Il manifesto della Confindustria
 











La Confindustria è pronta «a scindere» le sue responsabilità da quelle del governo, perché «vogliamo un cambiamento vero». Un altro pesante affondo contro il governo arriva dalla presidente Emma Marcegaglia, intervenuta all’assemblea degli industriali toscani a Firenze. Lo dice charo e tondo: «Noi vogliamo una vera discontinuità e la vogliamo velocemente: basta con le piccole cose, non siamo più disponibili a stare in una situazione di stallo, in cui si vivacchia e in cui ci si limita a fare qualche piccola manutenzione». Per questo, annuncia Marcegaglia, al tavolo del governo Confindustria presenterà un documento, «un manifesto delle imprese, insieme alle altre associazioni, per salvare l’Italia. Un documento - ha proseguito Marcegaglia - che non riguarda le imprese, ma è per l’Italia. Se il governo è disponibile a parlare con noi e con le altre associazioni, bene. Se invece vuole andare avanti con piccole cose, non siamo più disponibili, scindiamole nostre responsabilità, perché vogliamo un cambiamento vero». E giù con l’elenco delle cose che il governo dovrebbe fare: riduzione della spesa pubblica, cioè «riforma delle pensioni che ci metta in linea con gli altri Paesi europei»; vendita dei beni pubblici; liberalizzazioni; infrastrutture; riforma fiscale, «perché occorre abbassare le tasse a chi tiene in piedi il Paese, lavoratori e imprese. Siamo pronti anche a una piccola patrimoniale, lo abbiamo detto, pur di avere meno tasse». L’aut aut degli industriali a Berlusconi arriva in un altro giorno di tensione sui mercati, dopo il tonfo di giovedì delle Borse europee. E che la situazione si quasi fuori controllo, lo dimostra il comunicato emesso a sorpresa al termine del vertice del G20, nel quale i ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali dei 20 paesi più industrializzati prendono ufficialmente l’impegno di dare una «risposta forte e coordinata per affrontare le nuove sfide dell’economia mondiale» e diprendere «tutte le misure necessarie per preservare la stabilità del sistema bancario e dei mercati finanziari». In altre parole, sarà aumentato entro metà ottobre il fondo salva-stati. Intanto, però, si fa sempre più complicata la vicenda greca. Moody’s ha tagliato il rating di otto banche di Atene confermando il proprio l’outlook negativo. Tradotto: l’insolvenza è un passo. Tanto che Klaas Knot, membro del board Bce, ammette: «Sono meno sicuro di escludere il fallimento». E infatti, il ministro greco delle finanze, Evangelos Venizelos, in viaggio verso Washington, sarebbe già al lavoro per un default controllato, con il taglio fino al 50% del valore dei titoli di Stato in circolazione. Dal governo di Atene giungono solo no comment alle indiscrezioni della stampa locale. Anche perché Venizelos potrebbe voler presenterare la sua proposta prima alla comunità internazionale. Knot è uno dei primi funzionari dell’Eurotower a parlare pubblicamente di un possibile default di Atene, dopo chela Bce ha sempre insistito che un fallimento dovrebbe essere evitato ad ogni costo, perché potrebbe destabilizzare la zona euro. Resta però che senza la svalutazione la Grecia correrebbe verso il fallimento. A meno che la comunità internazionale non aumenti i suoi aiuti. Proprio quello che spera il ministro Venizelos.

 









   
 



 
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