Il presidente ad interim del Mali Dioncounda Traoré è partito alla volta di Parigi. La versione ufficiale è che deve sottoporsi, dopo l’aggressione subita lunedì, a ulteriori accertamenti medici. Quella ufficiosa è che si incontrerà con il nuovo presidente francese, François Hollande, per discutere della crisi maliana e mettere su un nuovo piano strategico dopo il fallimento di quello della Comunità economica dell’Africa Occidentale (Cedeao – Ecowas). Nonostante il cambio di poltrona, gli interessi francesi rimangono gli stessi in Mali, dove ci sono importanti giacimenti di uranio e petrolio nel nord del Paese. C’è chi teme che il vuoto che si viene a creare con la partenza di Traoré possa essere riempito dal capitano Amadou Sanogo, nominato presidente ad interim dal Coordinamento delle organizzazioni patriottiche del Mali. L’ex capo della giunta, a differenza dei politici che hanno formato il nuovo governo di transizione, ha un grande seguitopopolare. Gli abitanti di Bamako guardano con ostilità e sospetto i rappresentanti politici che sono stati messi al governo dalla Cedeao-Ecowas, un’organizzazione considerata espressioni degli interessi Occidentali, in primis Stati Uniti e Francia. Inoltre, non comprendono come mai si continua a guardare a Bamako, dove la situazione fino a qualche giorno fa era normale, invece di fare qualcosa per riconquistare il nord e liberare gli abitanti di Gao, Kidal e Timbuctù dal giogo dei ribelli del Movimento per la liberazione dell’Azawad e dai gruppi armati, tra cui Ansar al Din. C’è inoltre chi parla di “complotto” mediatico per infangare i manifestanti che lunedì sono scesi in piazza per protestare contro il prolungamento di un altro anno del mandato di Traoré. Secondo la versione dei manifestanti, coloro che hanno aggredito il presidente ad interim non avevano niente a che fare con loro, che protestavano pacificamente. Sarebbe stato infatti un gruppetto di “teppisti” che ha aggreditoTraoré, nel tentativo – dicono i manifestanti – di far precipitare il Paese nel caos totale, facendo ritardare i soccorsi nel nord. All’indomani dell’aggressione – un fatto gravissimo –Bamako è di fatto divisa in due: tra chi sostiene il capitano Sanago e chiede l’allontanamento di Traorè e chi invece chiede il mantenimento dell’ordine costituzionale. Una frammentazione che non può portare a nulla di buono e che rispecchia in qualche modo quella dell’intero Paese, diviso in due. Il timore che possa scoppiare una guerra civile è dietro l’angolo se il popolo maliano non sarà in grado di rimanere unito per rivendicare l’integrità del Mali. Tutte le forze devono essere infatti usate per liberare il nord dai ribelli tuareg del Mnla e dei militanti islamici di Ansar al Din che stanno commettendo crimini sulla popolazione e distruggendo pezzi di storia dell’umanità intera. L’ultimo episodio di vandalismo si è verificato ieri quando gli estremisti islamici hanno distrutto il “Monumento aicaduti” che dal 1991 rendeva omaggio alla lotta contro la dittatura del generale Moussa Traoré. I militanti di Ansar al Din hanno già distrutto il monumento a Farouk, cavallo simbolo di Timbuctù, hanno dato fuoco alla tomba del santo Sidi Mahmoud Ben Amar e hanno saccheggiato le biblioteche storiche che contengono i celebri manoscritti, riconosciuti dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Ma a pagare il prezzo più alto di tutta questa situazione è la popolazione, un tempo libera di professare la propria religione e di avere i propri usi e costumi. Chi può è scappato, gli altri resistono e chiedono, attraverso manifestazioni, agli occupanti di andarsene. Non se la passano bene neppure i profughi che sono fuggiti nei Paesi vicini. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) sono necessari “3 milioni e 500 mila dollari per portare immediatamente i soccorsi che salveranno la vita agli sfollati maliani”. L’Oim, che collabora con i partner locali, tra cui la Croce rossamaliana, la protezione civile e l’associazione delle municipalità del Mali “per riuscire a raggiungere le popolazioni sfollate che sono intrappolate nelle aree di conflitto al nord senza aiuti adeguati”. In Mali – si legge in un comunicato dell’Oim – si assiste a una “crisi alimentare che colpisce circa 3,5 milioni di persone, una parte delle quali soffre di grave insicurezza alimentare”, si legge nella nota, che parla di “almeno 147mila persone sfollate, 45mila delle quali si sono rifugiate nel sud del Paese”. Francesca Dessì
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