La tecnica non pensa Se la scienza perde di vista il mondo globale
 











Quali saperi si impartiscono nelle nostre università? Qual è il grado della loro presa e rappresentazione del mondo reale? Come si è trasformata e ristretta, sotto le pressioni della macchina economica, la natura della loro utilità sociale? Quale spazio conservano i saperi disinteressati, le conoscenze finalizzate alla formazione umana e spirituale delle nuove generazioni? Due grandi e drammatiche evidenze rendono oggi più immediatamente visibili le ragioni di simili interrogazioni. La prima riguarda la grave alterazione degli equilibri naturali della Terra e il riscaldamento climatico in corso. Qui si possono misurare le conseguenze della frantumazione disciplinare delle scienze, consumatasi nel corso del Novecento. Tutte impegnate a indagare un ambito sempre più ristretto e ravvicinato di realtà, nessuna di essa è stata capace di uno sguardo globale, nessuna si è accorta, se non tardi, degli effetti generali che il proprio separato operare - aservizio della macchina produttiva - ha sugli equilibri generali del mondo vivente [...].
Ed è questo, di fatto, il modello del comportamento della scienza oggi: intervenire per riparare le alterazioni che la separatezza e l’unidimensionalità delle discipline applicate al mondo vivente di volta in volta producono. È sufficiente un rapido sguardo storico per convincersene. Quale scienza si era accorta, per gran parte dell’età contemporanea, che ciascuna per suo conto, contribuendo allo sviluppo economico, cooperava anche al fenomeno generale del riscaldamento della Terra? Né la fisica, né la chimica, né la geografia, né la botanica, né la geologia, né la biologia. Tutte chiuse nel proprio ambito disciplinare, operando ciascuna su frammenti del corpo smembrato della natura, solo sul finire del XX secolo alcune di queste si sono rese conto di che cosa stava accadendo all’atmosfera terrestre [...].
Ora non si può certo disconoscere che tale strada sia stata coronata dal successo.L’intera società industriale, con le sue ombre ma anche con i suoi enormi vantaggi sociali, sarebbe impensabile senza quel successo scientifico. La potenza raggiunta dalle scienze contemporanee è, per tanti versi, stupefacente. E tuttavia oggi siamo meno abbagliati dal suo splendore, siamo necessariamente spinti a coglierne i lati oscuri e inquietanti. Ma anche i limiti strettamente conoscitivi, la parzialità riduttiva [...]. Lo sviluppo della scienza, subordinata sempre di più alle ragioni della produzione capitalistica, ha portato a un esito ormai evidente. Per dirla con Morin, col tempo si è passati dal «manipolare per sperimentare» allo «sperimentare per manipolare». Sicché «i sottoprodotti dello sviluppo scientifico - le tecniche - sono diventati i prodotti socialmente principali». Occorre infatti riconoscere che all’interno del sapere scientifico opera una tendenza profonda, che è diventata sempre più manifesta e incontenibile nel tratto finale dell’età contemporanea. Taletendenza è per l’appunto la trasformazione della scienza in tecnica, il trasmutarsi del pensiero in procedure replicabili in laboratorio, la metamorfosi della conoscenza generale e disinteressata in procedimenti che danno vita a dispositivi, congegni, materiali, beni, merci. Tutte le conoscenze generali delle singole discipline - dalla fisica alla botanica, dalla biologia alla genetica - esaurita la fase teoretica di fondazione, o di esplorazione di determinati ambiti, precipitano e «degenerano» in tecnica. Ma si tratta di un fenomeno che è inseparabile
dal contesto e dallo svolgimento storico in cui si è venuto realizzando. Esso esprime un processo materiale, più volte segnalato da Marx, della scienza che diventa «prodotto intellettuale generale dell’evoluzione sociale», parte integrante del modo di produzione capitalistico, che incorpora nei suoi scopi tutti i saperi generati dalla divisione intellettuale del lavoro e tutte le tecniche che la macchina industriale vaaccumulando.
Agli inizi del Novecento Heidegger aveva colto, dal suo particolare punto di vista filosofico, questo aspetto del modo di essere e di procedere della scienza. Egli aveva finito col definire quest’ultima - con evidente parzialità e forzatura, ma cogliendone la tendenza profonda - «una modalità della tecnica» [...].
Oggi noi abbiamo di fronte non soltanto il pieno dispiegamento di un fenomeno ben visibile già ai tempi di Marx: le scoperte scientifiche e le innovazioni tecniche che entrano nell’industria esaltano la potenza produttiva del capitale, emarginano sempre più il lavoro che ha storicamente prodotto quel capitale. Non è soltanto l’impresa che si serve delle conoscenze e delle tecniche prodotte dalle università e dai centri pubblici o privati di ricerca. Ma è la tecnoscienza che si è fatta impresa. La scienza si è messa in proprio come macchina produttiva diretta finalizzata al profitto. Siamo di fronte a un fenomeno assolutamente inedito nella storia dellesocietà umane. Molte corporation transnazionali fondano oggi tanta parte della loro supremazia economica sulle scoperte e i brevetti dei propri, autonomi, gabinetti scientifici. La ricerca biotecnologica oggi si presenta generalmente come un’impresa. Noi assistiamo a una disseminazione privatistica della tecnoscienza senza precedenti, che pone problemi nuovi al potere pubblico, alle forme del diritto, sfida gli assetti tradizionali della democrazia [...].
La rimozione del mondo naturale dal campo visivo del pensiero economico moderno costituisce uno dei più stupefacenti miracoli che l’ideologia capitalistica della falsa infinità della natura è stata in grado di produrre. Ma oggi essa non può più nascondere lo scacco storico della scienza che l’ha resa possibile. Osserviamo, en passant, che il pensiero economico non è stato ancora in grado neppure di abbozzare una teoria della riproduzione della natura, della rigenerazione degli immensi materiali e beni che produzione e consumorichiedono costantemente. Esso contempla solo la riproduzione di due fattori: il capitale e il lavoro. E invece pensa e rappresenta la natura non come fattore destinato anch’esso alla riproduzione, ma come una cava, un fondo esterno sfruttabile all’infinito [...]. Questa disciplina, nata come economia politica all’interno della cultura umanistica nella seconda metà del XVIII secolo, è entrata nel campo delle scienze cosiddette esatte e nella seconda metà del Novecento ha sostituito la fisica come Big Science nelle società dell’Occidente. Sempre di più la sua invadenza imperialistica nella società e nelle istituzioni culturali ha sottoposto a severo scrutinio tutti gli altri saperi, ha chiesto a essi ragioni della loro utilità. Ma non un’utilità sociale generale, bensì un’utilità economica, sempre più immediata, sempre più strettamente subordinata ai tempi stretti e veloci della redditività economica. I saperi umanistici sono stati così messi nell’angolo, costretti a indietreggiare, agiustificarsi, a offrire spiegazioni del proprio operare, del proprio valore di mercato. La filosofia, la storia, la letteratura, l’arte a che cosa servono, quali sono i loro ritorni, a quale mercato del lavoro sono utili? Sono ancora queste, oggi, le richieste che sentiamo risuonare sulla scena pubblica.   Piero Bevilacqua
da "Saperi umanistici e saperi scientifici", in "A che serve la storia?" (Donzelli, pp. 176, euro 22)









