Francesco Profumo, alla sua prima uscita pubblica da ministro dell’istruzione, ha lanciato l’idea dei tablet tra i banchi delle scuole al posto dei libri di testo. Sessant’anni prima di lui, lo scrittore di fantascienza Isaac Asimov aveva immaginato in un breve racconto ambientato nel 2157, il dialogo fra due bambini - Margie e Tommy - che trovano un oggetto sconosciuto. Si tratta di un vecchio libro che parla della scuola. «Il nonno di Margie aveva detto una volta che, quand’era bambino lui, suo nonno gli aveva detto che c’era stata un’epoca in cui tutte le storie e i racconti erano stampati su carta. Si voltavano le pagine, che erano gialle e fruscianti, ed era buffissimo leggere parole che se ne stavano ferme invece di muoversi, com’era previsto che facessero: su uno schermo, è logico. E poi, quando si tornava alla pagina precedente, sopra c’erano le stesse parole che loro avevano gà letto la prima volta. - Mamma mia, che spreco - disse Tommy. -Quando uno è arrivato in fondo al libro, che cosa fa? Lo butta via, immagino. Il nostro schermo televisivo deve avere avuto un milione di libri, sopra, ed è ancora buono per chissà quanti altri. Chi si sognerebbe di buttarlo via?». Con tutti i problemi della scuola - e non sono pochi - il nostro ministro poteva scegliere come esordio una proposta più originale. Prima di arrivare alla questione del supporto dei testi scolastici - digitale o cartaceo - ci sarebbe di che discutere sullo svilimento professionale degli insegnanti, sui precari, sui tagli, sull’asfissia della ricerca e, più in generale, su chi e come produce sapere. Messa così, l’idea dei tablet nelle scuole sembra più un espediente per stendere un’infarinatura di modernità su un corpo febbricintante attraverso una bizzarria tecnologica. A parte ciò, però, quello sul futuro dei libri è un dibattito che va avanti da anni e al suo interno sono maturate posizioni interessanti, per nulla riassumibili con le formule estremetipo il libro è morto" o "mio Dio, non toglietemi la carta". «Ci sarà un periodo intermedio in cui i due sistemi librari (analogico e digitale) conviveranno», scrive Francesco Cataluccio in Che fine faranno i libri (edizioni nottetempo). «A coloro che hanno oggi più di quindici anni piacerà continuare a maneggiare anche i libri cartacei. Noi più anziani ci ostineremo addirittura nella ricerca di vecchi libri (che saranno quelli della nostra gioventù sui quali ci siamo divertiti ed educati)». Per come l’ha raccontato il ministro Profumo, il passaggio dal libro al tablet è una questione di quantità. Una tavoletta elettronica è in grado di contenere migliaia e migliaia di pagine in un centimetro o poco più di spessore. Vuoi mettere che sollievo per le schiene inarcate dal peso di zaini ricolmi di libri? Ben altra cosa, però, è prevedere le ripercussioni che un eventuale passaggio al tablet avrebbe sull’editoria scolastica. Per ora, a dire il vero, non è che gli editori italiani si sianoattrezzati per l’ebook. Anzi, di ebook se ne trovano relativamente pochi, tutt’al più romanzi dei generi più commerciali. E i prezzi, se proprio vogliamo discuterne, sono ancora troppo alti. Eppure «per trasferire un libro tradizionale (analogico) in forma elettronica (digitale) - parole sempre di Cataluccio - il costo è di 1 euro da pagina cartacea e di 2,5 euro da pellicola. Quindi, per un libro medio di 200 pagine, il costo di realizzazione in forma elettronica è di 200 euro. Un prezzo di molto inferiore a qualsiasi ristampa tradizionale». E l’editoria? Sarà «un’industria più semplice», basata paradossalmente su «una produzione più artigianale e gestita da pochi addetti, tecnicamente molto attrezzati». Fare libri elettronici, insomma, costerà di meno e sarà molto più semplice. Ma ciò non significa che scompariranno gli editori. Anzi. «La loro fondamentale funzione di scoperta, scelta, sollecitazione, azzardo, consiglio, correzione, sarà ancora essenziale per produrre buone opere,per tramandare, rinnovandola, la tradizione e allargare l’orizzonte culturale». C’è chi prevede che produrre un libro sarà un processo sempre più simile al lavoro necessario per realizzare un film, coiè un concorso di diverse competenze, dall’autore all’editor. Ma è prevedibile anche che scompariranno molti mestieri legati alla «filiera produttiva e distributiva del libro». Forse ci sarà quancle possibilità in più per gli autori, ai quali il medium digitale offre la possibilità di sbizzarrirsi con immagini, suoni e ipertesti, infrangendo cioè l’obbligo della sequenza lineare della pagina di carta. Più dura, invece, per i grafici, oggi incaricati del compito di attirare l’attenzione dei lettori con copertine di alto design. I libri elettronici avranno «una faccia molto sobria». E’ molto più complicato, invece, rispondere alla domanda se e come i tablet cambieranno il modo di leggere. Una faccenda cognitiva. In prima battuta, si sarebbe tentati di dire che la lettura su un ipad è unalettura in "mobilità", associando al termine una sfumatura di superficialità e scarsa attenzione. In realtà, nel caso del libro - sia pure di un libro in formato digitale - «i casi di fruizione secondaria sono rari. Un libro tende infatti ad assorbire comunque la maggior parte della nostra attenzione: è difficile leggere e dedicare contemporaneamente attenzione a un’altra fonte informativa, anche se leggendo possiamo ascoltare in modo secondario un brano musicale», scrive Gino Roncaglia ne La quarta rivoluzione. Tuttavia «c’è una notevole differenza fra la lettura rilassata di un romanzo, in poltrona o magari a letto, e la lettura attiva, in genere su un tavolo o alla scrivania, di un testo di studio o di un libro che stiamo utilizzando come riferimento mentre scriviamo qualcosa. E queste due modalità di fruizione sono a loro volta diverse dalla lettura in situazione di mobilità, ad esempio in metropolitana-. Tonino Bucci
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