Il nodo è la rappresentanza politica del lavoro
 











Il forum di Liberazione ha avuto il merito di mettere a tema la questione di fondo, sulla quale a sinistra sarebbe necessario fare chiarezza: come è possibile contrastare, lottando per un’alternativa praticabile, il modello sociale del capitale finanziario globale? Un assetto conformato sui "liberi mercati" americani e basato sul più brutale sfruttamento della persona umana e della natura, fino a mettere a repentaglio l’esistenza stessa del pianeta, che ha prodotto una crisi esplosiva tra disuguaglianze e impoverimento, malessere diffuso e spogliazione di interi Stati, alimentando ovunque nel mondo violenze, conflitti e guerre. A quali condizioni si può imboccare il sentiero che ci porti fuori da un sistema così ingiusto, oneroso e pieno di rischi? Con quali forze? Con quali strumenti e obiettivi? E come si dovrebbe agire, nel contesto mondiale ed europeo, in un Paese come l’Italia?
Sono interrogativi difficili e stringenti, che richiedono unadura applicazione teorica e pratica, una costante disposizione all’ascolto, e anche un’inedita capacità di sintesi in grado di tenere insieme diversi aspetti dell’agire umano. Sicuramente, nella ricerca delle risposte, sono da bandire le improvvisazioni, le mosse ad effetto, i puri tatticismi della politica politicante, come appaiono, in assenza di un confronto aperto sui contenuti, operazioni quali le primarie "a prescindere" per incoronare un capo che aspira al potere.
Andando alle questioni fondo, il punto di vista di Fausto Bertinotti, peraltro ampiamente noto, è che la politica, essendo stata inglobata in questa fase storica nel "recinto" del capitale, non ha spazio né prospettiva. Quindi, l’unica speranza sono le rivolte, alla cui sostanzialità purificatrice della politica stessa bisogna affidarsi. In altre parole, dall’autonomia del politico si passa all’autonomia del sociale. Resa inservibile la politica dall’incantesimo dei mercati, non avrebbe più senso la vecchiaimpostazione che puntava sulla formazione di soggetti politici organizzati ai quali restituire la necessaria massa critica. Paolo Ferrero e Dino Greco, invece, ritengono che «il problema è proprio la connessione» tra il sociale e il politico, e «la costruzione di un polo della sinistra autonomo culturalmente e politicamente». Per poi dichiarasi d’accordo con Maurizio Landini sull’impianto di «una sola sinistra - sono parole di Ferrero - che sta dalla parte del lavoro».
Devo dire che mi ha colpito l’insistenza con la quale Landini ha posto il problema della rappresentanza politica dei lavoratori, un tema di fatto derubricato da partiti e sindacati da circa un decennio, che invece a mio parere è esattamente il centro del problema: sia perché implica una riforma complessiva del sistema politico che elimini un fasullo bipolarismo coatto, sia perché la Fiom è il sindacato-movimento che con maggiore forza e coerenza pone la questione della democrazia in particolare nelle relazionieconomiche, prospettando un modello alternativo a quello padronale. E quindi fa appello a una sinistra capace di alternativa, al tempo stesso in grado di dare risposte concrete ai drammatici problemi della quotidianità.
Il fatto è che proprio la separazione tra il sociale e il politico, che adesso viene confezionata come una scoperta dell’ultima ora, in realtà sta all’origine non della dissoluzione della politica bensì della sua privatizzazione, e dunque della sua conversione, da strumento a disposizione delle classi subalterne per trasformare la società, in braccio armato del capitale per reprimere le classi subalterne. Se analizziamo la stagione della "seconda Repubblica" possiamo constatare che la separazione del sociale dal politico, e viceversa, ha condannato la politica alla subalternità e i movimenti all’impossibilità di incidere politicamente. Sulla frattura tra il sociale e il politico, e su una doppia autoreferenzialità, della politica e dei movimenti, ha prosperato ildominio del capitale.
Oggi non ci può sfuggire che le rivolte di queste settimane, nel loro pluralismo sociale e culturale, esprimono il bisogno di una nuova e inedita politicità comunitaria, orientata a mettere sotto controllo i fattori scatenanti della crisi. E’ successo il 15 ottobre anche a Roma, dove pure un enorme potenziale democratico è stato sequestrato da azioni distruttive che penalizzano gravemente l’espansione del movimento. Il problema allora non è tenersi lontani dalla politica, ma lottare per cambiare i contenuti e le forme della politica.
Emerge con tutta evidenza il nodo ineludibile dell’organizzazione e della rappresentanza politica dei nuovi lavoratori del XXI secolo, in tutte le loro forme ed espressioni, che di questa crisi sono le vittime privilegiate sebbene non esclusive. Al di là di ogni pur importante discussione, la lotta della Fiom e degli operai della Fiat ha reso esplicito il problema, e lo ha posto con i piedi per terra.
Pur restando sul terrenostrettamente sindacale, quando ha messo a tema la questione della non negoziabilità del contratto nazionale, dei diritti (tra cui quello di sciopero) e della democrazia, la Fiom ha nella sostanza indicato i contorni di un modello alternativo a quello padronale. Un’alternatività che risulta ancora più netta allorché viene sollevato il problema degli investimenti e della garanzia dell’occupazione, della ricerca scientifica e tecnologica, dei nuovi prodotti, e più in generale di un modello di mobilità diverso, non inquinante e non centrato sulla priorità del mezzo privato.
Cosa e per chi produrre? E ancora: chi e come decide sul cosa e per chi produrre? E come far sì che lo scopo della produzione sia orientato al soddisfacimento del bisogno sociale di una mobilità sostenibile? E’ solo un esempio, ma è evidente che in assenza di un soggetto politico di peso che assuma tale finalità, il disegno di un modello alternativo resta un castello in aria. Allora, se tale soggetto mancaall’appello, forse è arrivato il momento di rompere gli indugi e di affrontare concretamente il problema della sua costruzione, nei territori e nelle diverse realtà del Paese. Paolo Ciofi









   
 



 
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