Toh, si è dissolto l’Abc
 











Effetto notte. Titoli di coda. Dissolvenza. E’ il film che scorre nel Palazzo all’indomani del voto amministrativo del 6 maggio. Un Mistero Buffo, il comico Beppe Grillo lanciato alla conquista dell’Italia, che per gli inquilini di Montecitorio diventa un horror movie, Profondo Rosso. Il Movimento 5 Stelle, che razza di nome, che trasforma le più rinomate catene alberghiere della politica italiana in squallidi motel di periferia, affollati soltanto dai soliti clienti, a rischio chiusura.
"Devono fare la legge elettorale subito! Rimettere le preferenze e farci correre! Ognuno di noi ha il compito di levare almeno seimila voti all’antipolitica, con un anno di tempo possiamo farcela", sbraita il deputato del Pdl Mario Pepe, il re dei peones, che ebbe il suo momento di gloria nei mesi dello scontro Berlusconi-Fini, quando si trattava di strappare uno o due parlamentari al fronte avversario. Scusi, onorevole Pepe, ma come, siete messi così male chetocca a voi togliere i voti a Grillo? E’ lui lo sfidante, voi siete ancora in carica... "Io sono un medico, i miei pazienti votano già ora tutti per 5 Stelle. Se mi devo rimettere in corsa, li contatto uno a uno e magari in un anno qualcosa riporto a casa. Se restano le liste bloccate, i partiti vanno in malora. Siamo finiti!".
Lo sfogo isolato di un moribondo di Montecitorio? Mica tanto. Nelle ore immediatamente successive al terremoto elettorale che arriva da Parma (dove i grillini vanno al ballottaggio con Federico Pizzarotti: nomi da imparare a memoria, tra qualche mese ce li ritroveremo in Parlamento), Palermo, Genova, Verona, i quattro maggiori comuni al voto in cui il Pdl berlusconiano non arriva neppure al secondo posto, l’Effetto Grillo abbatte come fuscelli ipotesi e strategie politiche che hanno tenuto banco per mesi. Primo: il partito di Silvio Berlusconi, fondato appena tre anni fa, nel 2009, alla Fiera di Roma ("I sondaggi quelli veri, non quelli fasulli, ci danno al43 per cento, ma noi puntiamo al 51", dichiarò il Cavaliere nel discorso di chiusura) sparisce dai radar, si inabissa nell’irrilevanza politica. Secondo: il Terzo Polo, l’araba fenice di tutti gli scenari, il futuribile partito della Nazione vagheggiato da Pier Ferdinando Casini, non intercetta neppure un voto tra i migliaia in fuga dal Pdl (175 mila in meno rispetto alle trionfali elezioni regionali del 2010, secondo i dati dell’Istituto Cattaneo).
Una delusione che costringe il leader centrista ad ammutolire l’adorato Twitter per quarantotto ore. E quando torna a cinguettare è solo per dare la notizia che si chiudono i battenti: "Il Terzo Polo è archiviato". Infine, c’è il Pd, l’unico partito ammaccato ma sopravvissuto al disastro ("Il Pd solo tra le macerie", prova a farsi coraggio "L’Unità"), il Pd survivor in un sistema politico che sembra l’isola di "Lost", passeggeri scampati a un incidente aereo ma catapultati in una terra ignota e pericolosa. Nel fortino di largo delNazareno, in poche ore, viene congelata la legge elettorale proporzionale costruita per mesi da Luciano Violante con la benedizione dei big del partito, Bersani e D’Alema in testa.
"Il voto cambia alcuni presupposti sui quali stavamo lavorando. In assenza di partiti consolidati, allo stato ne resta in piedi solo uno, si rischia una eccessiva frammentazione", ammette l’ex presidente della Camera. Insomma, il Pd voleva ricostruire il sistema dei partiti, i partiti però non ci sono più, contrordine compagni, si cambia strategia, quale non si sa. E la Lega? I lombardi si consolano con i successi di Cantù e di Rovato, perché il trionfo del veneto Flavio Tosi, tutto fuori dal Carroccio, fa più male di una sconfitta.
Il terremoto Grillo fa tremare perfino i palazzi più alti, i vertici delle istituzioni. Giorgio Napolitano finisce coinvolto in una polemica di giornata a causa di una battuta sul boom dei voti grillini ("Di boom conosco solo quello degli anni Sessanta", commenta ilpresidente). Il premier Mario Monti è costretto a correggere in diretta una sua frase ("le conseguenze umane della crisi dovrebbero far riflettere chi le ha provocate") che fa infuriare i falchi berlusconiani. E il governo tecnico si prepara ad affrontare una stagione convulsa: la riforma del mercato del lavoro ferma al Senato, poi la legge di stabilità da anticipare a prima dell’estate perché, fa notare una vecchia volpe come il sottosegretario Giampaolo D’Andrea, "dall’autunno in poi comincerà la campagna elettorale e sarà difficile far lavorare le Camere".
