Il premier Silvio Berlusconi ha chiesto stamani alla Camera di confermare la fiducia al suo governo, a cui ha ribadito non c’è alternativa. Le opposizioni, tranne i radicali, non erano in Aula e non hanno ascoltato il discorso del presidente del Consiglio. Dopo il suo intervento il premier ha posto la questione di fiducia sulla risoluzione presentata dalla maggioranza sulle sue comunicazioni. Il voto è previsto venerdì. Nessun «passo indietro» dunque del premier. La maggioranza, assicura , nel suo discorso di una ventina di minuti pronunciato in aula per metà vuota per la decisione dell’opposizione di non essere presente, «è coesa», le elezioni anticipate non risolverebbero i problemi del paese, un governo tecnico non avrebbe l’autorità per fronteggiare la crisi. Ma se il governo perdesse la maggioranza alla Camera, allora non ci sarebbero alternative: «La parola deve tornare agli elettori». «A chi ci chiede un passo indietro rispondiamo che maicome in questo momento sentiamo la responsabilità di non accondiscendere; e non lo faremo non per preservare una posizione di potere ma perché il nostro governo non ha alternative credibili», ha rilevato il premier. «Il nostro governo comunque andrà avanti senza farsi condizionare da nulla se non dal rispetto della Costituzione e degli impegni europei», ha proseguito. Berlusconi, nell’aula di Montecitorio, riconosce la «gravità» dell’«incidente parlamentare» di martedì scorso, quando la Camera ha bocciato l’articolo uno del rendiconto generale dello Stato; ma si tratta appunto di un «incidente» che non può avere «improprie conseguenze sul piano istituzionale» . Il Cavaliere precisa che «non si farà lapidare». Il governo «porrà rimedio» all’incidente con la presentazione di un nuovo rendiconto da presentare al Senato e con il voto di fiducia, che servirà a «sanare» la «situazione anomala che si è creata». Il premier si mostra poi duro con chi lo attacca ma tende la mano a chi vorràinvece cominciare a «discutere di proposte concrete dando prova di responsabilità civile»: chi accetterà di confrontarsi, aggiunge, sarà considerato come «un interlocutore utile valido». Berlusconi sta ben attento a non rompere il rapporto con il Quirinale. Al Giorgio Napolitano riserva lodi, quando di che che «la vigilanza del presidente della Repubblica» sul rispetto delle regole «è impeccabile». Napolitano, sottolinea il premier, «sorveglia e regola il funzionamento delle istituzioni e stimola i soggetti della politica senza fare politica». La sua volontà è quella di dimostrare, con il voto di fiducia, che al suo governo «non cè un’alternativa credibile nelle assemblee parlamentari». E non si tratta solo di numeri, di «un fatto aritmetico»: per Berlusconi l’opposizione, «unita solo dall’antiberlusconismo» e capofila di una «campagna demolitrici» contro il premier (e oggi, nota guardando i seggi vuoti, «addirittura sparita»), è in realtà «divisa su tutto» e non è dunque in gradodi dar vita a un «esecutivo di ricambio». Ma Berlusconi sa che c’è chi punta a un governo tecnico, e per questo pronuncia un anatema contro chi lavora per questo sbocco: «È finita l’epoca in cui i governi li facevano una casta di capipartito. Oggi i governi li fanno gli elettori scegliendo un simbolo sul quale è scritto il nome del candidato premier». Per questo, se il suo governo cade si dovrà tornare al voto: «Questo è il sale della democrazia, nell’epoca del bipolarismo, e questa è la regola che, smentita da pasticci e ribaltoni anche in epoca recente, dobbiamo invece preservare se non vogliamo che vinca il partito degli sfascisti». C’è infatti da fronteggiare una crisi che non fa sconti, e Berlusconi rivendica la capacità del suo governo di tenere la rotta: l’Italia, dice, ha un debito pubblico «enorme» che però «è stato reso sostenibile da questo governo, che ha garantito un avanzo primario da primi delle classe». L’Italia «è un sistema vitale, esportatore, ricco e vitale» e «cela farà». «Il nostro governo - aggiunge Berlusconi - andrà avanti senza farsi condizionare da nulla se