Roma, neocomunisti in piazza -Monti è uguale a Berlusconi-
Sole cocente in città, turisti stranieri che boccheggiano e a un certo punto si fermano incuriositi: da piazza della Repubblica parte il serpentone rosso tra falci e martello, tante facce del Che, qualcuna di Lenin e l’immancabile "Bandiera Rossa" cantata a squarciagola. È l’orgoglio comunista quello che ha sfilato oggi per le vie della Capitale, nella manifestazione nazionale organizzata dalla Federazione della Sinistra (sigla che riunisce Rifondazione, Pdci, Partito del Lavoro) in difesa dell’articolo 18 e contro le politiche del governo Monti. Alla manifestazione ci sono i banchetti del Manifesto, quelli per firmare una petizione contro la riforma del lavoro della Fornero, si intravede qualche bandiera cimelio del vecchio Pci, più tutta la diffusione militante: Liberazione che esce di nuovo giusto per oggi, poi Che fare?, FalceMartello, Scintilla, La Comune e così via. Tra l’indifferenza generale i duri e puri del Partito Comunista deiLavoratori distribuiscono volantini di protesta, "perché la Fds ha scelto di negare la parola al Pcl?". Difficile dare un numero esatto sui partecipanti. "Siamo 40mila", fanno sapere intanto dal Pdci. Ma di sfondo alla prova della piazza dei neocomunisti c’è la recente tornata elettorale, fatta di qualche luce e diverse ombre. Le urne dicono che la Fds vale tra il 2 e il 3 per cento, con punte del 5 e 6 in Toscana, in Umbria, a Palermo, Parma. Ma anche un incredibile "zero virgola" a Taranto, per dire. Adesso il tentativo è quello, dopo aver riunito - bene o male - i comunisti, di mettere insieme quello che gravita a sinistra del Pd: cioè Sel, Idv, Verdi. Partiti sì presenti in piazza, ma a livello di qualche adesione personale e nulla di più. "Questa è una proposta di alleanza a Sel e Idv - ha spiegato Paolo Ferrero, segretario del Prc - facciamo appello alla sinistra e al sindacato. Per fare opposizione alle politiche di questo governo ci vuole uno sciopero generale". Alledomande sull’agguato al manager di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi, l’ex ministro risponde che "il clima è difficile, spero che siano solo fenomeni isolati. Però dico che non si può parlare di terrorismo per ogni accadimento". Mentre Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, aggiunge che "il terrorismo è il nemico principale della classe operaia". Al comizio finale davanti al Colosseo, Ferrero ha sottolineato come "noi non cerchiamo uomini che fanno miracoli. Il nostro miracolo è la gente che non piega la testa. In questi mesi abbiamo pensato che non ce l’avremmo fatta ma non è vero, le cose possono cambiare, bisogna crederci, è questo il messaggio di oggi: ce la si può fare. Da domani bisogna partire in tutti i Comuni a raccogliere la gente, dobbiamo costruire le lotte per mandare a casa il governo e cambiare la politica. Per farlo proponiamo di costruire l’unità della sinistra, perché l’unità serve ad essere più forti. Bisogna smetterla di inseguire col cappello il Pd". E ancoraDiliberto, "oggi è il primo giorno bello dopo quattro anni infernali. Da qui, da questi giovani, inizia la rivincita dei comunisti italiani". A parlare anche gli esponenti della sinistra radicale europea che, a dire il vero, se la passa meglio rispetto a quella nostrana. In Francia il Front de Gauche di Melénchon ha superato il 10 per cento dei consensi, per non parlare di Syriza, che in Grecia è il secondo partito (16,8 per cento, senza dimenticare i comunisti del Kke al 9); in Spagna Izquierda Unida nel novembre scorso prese il 7, mentre in Germania la Linke raggiunse il 12 per cento solo due anni fa. "Uscire da sinistra dalla crisi: il nostro tentativo è quello, in tutta Europa e spero per i compagni italiani anche qui", ragionava il leader dei comunisti francesi Pierre Laurent. Dove però, con Hollande presidente, sono già un pezzo avanti.MATTEO PUCCIARELLI ’Il Manifesto’, prima pagina contro la chiusura del giornale comunicata via fax La prima pagina del ’Manifesto’contro la chiusura del giornale comunicata dai liquidatori con un fax. ’Oggetto cessazione attività’, si legge nella prima pagina del quotidiano diretto da Norma Rangeri in cui a tutta pagina campeggia ’NO’. "Può succedere - spiega il quotidiano fondato nel ’69 - che un fax spedito in redazione senza preavviso, senza che nessuno se l’aspetti, vada perso. Chi li usa più i fax al tempo delle email e di twitter. Così ieri pomeriggio rischiavamo persino di non leggere le poche righe con le quali ci comunicavano che è stata decisa la cessazione della complessiva attività editoriale del manifesto". "Unidici righe - spiega il ’Manifesto’ - spedite dai tre liquidatori che da febbraio gestiscono questo giornale. Un colpo a freddo arrivato proprio mentre voi lettori e noi del collettivo stiamo facendo l’impossibile per non arrenderci. Ma il manifesto non finirà così". Per il vicepresidente del Senato Vannino Chiti "il Manifesto non deve chiudere. E’ da anni una voce libera e indipendente,preziosa nel panorama dell’informazione e della sinistra italiana. La sua chiusura rappresenta una sconfitta". ’’E’ necessario - scrive il senatore su Facebook - garantire il massimo del pluralismo per assicurare il diritto all’informazione che è uno dei pilastri della democrazia".