Un attacco frontale, duro e pieno di polemica, il primo discorso del neo eletto presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. La riforma del lavoro non va bene, le tasse sono troppe e la revisione della spesa pubblica è inadeguata. Non usa mezze parole per attaccare governo e sindacati. Come dire che la difficoltà di fare impresa in Italia dipende da fattori esterni. ’Il nostro primo compito e’ arrestare l’emorragia e restituire fiducia", ha esordito Squinzi. "La bassa crescita dell’Italia - ha aggiunto - è determinata soprattutto dalla difficoltà di fare impresa". E subito passa all’attacco. La riforma del mercato del lavoro "appare meno utile alla competitività del Paese e delle imprese di quanto avremmo voluto. E’ una riforma che modifica il sistema in più punti, ma, a nostro giudizio, non sempre in modo convincente". Non si ferma Squinzi e subito bacchetta il governo anche sui tagli alla spesa. "Occorre un impegno serio, determinato,continuo per ridurre la spesa pubblica. Non possiamo accontentarci di una spending review che sia solo una bella analisi dei tagli possibili. Servono tagli veri". Nella retorica di rito, non può mancare il capitolo sulle tasse. Il fisco è in Italia una "zavorra intollerabile che si aggiunge ad altre zavorre"; con una pressione fiscale reale complessiva "al 68,5% contro il 52,8% in Svezia, il 46,7% in Germania, il 37,3% nel Regno Unito, c’è urgente bisogno di una riforma", ha detto Squinzi. Ma la vera riforma che Confindustria si aspetta è quella relativa alla Pubblica amministrazione, il che lascia intendere come le imprese italiane siano strettamente legate allo Stato per le loro commesse e poco internazionali. "L’ho detto e lo ripeto: la riforma della pubblica amministrazione è la madre di tutte le riforme. E’ la riforma che insieme alla semplificazione normativa più ci può aiutare a tornare a crescere". Servono i soldi dello Stato e delle banche: "Subito credito alleimprese. La carenza e i costi del credito sono il nodo più urgente da sciogliere perché sta soffocando il tessuto produttivo", ha sostenuto Squinzi. Per questo "alle banche e allo Stato italiano chiediamo uno sforzo aggiuntivo". Su questi temi Squinzi chiede di aprire un confronto col governo e di avviare una agenda in quattro punti, che riguardino la riforma e i debiti della Pubblica amministrazione, i tagli della spesa pubblica, la riduzione della pressione fiscale e il credito alle imprese. "Non stiamo chiedendo la luna e non chiederemo la luna. Stiamo solo chiedendo di poter lavorare in un Paese meno difficile e inospitale, più normale, più simile agli altri Paesi avanzati", "non chiediamo favori o privilegi". Ma sostiene che "lavorare per le nostre imprese significa lavorare anche per una comunità, per il Paese, per la società italiana, di cui sono parte integrante e indispensabile". E le imprese, aggiunge, hanno bisogno di "certezze" per investire "le proprie risorse" eprodurre. Il tutto servirebbe per riavviare la crescita: "L’emorragia si misura con le decine di migliaia di imprese che non sono sopravvissute alla crisi. L’emorragia si misura con oltre 2 milioni e 500.000 persone che non trovano lavoro. L’emorragia si misura con il senso di sgomento che attraversa il Paese. Dobbiamo fermare questa emorragia. Dobbiamo ridare speranza. Se non apriamo ai giovani nuove possibilità di occupazione e di vita dignitosa, nuove opportunità di affermazione sociale, la partita del futuro è persa non solo per loro, ma per tutti, per l’Italia", ha concluso Squinzi. Una parola di solidarietà anche per l’agguato ai vertici del gruppo Finmeccanica. "Il vile attentato all’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare ci riporta con la memoria a tempi che pensavamo superati per sempre". Con la "solidarietà e la vicinanza" a Roberto Adinolfi ed a Finmeccanica, Squinzi esprime anche "lo sdegno e il senso di orrore per l’inaudito attentato alla scuolaMorvillo-Falcone di Brindisi". Per Squinzi, il rispetto della legalità è essenziale per la convivenza civile. ma è anche condizione indispensabile per gli investimenti delle imprese e per il buon funzionamento del mercato. Poche ore dopo essere stato designato presidente della Confindustria, l’imprenditore chimico Giorgio Squinzi indica tre misure urgenti sulle quali lavorare per uscire dalla crisi. Fra queste sottolinea "il recupero dell’evasione e dell’elusione fiscale non con misure di accanimento ma attive, a partire dalla deducibilità di alcuni costi che farebbe emergere redditi e realtà sommerse". Una ricetta economica, che sorvola sui peccatucci che la Finanza ha contestato