La carica degli "indignati" israeliani: la casa è un diritto non un lusso
 











Fuori le mura delle città vecchia di Gerusalemme, tra la porta nuova e Jaffa Gate, è sorta da un paio di giorni una tendopoli, sul modello di quella che da una settimana occupa il Boulevar Rothschild al centro di Tel Aviv. Una scritta in ebraico su una tenda canadese recita: «Neanche in Cina vivono così».
Il popolo della protesta è composto in prevalenza da giovani, ma non mancano gli over "anta". Yair, 27 anni bermuda t-shirt e kippa, vive a Miva Sevet, un sobborgo ad ovest di Gerusalemme, in un piccolo appartamento che gli costa 3mila shekel al mese, seicento euro circa. Il giovane lavora part-time e ne guadagna 5mila, per cui l’affitto erode oltre la metà delle sue entrate. Il venticinquenne Ilia, di origine russa, vive invece in una zona centrale, a Rehavia. L’appartamento che divide con altri due ragazzi costa 5200 shekel al mese. Il giovane studia scienze politiche ed ha un lavoro fisso al Restobar, un popolare ritrovo della zona in cuiabita. Non potrebbe permettersi di vivere da solo. Alla tendopoli di Tel Aviv le storie sono analoghe. Gil Cohen, 36 anni, di professione dog trainer, dice: «In Israele siamo arrivati al punto di spendere il 50 per cento di quello che guadagniamo per la casa, intendo dire per affittarla, perché sono pochi coloro che riescono a comprare, soprattutto tra i giovani. Il mercato immobiliare si gonfia sempre di più, perché i proprietari sanno che se l’appartamento non lo prendi tu, domani lo danno a un altro».
La protesta contro il caro casa si sta diffondendo in altre città israeliane, come Beer Sheva, nel Negev e persino in alta Galilea, a Kiryat Shimnona, dove la densità di popolazione non è eccessivamente elevata. Il presidio di Gerusalemme si allarga di ora in ora, dicono gli attivisti. Ogni sera arriva qualcuno che piazza la tenda. Se continua così riempiremo tutta la strada fino a Jaffa Gate, dicono gli "indignados". Non è un caso che la protesta nella Città Santa sia stataorganizzata in questo punto della città, spiega la bionda Irit, 27 anni. La tendopoli è a due passi da Mamilla, dove sono stati costruiti e ristrutturati appartamenti che per la maggior parte restano vuoti, perché li comprano gli americani o i super ricchi, continua la ragazza, seduta fuori dalla tende.
La mobilitazione, ci tengono a spiegare i manifestanti, non è politicizzata. Se sei israeliano, dicono, la differenza tra destra e sinistra non riguarda tanto le politiche sociali o l’economia, ma qual è la tua posizione sugli insediamenti e i palestinesi. Quando facciamo notare che non ci sono cittadini arabi nella tendopoli, nonostante abbiano problemi di alloggio ben più impellenti, veniamo informati che da oggi anche in città del nord di Israele a forte presenza araba si diffonde il movimento. Consapevole dei contraccolpi politici della protesta contro il caro-alloggi, il Premier israeliano Netanyahu ha preso posizione. Facendo appello anche all’opposizione, Bibi ha dichiarato:«Lavoriamo insieme per risolvere la crisi. Questa è una sfida importante che dobbiamo superare tutti insieme. Chiediamo la cooperazione dell’opposizione per introdurre misure fiscali che incoraggino le persone a mettere gli appartamenti vuoti sul mercato».
In contemporanea alle esternazioni di Netanyahu è stato diffuso anche l’annuncio del nuovo piano varato dal ministero per gli Alloggi, che ha immediatamente scatenato un putiferio politico e ulteriori attriti con i palestinesi. La soluzione trovata lunedì dalle autorità competenti israeliane alla crisi degli alloggi non è esattamente quello che si aspettavano i manifestanti di Boulevar Rothschild e di Gerusalemme. Il ministero ha indetto una gara d’appalto per la costruzione di 6.900 nuovi alloggi in diverse località del paese, di cui però 336 anche in insediamenti nei Territori palestinesi occupati.
L’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha reagito duramente al piano, replicando che la misura, che prevede parte dellecostruzioni in Cisgiordania, costituisce un motivo ulteriore per chiedere il riconoscimento dello Stato palestinese a settembre, quando si riunirà in plenaria l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. «Il governo pensa di risolvere il problema creando un problema ancora più grande» dice Yair, iscritto al partito laburista. La parola d’ordine di Netanyahu, aggiunge è «privatizzazione, privatizzazione, privatizzazione». Il giovane si riferisca a una riforma ideata dall’attuale esecutivo che prevede vendita di terreni demaniali a privati in modo da dare impulso all’edilizia (Land administration reform). Ma, spiegano i "campeggiatori" in protesta, saranno sempre gli stessi speculatori ad appropriarsi dei terreni. Quelle case non potranno mai essere acquistate da gente che vive di salario. Saranno i soliti noti a comprarle per affittarle a quelli come noi, concordano i "residenti" della tendopoli di Gerusalemme. La protesta contro il caro alloggi si diffonde tramite facebook. A Gerusalemme,come a Tel Aviv, nessuno ha dubbi sul fatto che Piazza Tahrir al Cairo, come il movimento degli indignados in Spagna, abbiano rappresentato un esempio da seguire.Francesca Marretta









   
 



 
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