Questione morale in Regione indagato il 40 % di Sel e Pd
 











L’aria che che tira, non è delle migliori. Il 40 per cento dei consiglieri regionali di Pd e Sel, i due principali gruppi che sostengono la giunta Vendola, è protagonista di un procedimento penale da parte della magistratura. Si contano sette dei diciotto riformisti senza escludere Michele Mazzarano, che sceglie di traghettare nel Misto aspettando tempi (giudiziari) più propizi per rientrare nei ranghi; due degli otto "sellini", compreso il governatore Vendola. Tant’è che ieri sera Sergio Blasi, segretario dei Democratici, nel chiuso della direzione del partito faceva notare: "Il problema degli indagati riguarda tutto il centrosinistra". Il tema, spinoso, legato alla questione morale farà capolino anche nel vertice di maggioranza che sarà celebrato domani pomeriggio. Uscire dal guado, a quanto pare, non è facile. Lo stesso Blasi fa sapere che "domani (oggi per chi legge, ndr), incontrerò il capogruppo Antonio Decaro". Un faccia a faccia che potrebberiservare qualche sorpresa.
Decaro risulta tra gli uomini politici coinvolti nel "Tedesco 1", cioè la prima delle tre inchieste che ruotano attorno alla figura dell’ex assessore alla Salute Alberto Tedesco. Secondo i pm, che chiedono al gup il rinvio a giudizio di entrambi, proprio l’ex assessore avrebbe consegnato in anticipo le tracce di un concorso pubblico bandito dall’Arpa per fare assumere un cugino di Decaro all’agenzia delegata a proteggere l’ambiente. Ma l’operazione non si conclude con il classico lieto fine:
il parente prossimo del capogruppo del Pd, nonostante tutto, fallisce la prova d’esame. Un’intercettazione telefonica lunga solo una manciata di secondi, testimonierebbe il sedicente inciucio: Decaro dovrebbe rispondere di tentato abuso d’ufficio.
Nel momento in cui questa storia saltò fuori per la prima volta, il giovane ingegnere prestato alla politica manifestò immediatamente l’intenzione di lasciare la presidenza del gruppo di Via Capruzzi almeno fino aquando non fosse stato capace di togliere le castagne dal fuoco del codice penale, ma i componenti la pattuglia democrat avevano respinto, sdegnati, l’idea del passo indietro. Né oggi Blasi insisterà perché Decaro si faccia da parte. Piuttosto, avrebbe ragionato con qualcuno dei dirigenti del Pd, "servirebbe pure ad Antonio, autosospendersi dall’incarico". Sì, insomma, per la "primavera pugliese travolta dai pm"  -  primavera che peraltro era stato Blasi prima di tutti quanti gli altri a dichiarare "morta"  -  sarebbe l’ennesima battuta d’arresto qualora dovesse finire sotto processo il capogruppo del Pd, di cui nessuno parla male. Non fosse altro perché, fanno notare alla direzione di ieri sera, "non è sospettato di reati infamanti come la corruzione o la concussione".
Blasi di fronte al consesso chiamato a raccolta nel quartier generale di via Re David  -  non c’era la folla delle grandi occasioni e i presenti annoverano appena un pugno diparlamentari, da Dario Ginefra ad Alberto Losacco, da Giusi Servodio a Cinzia Capano  -  non fa altro che raccomandarsi: "Dobbiamo avere la schiena dritta". Davanti alle tegole giudiziarie che cadono una via l’altra. E nei confronti di Nichi Vendola, che "nel suo secondo mandato, dopo avere seminato tra il 2005 e il 2010, non ha fatto il salto di qualità e, quindi, non ha raccolto tutti i frutti per cui aveva lavorato faticosamente nei cinque anni precedenti". Un motivo in più, questo, perché Blasi ripeta: "Vendola non deve andare via dalla Puglia (grazie alle politiche del 2013, ndr), ma mantenere l’impegno preso con i cittadini alle regionali di due anni fa". Non s’interrompono i sogni, però nemmeno una legislatura. Quanto alle cose da fare, il Pd cala sul tavolo tre assi: "Rifiuti, energia, acqua".Lello Parise-repubblica

 









   
 



 
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