anche a lui. Sì, perché il presidente di Confindustria (che si è insediato il 24 maggio) qualche problema lo ha avuto un anno fa con la sua Mapei: una questione di evasione ed elusione fiscale. Per nove mesi i militari del Nucleo tributario di Milano hanno esaminato i registri della Mapei,multinazionale leader nei prodotti chimici per l’edilizia e nella produzione di adesivi tra cui il noto Vinavil (possiede anche una squadra di calcio, il Sassuolo, che si batte per salire in serie A). Un gruppo attivo in 27 paesi con 59 stabilimenti che fanno capo a 68 aziende consociate e fatturano circa 2,2 miliardi di euro l’anno. Dall’analisi incrociata della contabilità di società italiane ed estere, i finanzieri sono giunti alla conclusione che il quadro fiscale non sia congruo, con milioni di euro sfuggiti alla casse dello Stato nel corso di cinque anni. Nel rapporto finale vengono contestati quasi 22 milioni di euro di ricavi non denunciati al fisco dal 2004 al 2008, a cui vanno sommati per tre anni (dal 2006 al 2008) 7,5 milioni "indebitamente dedotti". Insomma, anche la Mapei sarebbe scivolata nelle omesse dichiarazioni e nelle detrazioni gonfiate, con il meccanismo degli "elementi passivi fittizi". Il rapporto è del luglio 2010, con una serie di valutazioni tributariepesanti nei confronti dell’azienda. I finanzieri ritengono che le infrazioni non siano solo frutto di una diversa interpretazione delle norme fiscali, ma che si tratti di vere frodi e che il responsabile del gruppo debba rispondere di "violazioni che hanno assunto rilevanza penale". Il corposo rapporto realizzato in nove mesi di controlli viene così inoltrato anche alla procura di Milano. I pm del pool specializzato per i reati fiscali, guidato dal procuratore aggiunto Francesco Greco, hanno dunque aperto un fascicolo. La linea che i magistrati milanesi seguono in questi casi è quella di verificare se le operazioni segnalate portano alla creazione di fondi neri. I pm esaminano i conti di Squinzi, ma non trovano prove per ipotizzare il dolo: non c’è materia per i tribunali penali. I pm diretti da Greco chiudono il fascicolo con una richiesta di archiviazione inoltrata al gip. La procedura fiscale per i circa 30 milioni nascosti al fisco invece è andata avanti. Come sempre, leFiamme Gialle hanno passato la pratica all’Agenzia delle Entrate che sostiene le ragioni dell’erario e adesso tocca alla Commissione tributaria di Milano pronunciarsi sulla regolarità dei conti della Mapei. I finanzieri ipotizzano un’operazione di "transfer pricing", che assume un ruolo strategico per le società multinazionali e allo stesso tempo costituisce un aspetto di particolare criticità per le nazioni in cui le singole società sono ubicate. Non è rara, infatti, la possibilità che, in un’ottica di riduzione del carico fiscale dell’intero gruppo societario, l’imponibile venga concentrato nei paesi a più bassa fiscalità (in alcuni casi coincide con i paradisi fiscali). Occorre subito chiarire che con il termine "transfer pricing" si intende, nella comune accezione economica, il controllo dei corrispettivi applicati alle operazioni commerciali o finanziarie intercorse tra società collegate o controllate residenti in nazioni diverse, al fine di verificare che non vi sianoaggiustamenti "artificiali" dei prezzi. Infatti, in sintesi, nell’ambito dei rapporti infragruppo possono verificarsi procedure elusive. L’azienda nel bilancio 2010 ha avvertito gli azionisti dell’esistenza del contenzioso, sintetizzato in poche frasi: "Il rilievo principale emerso dal verbale redatto dalla Guardia di Finanza riguarda la pretesa remunerazione per la concessione in uso, da parte della nostra società a talune proprie controllate non residenti, dei propri marchi e del proprio know how produttivo". La Mapei ha presentato ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano (ricorso tuttora pendente), ma solo per il 2005, preso come anno-campione e per il quale è stata formulata una contestazione formale dall’Agenzia delle Entrate con l’avviso di accertamento. "I nostri legali stanno seguendo la vicenda di cui non conosciamo ancora gli sviluppi", dice Adriana Spazzoli, moglie dello stesso Squinzi e responsabile marketing e comunicazione Mapei. L’azienda ritieneche "le contestazioni mosse dalla Guardia di Finanza non sono adeguatamente motivate, in quanto basate su argomentazioni e ragionamenti di carattere meramente formale e non economico-sostanziale". Per questo motivo l’azienda comunica ai soci "che dalle contestazioni in parola non possano emergere oneri di rilievo".
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