Il vicolo cieco del monetarismo europeo
 











Su il manifesto dell’altro ieri Joseph Halevi invitava a prender atto dell’importanza della posizione tenuta da Mario Monti al cospetto della signora Merkel (in particolare delle dichiarazioni successivamente rilasciate al quotidiano tedesco Die Welt), in quanto tesa ad evidenziare le esponsabilità tedesche (della destra tedesca) in ordine alla ricerca di una via d’uscita dalla cosiddetta crisi del debito. Va riconosciuto – faceva presente Halevi – che il Presidente del Consiglio italiano ha violato i dettami imposti dal «consenso di Berlino», affermando che le politiche di sacrifici di cui gli stati più esposti sono chiamati a farsi carico non arriveranno mai ad ottenere la riduzione del debito stesso ed anzi otterranno l’unico risultato di aggravare l’involuzione recessiva, colpendo al cuore la tenuta dell’Unione europea medesima e della sua moneta.
Ciò veniva segnalato, senza nulla togliere alla ribadita e totale critica delle politicherecessive attuate da un governo che si configura come «governo diretto del capitale» (secondo l’efficace formulazione usata da Ida Dominijanni).
Non vi è dubbio che il viaggio in Europa di Mario Monti avesse il mandato di alleggerire gli improbi compiti assegnati al suo governo in sede comunitaria, tutelando gli interessi del suo Paese (e del suo governo) e spingendo altresì l’Unione (la Germania, in particolare) a fare ciò che sinora non ha fatto per confermare un futuro al progetto europeo. In effetti, solo un aspirante suicida potrebbe avallare entità e tempistica del rientro dal debito, così come sono prescritte dai patti europei sin qui ufficializzati.
Segnatamente, non è pensabile di uscire vivi sulla base del ruolino di marcia prefigurato dal cosiddetto Six Pack (la revisione rinforzata del patto di stabilità) e dal documento finale partorito dal Consiglio europeo del 9 dicembre scorso: che, com’è noto, prevedono per il nostro Paese una riduzione dell’ordine del 5% annuodell’extradebito per i prossimi venti anni (che, tradotto in manovre finanziarie, significa la bellezza di 45/50 miliardi di euro l’anno). E’ comprensibile quindi che l’Italia chieda un
addolcimento della pillola, nella fattispecie la considerazione dei «fattori rilevanti» per la valutazione dell’andamento del debito pubblico:e cioè l’inclusione di deroghe nel caso di «circostanze economiche eccezionali» o di periodi «di grave recessione» in cui un Paese può venirsi a trovare e, per altro verso, il mantenimento di «un margine per manovre di bilancio che tengano conto in particolare delle necessità di investimento pubblico».
Sulla base di quanto ufficialmente dichiarato, non pare che l’incontro al vertice abbia prodotto i risultati sperati. Ma il punto non è neanche questo. Il punto è che, quand’anche si ottenesse un’attenuazione dell’infausta terapia, resta tuttavia in piedi una filosofia economica come tale drammaticamente sbagliata e inefficace. Nella sua relazione davanti alParlamento nazionale,
Monti ha confermato la sua sostanziale adesione agli obiettivi che hanno sin qui caratterizzato le devastanti politiche europee: su tutti, il “pareggio di bilancio” come stella polare delle politiche di bilancio statuali e il rientro dal debito a tappe forzate (più o meno scadenzate nel tempo). In questi anni, abbiamo assistito al fallimento dei propositi di chi voleva “temperare” le politiche neoliberiste, cercando un’impossibile mediazione tra un ragionieristico rispetto degli equilibri di bilancio (con il corredo di tagli alla spesa, ai redditi e ai diritti del lavoro che ciò comporta) e la promozione dello
sviluppo economico-sociale. La verità è che, se il contesto generale è quello prospettato da questa Europa, non c’è spazio per nessuna “crescita”.
Quand’anche si riducesse di qualche punto percentuale l’obiettivo di rientro, ciò non servirebbe a riavviare la macchina di uno sviluppo capitalistico drammaticamente inceppato (di uno sviluppo che,beninteso, sia socialmente e ambientalmente equilibrato). E, con buona pace del professor Monti, mettere in soffitta Keynes non aiuta di certo. Bruno Steri









   
 



 
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