave nelle regioni meridionali. Per restare allo studio della Cgia, mentre Milano guadagna colnuovo sistema 276 milioni, Napoli ne perde 314; analogamente, mentre Imperia vedrà nel 2011 una percentuale di copertura rispetto al 2010 del 34% in più, Foggia dovrà segnare nei propri bilanci un secco 70% in meno, e su livelli simili si porranno tutti gli altri capoluoghi del Sud. E’ vero, come dice Tremonti, che quel che viene tolto è complessivamente reso (fermo restando che i tagli erano già arrivati prima, con la Legge di stabilità), e che gli 11 miliardi e 243 milioni tagliati ora all’insieme dei comuni italiani alla voce "trasferimenti dello Stato" saranno poi coperti col prelievo diretto dell’Irpef sui redditi fondiari, dell’imposta di registro e della cedolare secca sulle locazioni, di una quota parte della tassazione sulle compravendite immobiliari, e soprattutto con una compartecipazione sul gettito Iva. Tuttavia, la concreta articolazione di questa somma di 11 miliardi e rotti si trasformerà inevitabilmente in segno + per alcuni comuni e in segno - per molti altri. E nonc’entra nulla il carattere virtuoso delle amministrazioni. Un comune a grande vocazione turistica o a grande concentrazione industriale andrà meglio rispetto a prima semplicemente perché potrà contare su un gettito significativo proveniente dai redditi fondiari, dalle imposte e dalla cedolare secca sui contratti di locazione, dalla compartecipazione Iva. Ma per tanti comuni (in particolare quelli del Sud dell’Italia, ma non solo), dove il denaro gira normalmente poco, sarà davvero la catastrofe. Il governo sostiene che il "fondo di riequilibrio" e il futuro "fondo di perequazione" dovrebbero sanare gli squilibri più stridenti. Ma con un sistema politico che esalta in partenza i particolarismi territoriali, e con una crisi economica che continuerà ancora a lungo, è fin troppo facile ricavarne che si tratta solo di promesse alla Pinocchio. Che fare, allora? Intanto, va denunciata in modo chiaro la logica perversa del provvedimento, che è quella di dare a chi è già ricco e togliere achi è già povero. In secondo luogo, occorre spingere le amministrazioni locali a coalizzarsi per rendere meno aleatorio il "fondo di riequilibrio" e per strappare, già coi prossimi provvedimenti sul federalismo regionale, almeno un minimo di equità, ad esempio facendo valere anche per le regioni a statuto ordinario ciò che oggi vale solo per la Sicilia, in materia di tasse che gravano sulle imprese. Attualmente, infatti, le imposte delle imprese con sede legale fuori del territorio della Sicilia vanno comunque alla regione siciliana per la quota parte prodotta entro i suoi confini. In tal modo la Fiat paga (o meglio pagava) in Sicilia per la produzione di Termini Imerese, mentre paga a Torino per la produzione di Pomigliano, di Melfi, di Termoli, di Cassino. È una palese incongruenza che meriterebbe da subito un pronunciamento davvero ultimativo degli enti locali meridionali. Ma al di là di questo scontro, pur importante, col governo centrale, occorre soprattutto intensificare ovunquela rivendicazione di welfare, rigettando ciò che molte amministrazioni meridionali si preparano a fare, e cioè utilizzare i tagli dello Stato come ulteriore alibi per tagliare sui servizi ai cittadini. Fermo restando che i tagli sono reali e ingiusti, è comunque sempre possibile ripartire le penalizzazioni dei mancati trasferimenti in modo inversamente proporzionale ai redditi, premendo di più là dove le ricchezze si concentrano maggiormente. Un esempio, ma se ne possono fare tanti altri, potrebbe essere quello di una maggiore pressione impositiva sulle case sfitte. Oltre che portare qualche soldo in più alle casse comunali, un tale provvedimento andrebbe in direzione del calmieramento degli affitti, proprio perché renderebbe più conveniente a chi possiede case di metterci dentro degli affittuari. Al tempo stesso contribuirebbe alla emersione degli affitti in nero, con benefici comunque per le casse comunali, attraverso il recupero Irpef. In sostanza, si tratta di scegliere in modoselettivo dove far ricadere la pressione delle imposte comunali. E accanto a questo, occorre spingere per interventi attivi di salvaguardia e potenziamento degli attuali livelli di welfare municipale, per esempio attraverso l’utilizzo virtuoso del patrimonio comunale, che potrebbe essere gestito d’intesa con le associazioni del terzo settore, sia per dare sedi fisiche alle tante iniziative di volontariato che si spendono nei territori sul piano culturale e sociale, sia anche per operare la manutenzione e il miglioramento degli stessi senza aggravio per le casse comunali. Insomma, sia pure con la complicazione posta dai tagli legislativi, le scelte "di classe" e di "democrazia partecipata" non vengono meno neppure a livello delle amministrazioni comunali. E’ questo un piano politicamente decisivo per noi comunisti, che dovremmo cercare di far vivere anche nella prossima tornata elettorale. Rino Malinconico
|