non dalla Costituzione e dalla responsabilità europea». E a chi chiede un «passo indietro», Berlusconi risponde a muso duro: «Non accondiscenderemo mai a questa richiesta». Tanto più che , afferma, un governo tecnico che gli subentrasse non avrebbe «più forza» nel prendere le decisioni, anche «impopolari», che serviranno per «mettere al riparo l’Italia dalla crisi economica». Il premier si assegna una buona pagella per quanto fatto finora: la manovra estiva garantirà il pareggio di bilancio nel 2013. Ma ora bisogna dedicarsi allo sviluppo, e Berlusconi promette un provvedimento che farà uscire l’Italia dalla crisi. Si coglie una sfumatura antitremontiana quando il premier dice che «una politica di rigore senza la crescita rischia di condurre alla stagnazione e al peggioramento dei conti pubblici». «Noi - insiste il premier - vogliamo sconfiggere la strategia della paralisi e delpessimismo, e con il decreto sviluppo metteremo un mattone nel muro contro la sfiducia». Torna la sua promessa di utilizzare la fase finale della legislatura «per avviare la crescita e completare le riforme». Tra queste, la riforma istituzionale, per garantire a chi governa di poter «agire rapidamente»; la riforma fiscale («ridurre il carico del fisco sui soliti noti e portare gli evasori nell’area dei virtuosi»), e la riforma della giustizia, per «porre fine all’uso politicizzato che ne viene fatti». La conclusione è tutta per l’opposizione, divisa tra nemici e possibili alleati. «Chi nell’opposizione ama sfregiare il paese, chi vuole continuare a erigere patiboli e continuare a lapidare ogni giorno un nuovo capro espiatorio sappia che ci troverà come ostacoli sulla sua strada; chi invece vuole fare proposte concrete e discutere dando prova di responsabilità civile sarà un interlocutore utile e valido». Domani sera ci sarà ancora il governo? «Sì». Così risponde il leader della LegaUmberto Bossi alla domanda dei giornalisti che lo interpellano all’uscita dall’Aula dopo il discorso di Berlusconi. «Berlusconi ha fatto un discorso penoso sul piano politico. Non ha risposto in alcun modo al presidente della Repubblica su come intende governare al di là delle fiducie. Siamo allo sbandamento totale». Questo il commento del segretario del Pd Pierluigi Bersani. «Sull’esito del voto di fiducia di domani non faccio pronostici - ha aggiunto il leader del Pd - ma oggi in Aula il premier ha fatto un richiamo all’ordine e quindi penso che la sopravvivenza possa ancora funzionare. Purtroppo è sopravvivenza e non governo del paese perché siamo agli ultimi colpi di un tramonto fiammeggiante». «Vedo nero, vedo l’incancrenirsi della situazione per l’assenza di risposte da parte di Berlusconi alla crisi e l’avvitamento di una crisi che pesa sulle spalle degli italiani». Così Enrico Letta, vicesegretario del Pd, ha commentato a Sky Tg24 il discorso del premier. «Il discorso diBerlusconi oggi chiama elezioni a marzo», e alle urne «la base dell’alternativa» è costituita dall’unità delle opposizioni, che si è manifestata oggi con l’abbandono dell’aula da parte loro, ha poi sottolineato Letta. «Mi rifiuto di ascoltare Berlusconi che si comporta come Anna Marchi della televendita politica». È questa la critica rivolta da Antonio Di Pietro al premier. «Questo governo - ha sottolineato - non esiste più, servono al più presto le elezioni anticipate. Siamo tuttavia disponibili verso un governo di transizione di durata limitata con l’obiettivo principale di cambiare la legge elettorale». «Comunque vada oggi, non è possibile andare avanti così. Domani Berlusconi prende la fiducia, dopodomani saranno daccapo a litigare e dividersi. Bisogna unire le parti migliori in un governo del Presidente»: lo dichiara il leader di Alleanza per l’Italia, Francesco Rutelli, intervenendo a Unomattina. Intanto stamani il Consiglio dei ministri ha rinviato a domani l’esame della leggedi stabilità e del ddl che dovrebbe essere ripresentato alla Camera per superare la bocciatura del rendiconto generale.
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