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Manovra, via a lodo salva-premier ma è bufera. La Cei prende le distanze |
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Berlusconi ha deciso di ritirare la norma salva-Fininvest. «Per sgombrare il campo da ogni polemica ho dato disposizione che questa norma giusta e doverosa sia ritirata» ha dichiarato il premier nonché proprietario del gruppo del gruppo Fininvest che controlla tra le altre Mondadori Mediaset e il Milan. La cosiddetta norma «ad aziendam» spuntata a sorpresa nella manovra di stabilizzazione finanziaria aveva scatenato la polemica. Si tratta di una leggina sulla sospensione dell’esecutività dei risarcimenti che avrebbe evitato alla Fininvest di Silvio Berlusconi di versare alla Cir di Carlo De Benedetti 750 milioni di euro. Una mossa che precedeva di pochi giorni il verdetto di secondo grado dei giudici atteso alla fine della settimana. «Nell’ambito della cosiddetta manovra -si legge nella dichiarazione di Berlusconi- è stata approvata una norma per evitare attraverso il rilascio di una fideiussione bancaria il pagamento di enormi somme a seguito disentenze non ancora definitive, senza alcuna garanzia sulla restituzione in caso di modifica della sentenza nel grado successivo. Si tratta di una norma non solo giusta ma doverosa specie in un momento di crisi dove una sentenza sbagliata può creare gravissimi problemi alle imprese e ai cittadini». «Le opposizioni -sottolinea - hanno promosso una nuova crociata contro questa norma pensando che, tra migliaia di potenziali destinatari, si potrebbe applicare anche a una societá del mio gruppo. Si è prospettato infatti che tale norma avrebbe trovato applicazione nella vertenza Cir-Fininvest dando così per scontato che la Corte di Appello di Milano effettivamente condannerá la Fininvest al pagamento di una somma addirittura superiore al valore di borsa delle quote di Mondadori possedute dalla Fininvest. Conoscendo la vicenda ritengo di poter escludere che ciò possa accadere e anzi sono certo che la Corte d’Appello di Milano non potrà che annullare una sentenza di primo grado assolutamenteinfondata e profondamente ingiusta. Il contrario costituirebbe un’assurda e incredibile negazione di principi giuridici fondamentali», assicura il premier. «Per sgombrare il campo da ogni polemica ho dato disposizione che questa norma giusta e doverosa sia ritirata.Spero non accada che i lavoratori di qualche impresa, in crisi perchè colpita da una sentenza provvisoria esecutiva, si debbano ricordare di questa vergognosa montatura», rimarca Berlusconi. Il Carroccio non ha fatto mistero del «profondo malumore» dei ministri della Lega Nord. Ma da quel testo che secondo la procedura è stato inviato da Palazzo Chigi (dove è stato visto per l’ultima volta) al Quirinale hanno preso le distanze un po’ tutti, persino Niccolò Ghedini, avvocato personale del premier e deputato Pdl : «Non l’ho scritto io, non ne sapevo nulla». Nella bufera è rimasto nel totale silenzio il ministro Tremonti che, si dice, non ne sapesse nulla. Il suo silenzio - qualcuno mormora - nascone una profonda irritazione.Dopo aver annullato la conferenza stampa di presentazione della manovra prevista a mezzogiorno Tremonti ha confermato la sua presenza al Teatro Centrale in Piazza del Gesù dove è stato presentato il libro sulle fondazioni di Fabio Corsico. Il vice-presidente del Csm, Michele Vietti, aveva posto l’accento sul principio di uguaglianza: «Non entro nel dettaglio di una norma non ancora presentata in Parlamento - spiega Vietti - ma voglio solo rilevare che il principio dell’esecutività delle sentenze di secondo grado è un principio generale che vigeva già prima che diventassero provvisoriamente esecutive le sentenze di primo grado. Modificare questo principio significherebbe rischiare di stravolgere il sistema giudiziario e credo che convenga non farlo per non violare il principio di eguaglianza fra i cittadini di fronte alla legge». Anche Napolitano non aveva mancato di prendere le distanze dal lodo. «Non dico nulla. Sulla manovra, quando sarà il momento, conoscerete le nostredeterminazioni». E non solo le opposizioni ma anche da parte della stampa cattolica era sin da subito arrivato l’altolà ad una manovra che, secondo lo stesso direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, nel suo editoriale palesa «ipocrisia ed incompetenza» nel gestire le sorti del Paese.
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