Non ha dissolto i molti dubbi e le tante incertezze che si addensano sul futuro del pluralismo dell’informazione l’audizione del sottosegretario con delega all’editoria, Carlo Malinconico, che si è tenuta ieri pomeriggio davanti alla commissione Cultura della Camera. L’unico fatto certo resta l’emendamento introdotto l’altra sera dai relatori della manovra Monti che prevede la possibilità, anche per il settore dell’editoria, di attingere al fondo speciale per le urgenze previsto dall’articolo 33 comma 1 (elenco 3) della legge di stabilità 2012. Fondo che è stato ulteriormente incrementato dalla legge di stabilità e che ammonta alla cifra di 1,14 miliardi. Incalzato dalle domande dei commissari, Malinconico però non ha saputo dire nulla sulla entità esatta della quota riservata all’editoria, e sui tempi e i criteri di erogazione. Un’incertezza che non aiuta affatto i gravi problemi del settore. A questo punto è difficile dire quanto lapossibilità di accedere al nuovo fondo possa essere considerata una notizia positiva. La sopravvivenza di molti quotidiani, di partito, cooperativa e noprofit, poggia proprio sulla necessità di avere nell’immediato, in molti casi entro il 31 dicembre prossimo, un quadro chiaro delle risorse disponibili su cui poter contare. Nessuna banca si azzarderà mai ad erogare linee di credito senza avere chiarezza giuridica sulla materia. Proprio per chiarire ulteriormente questi aspetti, e sollecitare l’accesso al fondo nel più breve tempo possibile, Mediacoop incontrerà il prossimo 22 dicembre Malinconico. Nel corso dell’udienza il sottosegretario ha precisato che «l’editoria non deve essere percepita come un settore assistito dallo Stato. Non è giusto - ha aggiunto - perché gran parte del settore non riceve contributi dallo Stato. Solo il 10% di quello che va in edicola riceve contributi». Il governo - ha ribadito - non ha affatto previsto che per il 2014 cessi la contribuzione per la stampa.Si è deciso soltanto che cessi questo sistema di erogazione «per renderlo più’ proficuo per i giornali». Gli attuali 138 milioni di euro del fondo per l’editoria 2012 - ha sottolineato - «sono in realtà soltanto nominali» perchè su di esso gravano oneri «che non sono riferibili all’editoria direttamente». Una incongruenza sulla quale però il nuovo esecutivo di tecnici non ha voluto mettere mano, nonostante diversi emendamenti presentati correggessero proprio questa incongruenza. 50,8 milioni di euro - ha dettaglaito il sottosegretario - sono dovuti a una rateizzazione di un debito che aveva lo Stato con le Poste. Poi ci sono altri contributi fra cui un milione per i non vedenti, 4 milioni per Radio radicale, 22,5 milioni per convenzioni con minoranze linguistiche. Alla fine «restano 53,5 milioni di euro di fatto per l’editoria che sono il 30% di quello che per il 2012 è prevedibile». Malinconico ha assicurato anche l’impegno in favore della tutela del precariato e per la riformadell’ordine dei giornalisti, obiettivi contenuti in due disegni di legge che saranno presentati dal governo prossimamente. Ha infine escluso che si siano voluti salvare solo i giornali di partito come l’interpretazione tecnica di alcune norme poteva far credere, Al di là dei toni rassicuranti e dei richiami alle parole impiegate dal presidente della Repubblica Napolitano, per «garantire forme di pluralismo e nel contempo individuare strumenti che possano moralizzare, razionalizzare, bonificare, il settore portandolo a criteri più’ virtuosi», il governo in realtà è rimasto sulle sue posizioni senza concedere nulla. La sensazione è che si voglia approfittare del periodo di transizione tra il vecchio ed il nuovo regolamento per lasciar morire una parte delle testate in difficoltà, per poi riordinare un settore largamente alleggerito. Non è detto però che questa cura darwiniana favorisca alla fine le realtà più genuine, i giornali con redazioni vere che impiegano corretamente i fondi. Enon è affatto che si voglia proprio la sopravvivenza di queste voci. Giorgio Ferri
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