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"Con il taglio di venti punti nascita in tutta la regione possiamo diminuire la percentuale di parti cesarei, ma chi non fa nulla per ridurli sia nel pubblico che nel privato ne pagherà le conseguenze". E’ l’avvertimento dell’assessore alla Sanità, Tommaso Fiore, in merito al numero eccessivo di cesarei registrato in Puglia: 17mila su un totale di 37mila parti ovvero il 46,7% che fa della Puglia la quarta regione in Italia per incidenza di interventi chirurgici. Per l’assessore i motivi sono molteplici: "Ci sono aspetti opportunistici che fanno del cesareo un metodo preferibile al fisiologico. Una delle sue utilità è sicuramente la riduzione di morti pre-natali, ma un suo ricorso eccessivo spinge verso una concezione industriale del parto". All’interno della categoria si è riacceso un dibattito sulla necessità o meno del frequente ricorso all’intervento chirurgico. C’è chi denuncia un mancato rispetto delle linee guida e professa la volontà dipraticare più parti fisiologici, e chi ritiene invece che il cesareo sia un modo per garantire la salute della donna e del bambino. Su un punto, però, tutti sembrano concordare: la distinzione tra metodo pubblico e metodo privato. Esemplari i casi del Di Venere a Bari e del San Camillo a Taranto. Nel primo l’incidenza dei cesarei è a quota 62%, una cifra "non riconducibile a esigenze di profitto - come sostiene Filippo Boscia, primario del reparto di ginecologia e ostetricia - ma causata dal fatto che la nostra è una struttura di riferimento regionale per le gravidanze a rischio, una delle poche ad essere dotate di terapia intensiva neonatale". Cifra che comunque rimane elevata se paragonata ad esempio a quella della clinica Mangiagalli di Milano: anche qui si concentrano i casi più complessi provenienti da tutta la Lombardia, ma su settemila parti solo il 41% sono cesarei, cioè il 21% in meno del Di Venere dove si fanno meno di duemila parti all’anno. Poi ci sono casi comequello della casa di cura San Camillo a Taranto, struttura privata accreditata. In direzione sanitaria non sanno come spiegare l’80% dei parti cesarei, se non scaricando le responsabilità sull’ex primario di ginecologia, "andato via sette mesi fa" come dice il direttore Cosimo Martinucci. Per il vicedirettore sanitario, Franco Marcello, uno dei motivi dell’alta incidenza di cesarei nella struttura "è perché ci troviamo in una zona difficile, il quartiere Tamburi, dove ci sono donne con cinque o sei figli". Inoltre alle case di cure riunite Villa Serena e Nuova San Francesco, istituto privato accreditato di Foggia, hanno fatto quasi il pieno di parti cesarei: 95,45 per cento. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità i cesarei non devono superare la soglia del 15 per cento del totale delle nascite. Una strana motivazione alla quale risponde lo stesso assessore Fiore: "come in tutte le strutture accreditate, sanno che anche per loro valgono le stesse regole degli ospedalipubblici e tutti devono rispettarle. Chi non lo fa passa i guai".
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