La Chiesa vorrebbe liberarsi del Cavaliere. Ma...
 











Che la politica italiana, così rissosa e inconcludente, fosse francamente “inguardabile” i vescovi l’avevano proclamato in tempi non sospetti. E tuttavia, pur avvertendo in qualche modo il desiderio diffuso e confuso di “voltare pagina” così presente nel profondo della società, nemmeno loro avevano completamente chiaro il sommovimento che si sarebbe verificato nelle ultime elezioni amministrative.
L’orologio della Chiesa funziona con tempi ben differenti da quelli della politica. Eppure è da almeno tre anni che Papa Benedetto, in molteplici occasioni, pubblicamente continua ad auspicare la comparsa di una nuova generazione di cattolici impegnati nell’ambito civile e portatori, nel quadro di una “laicità positiva”, di un contributo indispensabile al “bene comune”. La semina è ripetuta, il raccolto però è ancora lontano.
E nella fase di transizione la scelta logica è stata in gran parte per il centro-destra. Sia per la sua consistenzamaggioritaria e sia per la più evidente sensibilità ai valori cristiani (anche se l’ennesimo rinvio della legge sul “testamento biologico” certo non aiuta) e sia per la sostanziale assenza di quelle punte “laiciste” e radicali così rumorose nell’altro campo. D’altronde, nella consuetudine diplomatica del “rapporto tra Stati”, il buon vicinato tra Santa Sede e governo italiano era particolarmente sostenuto dal segretario di Stato vaticano, cardinale Bertone. E tuttavia l’involuzione di Berlusconi chiaramente da tempo preoccupa : dalla prevalenza nella corte dei “pasdaran” mediatici (fin dai tempi del “metodo-Boffo”) all’inefficacia dell’azione governativa, al clima di feroce contrapposizione che fa perdere al Paese il senso di un baricentro sicuro.
Pure il bunga-bunga che, anche se recidivo, appartiene al novero dei peccati privati e quindi materia esclusiva dell’eventuale confessore, trasmette un sapore di stanchezza e di complessivo esaurimento di una lunga parabola. Il disgusto(non certo quello dei moralisti ad personam , interessati solo all’incastro giudiziario) è però penetrato in profondità, in larghe fasce dell’elettorato moderato e mediano che rifiuta gli eccessi, tutti gli eccessi e di qualsiasi natura. E non è escluso che tra le sottane paonazze qualcuno abbia discretamente già contattato il Cavaliere per persuaderlo, onde salvare il salvabile, a prepararsi ad un dignitoso “passo indietro”. Gli uomini e i governi passano: e la variegatissima comunità cattolica, ora che si è riaffermata la piena legittimità della religione nel discorso pubblico, si interroga sul futuro e sulla necessità, in tempi più brevi del previsto, di una nuova presenza riconoscibile e civilmente incisiva. Nel cantiere aperto del cristianesimo sociale (con il vasto tessuto di organismi e movimenti) si fa ormai esplicito riferimento alla discesa diretta nella politica. Anche perché l’altro versante, il centro-sinistra, non offre affidamento.
E’ pur vero che sotto quellebandiere (più nelle primarie di popolo che nelle segreterie dei partiti) si sono affermate diverse figure di credenti poi eletti alla guida delle città (da Firenze fino alla recente Novara): sembra però che la vicenda emblematica di Milano finirà per restare un caso contingente e isolato. Certo il voto cattolico (con l’esplicito endorsement di preti e associazioni) è stato determinante per il successo del laicissimo Pisapia. Ma, al di là dell’entusiasmo della piazza arancione (del tipo “santo subito”) si mette già in chiaro che non si tratta di una “delega in bianco” e che l’eletto è comunque da subito sotto osservazione.
Piuttosto il cattolicesimo ambrosiano attende con qualche trepidazione il nome del nuovo Arcivescovo. Si accredita il trasloco del patriarca di Venezia, Angelo Scola, un brianzolo ciellino per formazione e vocazione ma negli anni assurto a un ruolo ben più ampio nella Chiesa. La nomina è però soltanto nelle mani del Papa. E non è esclusa qualche sorpresa. Comecapitò nel 1980 quando Papa Wojtyla scelse per la cattedra di Ambrogio un appartato biblista ai più sconosciuto : era un certo Carlo Maria Martini…  affaritaliani-Giuseppe Baiocchi

 









   
 



 
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