Aquilani: sfrattati,oppressi,delusi,derubati della loro dignità
Stop agli sfratti degli sfollati, no alla guerra tra poveri, lavorare per una soluzione condivisa. L’appello «al buon senso» viene da Fabio Pelini, assessore comunale aquilano. Di una popolazione terremotata. In questi giorni si susseguono nel capoluogo abruzzese le esecuzioni di sfratti da caserme, alberghi e dagli alloggi del famoso progetto c.a.s.e., i Complessi antisismici sostenibili ecocompatibili, costruiti con costi a peso d’oro nelle new town. L’accusa di Pelini è verso il presidente della Regione, il berlusconiano Chiodi, che è anche commissario per la ricostruzione e che sta «giocando - secondo l’assessore - una partita politica sulla pelle degli aquilani che vivono con l’incertezza abitativa. Pensa di cavarsela con due ore al mese passate in città». Il peccato originale sta nella narrazione berlusconiana all’indomani del sisma del 6 aprile, quando si promise una casa per tutti ma in realtà che sarebbe stata fornita a meno di un terzodella popolazione. Solo poco più di 13mila persone, infatti, hanno trovato posto nei prefabbricati costati 2800 euro al metroquadro. Gli altri furono ospedalizzati in alberghi, caserme o trovarono una "autonoma sistemazione" altrove, spesso in coabitazione o in affitto lontano da L’Aquila. Per arginare l’emergenza, il Comune impose al governo la costruzione di Map (moduli abitativi provvisori, le casette di legno classiche) per 3mila persone. Oggi, all’emergenza abitativa che riguarda più di mille ancora "ospedalizzati" e 10mila in "autonoma sistemazione" - ossia quasi tutti in attesa di un alloggio vero - si somma una reale emergenza sociale ulteriore: «Significa che tantissime altre persone, alcune centinaia, che pur non avendo i requisiti per essere assistiti in una delle sette forme (chi era in affitto al nero o è stato sfrattato dopo la ricostruzione leggera non ha diritto all’assistenza) vivono in condizioni di precarietà abitativa». Sullo sfondo c’è il rischio della guerratra poveri. Poveri e sfollati. Alcuni giorni fa in una frazione della città una madre single con due bambine ha occupato un Map che stava per essere assegnato a un cittadino che lo attendeva da mesi. Altra sigla da tenere a mente, per capire le vicende aquilane, è la Sge, la struttura gestione dell’emergenza, la struttura commissariale che ha preso il posto della protezione civile e funziona come ai tempi di Bertolaso, e risponde agli ordini di Chiodi e Cicchetti, il vicecommissario, già condannato per «colpa in vigilando», ossia si sarebbe fatto sparire sotto il naso i soldi della Perdonanza celestiniana, nota kermesse artistica e religiosa aquilana. Tra le vicende più kafkiane c’è quella degli abitanti delle case Ater di Via Verzieri, frazione Preturo, le cui case sono A, ossia non danneggiate dal terremoto. Peccato che fossero inagibili già da prima del sisma di due anni fa. «Ma per questo non hanno alcun diritto all’assistenza, l’Ater (un ente regionale) non caccia una liraper risanare le case dove non possono rientrare e loro vivono sballottati». Tirano un sollievo gli sfrattati dalla caserma Campomizi che restano nella struttura ma senza mensa e senza servizi. «La richiesta del Comune continua ad essere quella di essere ragionevoli rispetto a una situazione difficile da gestire in cui le uniche certezze sono il totale fallimento della Sge e l’inefficienza del commissario. Ma tutto ciò non può ricadere sul Comune che ha le mani legate», continua Pelini, rientrato in Giunta ad aprile, quando le dimissioni del sindaco Cialente, poi ritirate, sembravano spalancare le porte del Comune all’ennesimo commissariamento. La rottura era avvenuta quando il sindaco sembrava troppo appiattito sulle posizioni di Bertolaso. Per alleggerire l’emergenza e «far vivere agli aquilani giornate dignitose,Chiediamo, al di là dello stop degli sfratti e degli allontamenti, che finalmente Chiodi metta i soldi per il terzo lotto del Fondo immobiliare per l’acquisizione di 150appartamenti». La ricostruzione pesante, quella dei quartieri e del centro storico,intanto, non è mai decollata, soprattutto per il meccanismo farraginoso imposto dalla protezione civile a una filiera di valutazione dei progetti costruita per essere una macchina mangia-soldi. Checchino Antonini