   
 



 
01-04-2015 - Chi ha paura della scienza in Italia?
25-02-2015 - Tumore pancreas, rimborsabile nuova terapia in nanoparticelle
22-02-2015 - Staminali per riparare la cornea: italiano il primo farmaco al mondo
19-02-2015 - Giovani ricercatori, 5250 progetti al palo per il bando Sir che non parte. Tweet collettivo per Matteo Renzi
18-02-2015 - Progetto genoma umano, online su Nature mappa genetica delle malattie
04-01-2015 - Vista senza occhi
28-12-2014 - Ecco l’invasione degli ultracibi
22-12-2014 - Arriva la cornea ‘costruita’ dalle staminali
19-12-2014 - Cervello. Un farmaco potrebbe aumentarne la plasticità
18-12-2014 - Corte Ue: "Brevettabile ovulo umano non fecondato"
17-12-2014 - Ogm, gli scienziati: "Non fermate la ricerca aiutiamo le piante a sopravvivere"
16-12-2014 - Da Rosetta ai dinosauri. La top ten delle scoperte scientifiche del 2014
07-12-2014 - Ecco i primi enzimi sintetici, Nature: “Utili a capire origine della vita”
03-12-2014 - "Il governo cambi quella legge, così torneranno i cervelli in fuga"
01-12-2014 - Uomini e donne, cervelli diversi ma tanto uguali. Lo dice la scienza

Privacy e Cookies