Mario Monti e il risveglio dall’incantesimo berlusconiano
 











È finito l’incantesimo del formidabile piazzista politico-mediatico che ha ipnotizzato tanti italiani, preda del perverso meccanismo proiettivo-identitario del mito del capo: vincente, potente, ricco, spregiudicato… Che faceva gli affari suoi, ma che i tanti Narcisi mimetici e telecomandati faceva specchiare nello stagno del feticcio delle merci esaltato dalle sue tv commerciali. Quelle che il suo amico Bettino Craxi ha aiutato a diventare impero. E dalle quali si lanciava il “riflusso” di “disimpegno” e “rampantismo”. Tre parole d’ordine per archiviare il processo di emancipazione individuale e sociale del decennio precedente.
Erano gli anni Ottanta. E Drive in diventava la trasmissione cult della televisione berlusconiana, dove la normalizzazione passava con la risata per la battuta spesso volgare e lo sgranar d’occhi per i corpi da materasso di donnine sciocche e ammiccanti. Potremmo dire che Drive in è stato il modello identitario dellastrategia di Berlusconi, che ha sempre parlato al basso ventre (molto basso) degli italiani, dileggiando Costituzione, Istituzioni, Cultura.
Il modello di tv commerciale è stato traslato alla politica. Così, mentre la soap opera insegnava a non distinguere più tra sogno e realtà, sulla mercificazione di cose e persone si ergeva il sistema di potere del principe. Un rigurgito di vassallaggio dove prolificavano anche inquietanti trasmigrazioni di non sempre pudichi voti di scambio, che rimbalzavano graziosamente da un palazzo o una villa a uno scranno parlamentare o almeno consiliare. E che comunque assicuravano alle sue scorte mirabolanti carriere. Almeno televisive. Bastava aver Fede!
All’ombra del capo sono cresciute corti e coorti di lestofanti e mestatori: collaborazionisti dell’informazione e della politica che gli hanno retto il gioco e reso il suo potere fuori ogni norma e e senso dello Stato.
Berlusconi è stato il medioevo mascherato di nuovo. Una mascheraimbellettata che come cera si è sciolta di fronte alla crisi finanziaria in cui ha trascinato l’Italia. È stato costretto a dimettersi solo di fronte al crollo in borsa delle sue stesse aziende di famiglia. Quella Fininvest in caduta libera nei mercati ha dimostrato che il conflitto di interessi non era il complotto di invidiosi sostenitori della lotta di classe!
Ma al suo ruolo di piazzista mediatico, Berlusconi non ha rinunciato. Così il giorno successivo alle sue dimissioni del 12 novembre, e poco prima che il Quirinale annunciasse ufficialmente l’incarico a Mario Monti per la formazione del nuovo Governo, ha mandato un video messaggio agli italiani, dove secondo copione ha continuato la sua soap opera dichiarando che la crisi non dipenderebbe da lui, che comunque si sarebbe dimesso per responsabilità, ma che comunque continuerà ad amare gli italiani e l’Italia che va riformata. Ovviamente a cominciare (vedi il caso!) dalla Magistratura.
Avrebbe dovuto dimettersi moltoprima, tutto il mondo glielo chiedeva. Gli italiani glielo avevano detto chiaro e tondo alle urne: sconfiggendo le sue coalizioni alle amministrative di maggio e con i quattro Sì ai referendum di giugno. Ma Berlusconi ha ricacciato indietro il vento della primavera democratica e ha pervicacemente continuato a fare i fatti suoi e nonostante gli scandali giudiziari che lo travolgevano.
Abusando delle garanzie democratiche della nostra Repubblica, ha continuato a galleggiare accattandosi gli Scilipoti di turno. Poi non ha avuto più i numeri in Parlamento: finanche chi con lui aveva straguadagnato cercava di scendere dalla nave prima che affondasse. Ma Berlusconi si arrocava ancora nel suo Drive in, suonando l’assolo del tutto-va-bene-madama-la-marchesa-fatto di immaginifici ristoranti, alberghi e voli aerei stracolmi.
Infine, messo all’angolo dal suo stesso conflitto di interessi, e grazie alla sapiente operazione istituzionale del Presidente della Repubblica, ha dovuto rispettarele regole costituzionali e dimettersi. Alleluja!
Adesso si spera di voltare pagina. Nella serata di domenica 13 novembre, Napolitano ha formalizzato l’incarico a Mario Monti per il Governo tecnico. Il professore ha accettato con riserva. Un bel segnale di omaggio alla Costituzione. Avrà infatti bisogno di qualche giorno almeno per scegliere i futuri ministri da proporre al Presidente della Repubblica per la nomina, e dovrà sondare la fiducia che il Parlamento vorrà accordargli.
L’Italia intanto ha una boccata di ossigeno! E così anche quei 200 miliardi di titoli di Stato in scadenza potranno essere salvati. Il mercato è salvo! Ma attenzione a non fare del Mercato il totem e il tabù.
Il Governo di Monti è tecnico, come si ripete, e deve mettere mani ai nostri guai economici. Ma l’economia non è svincolata dalle scelte politiche di tagli e investimenti. Allora, gli italiani non si aspettano salvatori della patria – di uomini della provvidenza e di unti del signore ne sonopassati già due.
Monti dovrà essere il Presidente del Consiglio di tutti gli italiani. E non solo dei banchieri. Per questo a nostro sommesso parere, dovrà operare una coraggiosa inversione di tendenza rispetto alle politiche berlusconiane che hanno incrementato precarietà e ricattabilità a favore di lobby, che ancora oggi – anche di là dal Tevere – pretenderebbero di imporre i propri diktat.
Il nuovo Esecutivo tecnico colga l’occasione per essere composto da persone competenti e libere da consorterie. E il Parlamento si attrezzi a fare una nuova legge elettorale che ripristini il valore e la legalità della nostra Repubblica parlamentare.
Gli italiani onesti – e sono ancora tanti – nel frattempo, si aspettano dal Governo Monti la forza e il coraggio dell’uguaglianza. Per assumerci tutti insieme la fatica di spazzare via le macerie del berlusconismo e curare le ferite profonde della amoralità che esso ha prodotto.
Bisognerà insomma coniugare Libertà e Giustizia, nellaricerca del bene-essere dei cittadini, che non coincide sempre col bene-avere dei pochi ricchi, ricchissimi, che di patrimoniale non vorrebbero neppure sentir parlare. Ma il professor Mario Monti tutto questo già lo sa. Maria Mantello

 









   
 



 
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