Non si tratta di voler essere critico a tutti i costi, per il piacere di "farla fuori...." ma il discorso di Bagnasco non mi è piaciuto, l’ho trovato assolutamente fuori posto e fuori tempo. L’impressione che ha dato è quello di una toppa da sistemare in uno strappo diventato troppo largo, ma si vede proprio che si tratta di una toppa e anche male assortita. Lo strappo non si nasconde con le pezze, al contrario se ne cerca l’origine e si opera in una ricucitura facendo ammenda degli errori, riconoscendo la inalterabilità delle parole di Cristo che non possono essere interpretate a piacimento o per soddisfare l’avida voglia di compiacimento del potente da ossequiare e assolvere con improponibili contestualizzazioni anche della bestemmia. Tra il popolo della Fede e il mondo cattolico si è consumato uno strappo che non tollera pezze posticce, ma necessita di una retromarcia consapevole degli sbandamenti che tale strappo hannoprovocato. L’atteggiamento permissivo e pietosamente ammiccante dell’attuale pontefice nei confronti del’attuale premier è stato usato, sfruttato, per giustificare agli occhi dei fedeli tutte le contraddizioni che hanno generato confusione nelle coscienze più fragili e una logica reazione nel mondo del “cattolicesimo dei fedeli”. Si è dato spazio ad un improponibile “cattolicesimo degli atei”, per l’occasione chiamati e identificati come agnostici da recuperare, mentre atei sono rimasti da Marcello Pera a Ferrara e a tutti i quei baciapile che si battono il petto, ma solo in occasione di una telecamera puntata. “Santo puttaniere” è stata le definizione dell’on. Rotondi rivolta al cavaliere, nel patetico tentativo di assolvere il “puttaniere” il nome e per conto di una “santità” che solo Rotondi riconosce al cavaliere, utile solamente ad aumentare quello strappo dalla religione in nome della Fede, in quanti ancora rispettano la santità frutto ditestimonianza. Per ristabilire l’equilibrio tanto svilito non bastano le parole di Bagnasco, anche perché largamente tardive, quando ancora oggi circola il libercolo di Marcello Pera “Perché dobbiamo dirci cristiani”, che il pontefice ha voluto “nobilitare” con una presentazione a dir poco blasfema, firmandola “Benedetto XVI” quasi a volerla imporre in nome di una fallace infallibilità, rapportando il liberismo berlusconiano al cristianesimo, come se Cristo, storicizzato e materializzato, fosse stato l’antesignano dell’economia di mercato e non avesse scacciato i mercanti dal tempio, ma si fosse associato alle loro speculazioni per lucrare benefici fuori ordinanza. Spuntano le prime crepe dentro il panorama della ufficialità della religione che fa politica; il governatore sella Lombardia, Formigoni, massimo esponente di CL, ha affermato che nelle parole di Bagnasco non c’è alcun riferimento al premier, aprendo un contenzioso con lestanze vaticane che non promette nulla di buono nei rapporti religione/politica, come se fossero tornate le lotte per leinvestiture. Il mondo della Fede è altrove e non apprezza i bisogni (finalmente direbbero i più ottimisti) di riequilibrio che hanno suggerito le parole a Bagnasco, perché la Fede salva da questa religione.
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