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Quell’anomala pensione nell’amministrazione penitenziaria |
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Si mandano in pensione gli operai esausti a sessantasei anni e si prepensionano i dirigenti bravi di meno di sessant’anni che vorrebbero viceversa lavorare. Il sistema non funziona proprio perfettamente. E’ del 20 di ottobre 2011 la direttiva dell’allora Ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma che ha dato avvio al prepensionamento di altissimi e qualificatissimi dirigenti dell’amministrazione penitenziaria. Tutto questo in un momento delicato di passaggio della titolarità del Dicastero verso la nuova responsabile Paola Severino. Nella direttiva, che porta la firma dell’ex Guardasigilli, viene citato il comma 11 dell’articolo 72 del decreto legge n.112 del 25 giugno del 2008 quale base normativa di riferimento utile per procedere unilateralmente alla risoluzione del contratto per quel personale che avesse maturato almeno 40 anni di contributi. Non stiamo parlando infatti dell’allontanamento di dirigenti esterni a contratto o di personalepara-politico, bensì della rimozione dal loro incarico di direttori penitenziari con esperienza pluri-decennale, i quali hanno passato vari lustri a dare dignità a un sistema spesso sull’orlo del collasso. Nella direttiva – quasi a suggerire le azioni successive da parte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) – si dice in modo ultroneo che la norma si applica anche ai dirigenti di prima e seconda fascia e ai dirigenti dell’amministrazione centrale. Effettivamente i provvedimenti successivi della direzione del personale del Dap hanno riguardato proprio questi ultimi. Invece quello che si attendeva da alcuni anni era un riassetto organizzativo di tutto il Dap. Giacciono inapplicate norme di natura impositiva introdotte a partire dalla legge finanziaria del 2007 che imponevano l’adozione di un Decreto del Presidente della Repubblica finalizzato alla riorganizzazione dell’amministrazione nelle sue articolazioni dipartimentali e delle corrispondenti direzioni generalie uffici dirigenziali con la contestuale riduzione delle dotazioni organiche, relative a tutto il personale contrattualizzato. Le amministrazioni che non avessero dato attuazione a quelle disposizioni (entro il 2008, termine prorogato poi al 2009) non avrebbero potuto procedere a nessun tipo di assunzione dal 2010. Fino a oggi la riforma è rimasta sulla carta. Proprio mentre si attendeva una bozza di decreto di riorganizzazione dell’amministrazione sono invece giunti nei giorni scorsi svariati provvedimenti individuali di prepensionamento nei confronti di dirigenti Dap posti ai vertici di direzioni strategiche. Molti i ricorsi presentati alla magistratura che determineranno uno stato di incertezza nella catena di comando. La direttiva non è stata certo dettata da una esigenza di risparmio visto che nello stesso periodo temporale sono stati assunti nuovi dirigenti generali. Il tutto con aggravio di spesa per il Ministero della Giustizia. L’amministrazione penitenziariaoramai è quasi tutta diretta da magistrati aventi funzioni amministrative. In una fase delicata quale quella attuale dove il Presidente della Repubblica ha espressamente detto che il sistema carcerario italiano è indegno, dove la questione penitenziaria è stata collocata al centro delle preoccupazioni del nuovo Ministro forse la decisione assunta lo scorso 20 ottobre e resa operativa nei giorni scorsi potrà subire ripensamenti. Se definitivamente portata a compimento rischierebbe di privare l’amministrazione penitenziaria proprio di quei funzionari che più di tutti conoscono i singoli istituti di pena. D’altronde è singolare mandare in pensione sessantenni in buona forma che vogliono lavorare, proprio in una fase storica dove si vogliono abolire le pensioni di anzianità e portare quelli di vecchiaia a 66 anni. Sarà che quei dirigenti erano troppo bravi e poco servili? Patrizio Gonnella
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