MASTELLA RILANCIA L'AMNISTIA
 







di Sara Menafra




Dopo tanto parlare una cifra sui risultati plausibili dei provvedimenti di indulto e amnistia c'è. L'ha infilata il guardasigilli Clemente Mastella nella sua prima relazione alla commissione giustizia del senato. E con i dati delle carceri italiane, che ospitano 61.353 persone mentre potrebbero contenerne al massimo 45.490, sono numeri che fanno pensare: con un indulto fino a due anni uscirebbero di galera 10.481 detenuti, cifra che salirebbe a 12.756 se l'indulto fosse a tre anni e che aumenterebbe di un altro 20% se all'indulto si aggiungesse una amnistia per i reati fino a quattro anni, analoga a quella approvata nel 1991. E' solo un invito. Vista la legge che impone una maggioranza di due terzi per approvare i provvedimenti di clemenza, si spiega Mastella: «La prospettiva che intendo segnalare va intesa come stimolo alle forze politiche per maturare elementi di serenità, poiché, ove questo sforzo si realizzasse in maniera congiunta, il meritonon sarebbe solo del governo ma di tutto il parlamento». E appena uscito dalla discussione al Senato - che si ripeterà oggi davanti all'analoga commissione della Camera - il ministro ammette di essere «preoccupato» per i primi scioperi della fame nelle carceri: «L'estate è sempre una stagione particolare e difficile per chi è là». Da destra per il momento nessuno risponde.
Anche sul tema delle intercettazioni il ministro della giustizia sembra avere le idee chiare. Un termine per presentare l'eventuale disegno di legge ancora non c'è, ma il progetto è chiaro: «Adeguate sanzioni pecuniarie a carico di testate giornalistiche che illegittimamente pubblichino documenti» coperti da segreto, e sul versante amministrativo, attuazione del codice per la privacy messo a punto dal Garante nel 2003.
Più complicata la gestione degli strascichi della riforma Castelli. Prima di presentarsi al senato, ieri mattina il ministro si è buttato in una vivace litigata con i penalisti. Davanti allariottosa platea dell'Unione camere penali che ha tenuto la prima giornata di sciopero a favore della riforma Castelli, ha reagito deciso. «Non accetto diktat da voi né da nessun altro» ha alzato la voce davanti ai mugughi che accompagnavano il suo discorso: «Non voglio usare la clava con voi ma c'è qualcuno che la clava l'ha usata sui magistrati che hanno scioperato con una adesione dell'87%, più dei metalmeccanici. Cercherò di riportare un clima di serenità ma alla fine non mi interessa sapere se avete ragione voi o i magistrati perché io sto dalla parte dei cittadini». Tra l'assemblea degli avvocati e la commissione del senato, a cui ha presentato una relazione di 47 pagine, il ministro Mastella spiega di voler cancellare l'impianto della riforma «da ancien regime», annullando il sistema dei concorsi, la gerarchizzazione delle procure e l'intero sistema di sanzioni disciplinari e riportando a 30 il numero dei consiglieri del Csm (il centrodestra l'aveva portato a 24 con una leggeprecedente alla riforma). Ma un punto della riforma Castelli rimarrà e difficilmente farà piacere alle toghe: la separazione delle funzioni che almeno in parte vorrà dire anche irrigidimento delle carriere. Dopo di lui ai penalisti la spiega meglio il sottosegretario Luigi Li Gotti, fino a pochi mesi fa avvocato conosciuto e apprezzato: «La separazione delle funzioni è scritta sul programma del governo e non intendiamo fare nessun passo indietro, ma serve una rimodulazione perché non troviamo giusto che un magistrato che ha appena vinto il concorso debba decidere subito che carriera fare nei prossimi quaranta anni». Per ora partirà la moratoria sulla riforma Castelli, e infatti questa mattina la commissione giustizia del senato comincerà a discutere il disegno di legge che blocca quel testo e i relativi regolamenti attuativi fino a marzo 2007. Poi la discussione continuerà.
A fine giornata una parte dei magistrati sembra convinta che la posizione del ministro rappresenti unaapertura. Di certo sembra entusiasta il presidente dell'Anm Giuseppe Gennaro: «Abbiamo avuto la fortuna di incontrare un ministro della giustizia disponibile al dialogo, aperto al confronto e seriamente intenzionato a porre rimedio ai reali guasti della giustizia. Moltissime nostre considerazioni già svolte al tempo del governo Berlusconi hanno trovato ingresso». L'associazione nazionale magistrati riunisce oggi la propria giunta e molti dei suoi leader preferiscono aspettare quella riunione prima di esprimere un giudizio. «Un bravo bene incondizionato sarebbe fuori luogo in questo momento» dice ad esempio Nello Rossi, segretario dell'Anm in quota Md. E si capisce che i magistrati dopo la batosta presa con il mancato decreto «blocca riforma» vogliano essere prudenti.da Il Manifesto
 
 
 









   
 



 
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