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Tre anni senza vedere. Aveva perso la vista a causa di un’ustione da calce viva. Sostanza altamente caustica che, nel suo caso, gli aveva distrutto quasi tutto il corpo vitreo. Tanto da far scrivere ai medici che la superficie oculare si era "parzialmente cicatrizzata". Che la situazione fosse disperata l’ha provato anche il tentativo, da parte dei chirurghi, di «rigenerare» l’occhio con un trapianto di staminali prelevate da un donatore. Il suo corpo, però, ha rigettato quelle cellule sconosciute. Non restava che provare che una tecnica sperimentale: l’installazione di una protesi artificiale, un cilindro ottico della lunghezza di cinque millimetri che andasse a rimpiazzare il cristallino. Un’operazione riuscita nonostante la delicatezza dell’intervento, portata a termine dall’équipe dell’Unità operativa complessa di Oculistica di Borgo Trento, diretta dal professor Giorgio Marchini, la prima ad essere portata a termine a Verona e nel Veneto."Ladifficoltà dell’operazione consiste nell’integrare la protesi artificiale con i tessuti biologici umani - spiega Marchini - per questo è stato necessario effettuare due interventi distinti l’uno dall’altro, a distanza di due mesi". Con il primo, i chirurghi hanno prelevato della mucosa dalla bocca dell’uomo per ricoprire la superficie oculare, quindi hanno impiantato la protesi e suturato le palpebre. "Un’operazione indispensabile per consentire alla cilindro ottico di attecchire - prosegue Marchini - in seguito siamo nuovamente intervenuti per fissare definitivamente la protesi alle strutture corneali". Ora, il paziente, un sessantenne, è tornato a vedere di nuovo, anche se parzialmente. "La vista è stata recuperata per tre decimi - specifica Marchini - quanto è sufficiente ad essere autonomi nella vita di ogni giorno". Casi come questi, spiegano i medici, solitamente si curano con un trapianto delle staminali adulte prese dal limbus, un’area periferica della cornea, il piùdellevolte dall’occhio dello stesso paziente. Ma questa volta le ustioni erano talmente gravi da non poter consentire quest’operazione". Si è così optato per una protesi messa a punto da un italiano, Stefano Pintucci, morto prematuramente nel 2007. Visto l’eccezionalità dell’intervento è stato necessario l’autorizzazione del ministero della Sanità. «Per la protesi artificiale non c’è rischio di rigetto - conclude Marchini - anche se l’operazione mette a serio rischio l’integrità della retina. In futuro qualche speranza viene data dalla bioinformatica e dall’impianto di microchip». Con i medici si sono congratulati l’assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto, il direttore generale dell’azienda ospedaliera di Verona Sandro Caffi e il prorettore dell’Università (a cui afferisce la clinica oculistica) Bettina Campedelli.
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