Sempre che all’autunno si arrivi. "L’Abc si è dissolto", sintetizza l’ex ministro Giuseppe Fioroni, capo dell’ala cattolica del Pd a proposito della strana maggioranza Alfano-Bersani-Casini. "A. è evaporato, C. è in sala di rianimazione e B. lotta per sopravvivere. Chi si illudeva che questo fosse un voto stabilizzante si è sbagliato. Ora i processi di frammentazione saranno più rapidi e non si può escludere nulla. Neppureelezioni anticipate ad ottobre. Prevedo per il governo incidenti a catena. Casuali e incentivati". Una prospettiva che terrorizza i leghisti, che pure sulla carta sarebbero gli unici oppositori in campo: "Speriamo che nella maggioranza non perdano la testa...", mormora un lumbard. La paura di non essere rieletti fa novanta anche in Padania.
I capipartito smarriti non hanno molto tempo per organizzare un piano di salvataggio. Nel Pdl le onde sono più alte che in altri partiti e travolgono prima di tutto il segretario Angelino Alfano, abbandonato sul ponte della nave da Berlusconi nella giornata più nera, l’ex premier era in Russia a divertirsi con l’amico Putin. Contro il colonnello Alfano promosso a generale si rovescia l’ira delle retrovie.
"A Palermo il Pdl ha preso l’8 per cento, una miseria. E Renato Schifani, il presidente del Senato, torna lì tutte le settimane con il volo di Stato: ogni volta che atterra sono migliaia di voti in meno", impreca l’azzurro Pepe. "Alfano avevaun solo obiettivo in queste elezioni: vincere a casa sua, ad Agrigento, contro il sindaco uscente dell’Udc. E invece, macché, abbiamo un segretario nazionale che si fa mettere sotto da uno Zambuto qualsiasi", attacca Giorgio Stracquadanio, il primo a chiedere ufficialmente le dimissioni di Alfano e di tutto lo stato maggiore del partito, "compresi i capogruppo di Camera e Senato Cicchitto e Gasparri", ci tiene a precisare l’ex direttore del "Predellino", con un piede già fuori dal partito.
In quanti sono pronti a seguirlo? Chissà. Alla Camera il Pdl conta 210 deputati cui vanno sommati i 23 Responsabili, a Palazzo Madama ci sono 127 senatori, da oggi sono tutti o quasi a rischio, con i numeri del voto amministrativo e i sondaggi che danno il Pdl in picchiata più della metà di loro può scordarsi la rielezione. I gruppi parlamentari più numerosi su cui si regge il governo Monti sono una montagna friabile, un formicaio impazzito. E giù con le idee di riforma elettorale per frenare lacaduta (il Porcellum con le preferenze e con un listino bloccato per i big, il doppio turno alla francese) e la strada delle alleanze: recuperare Casini, fare la pace perfino con l’odiato Gianfranco Fini, scaricare Monti, caricare Montezemolo...
Nel Terzo Polo l’unico felice è Francesco Rutelli che esulta in un comunicato: "L’Api raggiunge il 3,4 per cento con picchi importanti in Campania e in Puglia" (bella soddisfazione, in effetti). Ma l’umore degli altri due leader tende al cupo. Casini ammette: "Sarebbe meglio chiudersi qualche settimana in un eremo a pensare". E il congresso dell’Udc per lanciare il Partito della Nazione, annunciato per l’estate, slitta in autunno. Di Gianfranco Fini si racconta che sia addirittura tentato da una mossa clamorosa: l’abbandono della politica.
Depressione. Panico. Paura di sparire, ora che i sondaggi danno i grillini a due cifre anche a livello nazionale, sopra il 15 per cento, in crescita esponenziale. "Attenzione: senza Grillo e le suesparate sulla mafia avrebbero preso anche più voti pure alle amministrative", osserva Pierluigi Castagnetti, storico dirigente del Pd. "Il fenomeno Grillo pone a tutta la classe politica un problema enorme. Come la Lega degli inizi rappresentava in maniera rozza la questione settentrionale, oggi 5 Stelle costringe tutti a ripensare il ruolo della politica come servizio e non come professione. In Emilia dove sono già presenti nel giro di pochi mesi hanno costretto il consiglio regionale ad abolire il vitalizio. Cosa succederà quando entreranno in Parlamento?".
Prima dell’invasione grillina, però, ci sono da attraversare gli ultimi mesi di legislatura. E un vuoto politico che ha un solo precedente, il biennio di Tangentopoli 1992-93. "Qualcuno deve preoccuparsi di riempirlo", conclude Fioroni. "O il Pd mette subito in piedi un’alleanza che va da Casini a Vendola e si prepara a eventuali elezioni autunnali, oppure ci penserà qualcun altro. Con una cosa nuova che spedirà a casa l’interaclasse dirigente. Prima quella del centrodestra e poi noi del Pd. Non è pensabile che il popolo italiano si affidi a Grillo". Questa è l’unica certezza del Palazzo, la sola speranza. Almeno per ora. Marco Damilano-l’espresso









   
 



 
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