Libia, dai morti di guerra a quelli sul lavoro
 











Dai morti di guerra a quelli sul lavoro. La nuova Libia conosce la sua prima strage "democratica", con un tempismo beffardo e crudele, ossia 24 ore dopo la proclamazione della liberazione nazionale dal regime di Gheddafi. Un deposito di carburante è infatti esploso ieri mattina nella città libica di Sirte. Secondo quanto riferisce la tv satellitare "al-Arabiya" si contano più di cento vittime tra i lavoratori dell’impianto, mentre i feriti sarebbero poco più di una cinquantina. Inizialmente si era pensato a un attentato, ma c’è voluto poco per capire che si trattava di un’incidente. Sarebbero due serbatoi di carburante l’epicentro della devastante deflagrazione. A provocare l’esplosione dei due depositi, ancora in fiamme ieri sera, sarebbe stato un corto circuito, come hanno confermato le nuove autorità libiche per bocca di Leith Mohamed, uno dei comandanti del Consiglio nazionale di transizione, il quale parla di momenti «strazianti». Isoccorritori si sono infatti trovati di fronte a una scena da Apocalisse, con le lingue di fuoco alte nel cielo e decine di corpi cabonizzati. Intanto nel paese nordafricano la situazione non ancora delle più tranquille, e la minaccia di attacchi da parte dei fedelissimi dell’ex raìs appare più che concreta. Tanto concreta che ieri il ministro del Petrolio e delle Finanze, Alì Tarhouni ha chiesto esplicitamente all’Alleanza atlantica di prolungare la sua permanenza oltre il 31 ottobre come invece era stato stabilito in precedenza: «Chiedo alla Nato di rimanere almeno un altro mese», ha affermato Tarhouni in una conferenza stampa a Bengasi. Una richiesta che la Nato sta valutando in queste ore: «Ci consulteremo strettamente con l’Onu ed il Cnt prima di prendere una decisione finale: questa consultazione è in corso e la decisione finale spetta al Consiglio nordatlantico», ha replicato la viceportavoce Carmen Romero. Con ogni probabilità il nodo verrà scelto entro stasera. Nel giorno incui il corpo di Gheddafi è stato seppellito in un’ignota località assieme al figlio Motassim, in una cerimonia avvenuta «con il dovuto riguardo» giurano fonti vicine al Cnt, continua la giostra contraddittoria di notizie sulla sorte di un altro figlio, Saiff al-Islam, erede diretto del colonnello. Sempre secondo il Cnt Saiff sarebbe in fuga dal Paese nel triangolo tra Niger e Algeria, a sud della città di Ghat, protetto da un gruppo di lealisti nonché in possesso di un falso passaporto. La fonte del Cnt ha affermato che l’ex capo dell’intelligence di Muammar Gheddafi, Abdullah al Senussi, è coinvolto nel tentativo di fuga, e aggiunto: «Nel sud sono state intercettate comunicazioni via Thuraya (telefoni satellitari). Abdullah Senussi è stato nella zona di frontiera per organizzare l’uscita» di Saif al Islam, e «anche una fonte di intelligence» di un Paese vicino «ci ha dato una "soffiata" a riguardo».









   
 



 
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