La mannaia sui giornali
 











Fine dei contributi diretti per i giornali a partire dal 2013. Agli appelli (il più recente del Presidente Napolitano) per il salvataggio delle testate di partito, cooperative e di idee strangolate da un sistema completamente sbilanciato a favore dei grandi editori e delle tv, il governo Monti nel decreto "spremi Italia" dà una risposta lapidaria: «il sistema di contribuzione diretta di cui alla legge 250», si legge nel testo definitivo reso pubblico ieri, «cessa alla data del 31 dicembre 2014, con riferimento alla gestione 2013». Una sentenza di morte certa, con l’esecuzione fissata tra 24 mesi. E per chi già adesso sta in pericolo gravissimo di vita (un centinaio di testate, tra le quali Liberazione)? In questo caso l’iniezione letale è, salvo correzioni, immediata: dal primo gennaio 2012 il governo rivedrà il regolamento per l’assegnazione dei fondi in modo da «conseguire una più rigorosa selezione dell’accesso alle risorse, nonché risparmi nellaspesa pubblica». E fin qui siamo d’accordo: i "professori" si impegnano a procedere al riordino (eliminazione dei giornali "finti", pubblicati solo per approfittare del finanziamento pubblico), da anni sollecitato dalla Federazione della stampa e dai giornali "veri". Ma a che serviranno i risparmi così realizzati? «Compatibilmente», è ovvio, «con le esigenze di pareggio di bilancio», serviranno all’innovazione tecnologica, a «contenere il costo delle materie prime», a informatizzare la rete distributiva. Ma soprattutto «sono destinati alla ristrutturazione delle aziende già destinatarie della contribuzione diretta». Cosa significhi secondo il governo «ristrutturazione» per testate che vedono complessivamente a rischio, secondo le stime, 4 mila posti di lavoro, non lo sappiamo. Nel caso specifico di Liberazione la ristrutturazione è già in atto: taglia 23 giornalisti su 30 e 6 poligrafici su 20. Non a caso il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, parla di «pietra tombalesull’editoria». «Le risorse destinate all’editoria erano già risibili e con l’ultima manovra del governo Berlusconi sono state tagliate da 170 milioni di euro a 45 per il 2012», spiega Fammoni. «Già così avrebbero provocato tante chiusure, ora prevedendo la cessazione del contributo diretto, nessuna banca farà più credito e la chiusura sarà massiccia e immediata». Analogo l’allarme della Fnsi: «Il governo non può essere inerte, né limitarsi a registrare il disastro», afferma il sindacato dei giornalisti, ricordando le diverse proposte presentate per reperire fondi senza ulteriore aggravio dei conti pubblici. «Tenere in piedi le antiche ricette dei "tagli mortali" senza prospettive - figli di una concezione dell’informazione come fastidio da rimuovere o comunque attività da assoggettare - non corrisponderebbe né a ipotesi di sviluppo né ad alcun criterio di equità, giacché una realtà di questo tipo favorirebbe solo i colossi e le concentrazioni». Ripetiamo la domanda già fatta domenica:sarà Monti a staccare la spina al pluralismo dell’informazione?

 









   
 



 
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