“Autodeterminazione”, oggi più che mai attuale e fondamentale
 











Le ragioni per cui, nel corso della storia, si è giunti a parlare di democrazia reale, sono principalmente le richieste, più o meno violente, delle genti che, esauste da politiche eccessivamente draconiane, intrapresero insurrezioni fondamentali.
Di queste se ne ricordano principalmente quelle che ebbero inizio nella seconda metà del ‘700, il secolo dei Lumi, il secolo della Ragione. Periodo complesso e oscuro, in cui le forze sociali di diversa ideologia e di differente status (o estrazione sociale), cominciarono a muovere passi decisi e assai lunghi. Fu poi la rivoluzione borghese, liberale e capitalista, ad avere la meglio, ma il coro socialista, e quello “anti-sviluppo”, non quietarono le loro urla. Per molti anni i due principali fronti della modernità (socialismo e liberismo) coesistettero, non mancando di stuzzicarsi, e seminando, dietro loro, il terreno ideale dal quale nacque la “coscienza sociale”, la “coscienza del popolo”, quellafunzione che oggi ci permettere di dibattere sul nostro futuro.
Sembra banale, ma una volta erano pochi visionari a dibattere sull’avvenire; oggi, invece, seppur si accettano ancora le decisioni governative altrui (più o meno gradite), c’è grande spazio per intraprendere dibattiti propositivi. E, di tutte le forme governative, provate e proposte, ad oggi possiamo affermare che l’esperienza ha confermato un antica leggenda: “il potere, in tutte le sue espressioni, logora chi lo detiene, e di conseguenza, logora il popolo che si sottomette ad esso”.
La risposta che ne scaturisce è seria e decisa: autodeterminazione. “Affinché i popoli, siano liberi di giocare le proprie carte”, è questo il motto da seguire, per liberarsi dai monopoli internazionali, da logiche cosmopolite finalizzate a favorire sempre pochi a discapito di molti, per affrancarsi da qualunque “dittatura”, sia questa riconosciuta come valida, o meno valida, dal pensiero “politicamente corretto” vigente. Ecco perché losviluppo dev’essere subordinato alla felicità, e non viceversa: perché è l’individuo, il caposaldo dell’umanità. Non il capitale, il danaro o le istituzioni. Prima di salvare la “moneta unica” o le varie istituzione governanti, bisogna affermare con Determinazione (individuale, per cui, auto-determinazione) che la dignità dell’uomo è l’elemento fondamentale per l’esistenza, per la Vita. Non c’è altra ragione per emancipare la figura dell’uomo dall’attuale putrefazione sociale che incombe e che presto, se non fermata, può causare danni irreversibili all’umanità e al Pianeta (parlo delle guerre prossime venture, normali fasi dell’attuale sistema capital-consumistico). Ed ecco che descriviamo quali sono gli obbiettivi dell’Uomo: garantirsi, appunto, una serena esistenza, e garantire al pianeta e a tutte le forme di vita, un’altrettanta dignitosa esistenza.
Ciò nei limiti della razionalità, s’intende.
E’ la politica, “l’arte dell’amministrare con cura e passione”, l’unico dogma daporre. Se viene a mancare questa forma di sicurezza, ecco che gli avvoltoi della Finanza fondano i loro artigli nell’incommensurabile ricchezza dei popoli, determinando il buono e il cattivo tempo.
Mentre la politica accessibile alla generalità delle persone diventa sempre più uno spettacolo, le istituzioni che veramente contano sono sempre più non-elette. Questo fa parte dell’enorme crescita di complessità del sistema e della sostanziale mancanza di alternative possibili (senza far saltare le basi stesse del sistema) dal quale tutti sono indotti a credere di dipendere.
Il problema è che si tratta di un sistema non a misura d’uomo e fuori controllo.
Questa presunta mancanza di alternative è di fatto mancanza di democrazia reale. Mancanza della quale manca consapevolezza a partire dal non vedere il significato politico degli elementi semplici, basilari, di sussistenza, della nostra vita. La perdita di controllo su tali fatti elementari rispetto a periodi storici precedenticostituisce una progressiva perdita di autodeterminazione e con ciò di democrazia sebbene, secondo la vulgata corrente, sembri che le società evolvano in senso contrario grazie allo sviluppo.
La cessione di tali fatti economici elementari a meccanismi e strutture immensamente sproporzionate rispetto alla dimensione locale vissuta dalle persone è il modo attraverso cui queste stesse persone permettono a poteri estranei e sconosciuti di dar forma e direzione alle proprie vite e con ciò abdicano a diritti democratici duramente guadagnati dalle generazioni passate.
“Per recuperare un percorso realmente democratico non è indispensabile abbattere direttamente megastrutture economiche e forze di potere, ma è necessario far nascere realtà comunitarie che, diffondendosi come erbe selvatiche, coesistano con le megastrutture fuori controllo e si radichino fino a sopravvivere al loro crollo”: queste le “riflessioni” di un… neo-contadino.Oscar Strano-economycamente.altervista.org









   
 



 
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