Indignazione permanente all’ombra del Partenone
 











I greci non sembrano proprio essere d’accordo con Sergio Marchionne. Se l’amministratore delegato di Fiat, da Torino, ieri ha detto che «scioperare, protestare non serve a niente», anzi, di più: che «gli scioperi in Grecia, per due giorni, sono cose che non risolveranno niente», non tutti la pensano così. Decine di migliaia di persone hanno scelto di scendere in piazza, ieri, ad Atene e Salonicco e Patrasso ed Heraklion, a Creta, tra le altre, per protestare contro le ultime misure draconiane imposte dai creditori internazionali del governo del premier Giorgios Papandreou.
I nuovi provvedimenti, che a meno di inattese sorprese saranno comunque approvati oggi in parlamento dalla maggioranza di centrosinistra, prevedono il taglio di circa 30mila dipendenti nel settore pubblico entro la fine dell’anno, il blocco dei contratti di lavoro collettivi e l’imposizione di nuove tasse.
Quella di ieri è stata una delle manifestazioni più partecipatedall’inizio della crisi che ha messo in ginocchio la Grecia, costellata dai soliti, violentissimi scontri condotti dai soliti, violentissimi ignoti. Nel primo dei due giorni di sciopero generale, proclamato dai due più grandi sindacati locali insieme ad altre sigle minori, il paese è stato praticamente paralizzato. Nella capitale la manifestazione si è svolta attraverso quattro differenti cortei, che sono confluiti tutti nella centralissima piazza Syntagma, su un lato del quale si trova il parlamento nazionale.
Anche ieri Atene è stata flagellata da scontri violentissimi tra giovani incappucciati (ogni altra definizione rischia di essere approssimativa) e polizia. Con un livello di conflitto che fa impallidire i pur fieri "incappucciati" italiani, a piazza Syntagma alcune centinaia di giovani hanno dato alle fiamme tutto il combustibile, compresa una (evidentemente reazionaria) edicola di via Akademias, a poche centinaia di metri da piazza Syntagma. Contro la polizia e la statua delmilite ignoto presidiata dagli agenti sono state scagliate pietre e molotov.
Le cronache locali raccontavano di una fitta nube acre di gas lacrimogeni e fumi vari, e di cariche degli agenti che si sono spinte fin nelle vie laterali della piazza, all’inseguimento degli incappucciati. Che tra le altre cose hanno assalito in gruppo un poliziotto in borghese uscito dopo il servizio dal palazzo del consiglio dei ministri, mandandolo in ospedale e rubandogli la pistola d’ordinanza. Chissà per farci cosa.
Nel momento in cui scriviamo il bilancio, sicuramente provvisorio, parla di una ventina di feriti tra i manifestanti e altrettanti tra le forze dell’ordine. Quindici sarebbero invece i fermi e dieci gli arresti.
Il destino della Grecia sarà più chiaro dopo il vertice dell’Unione europea che si terrà a Bruxelles il prossimo 23 ottobre. La Grecia sta ancora aspettando con ansia il via libera all’ultima tranche da otto miliardi di euro del primo pacchetto di aiuti varato dalla troikacomposta da Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea e Ue. I vertici dei paesi e delle istituzioni coinvolte stanno ancora aspettando il rapporto degli ispettori inviati ad Atene per verificare il rispetto delle condizioni imposte.
Ieri, intanto, il leader del partito di opposizione di centrodestra Nea Dimocratia, Antonis Samaras, ha rifiutato l’invito del premier Papandreou di volare insieme a Bruxelles per presentare una posizione condivisa. Non c’è nessuna condivisione possibile, ha risposto Samaras.
Sempre ieri sera, il passaggio di consegne, a Francoforte, tra Jean-Claude Trichet e il dimissionario governatore della Banca d’Italia Mario Draghi alla guida della Bce, è stata l’occasione per un incontro al vertice che ha preparato il terreno per il summit Ue. La cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy, con i rispettivi ministri delle Finanze Schäuble e Baroin, si sono riuniti alla presenza di Trichet, Draghi e della presidentedel Fondo monetario internazionale Christine Lagarde, del presidente del Consigli europeo Van Rompouy e del presidente della Commissione Barroso. Nel momento in cui scriviamo dall’incontro non è ancora trapelata alcuna informazione. Ma è comunque probabile che gli invitati tengano le bocche cucite per non innervosire gli altri partner europei, che già soffrono di un forte complesso di esclusione.  Matteo Alviti









   
 



 
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