Governo italiano «preoccupato». D'Alema: Coordinare le missioni
 







di M. B.




Ufficialmente riferisce in senato (alle commissioni congiunte Esteri e Difesa) per il caso Hanefi e Mastrogiacomo, dove ha confermato «possibilità di intervento limitate» per il nostro governo («Possiamo interloquire con il governo afghano ed esercitare pressioni per un processo equo»).
Ma è chiaro che l'audizione del ministro degli Esteri D'Alema si trasforma in una dura (ma incoerente) presa di posizione sull'ultima strage che ha insanguinato la provincia di Herat dove sulla carta comandano i nostri militari inquadrati nella Nato ma nella realtà le forze Usa fanno quello che vogliono e, a detta di Farnesina e Difesa, all'insaputa degli alleati.
D'Alema (come Parisi pochi giorni fa) non nasconde tutta la «preoccupazione» del governo italiano per l'offensiva americana che, dice, «rischia di alienare in modo controproducente il consenso determinante della popolazione civile per la stabilizzazione del paese». Senza troppigiri di parole il capo della Farnesina critica l'«uso indiscriminato di attacchi aerei» e definisce una «spia» di un'ostilità crescente anche verso gli italiani l'attentato «a scopo intimidatorio» in cui martedì scorso a Herat sono stati feriti tre soldati della brigata Sassari. Analisi condivisibile, conclusioni incoerenti.
L'Italia non ha alcuna intenzione di rivedere il suo impegno in Afghanistan (costa 1 milione di euro al giorno): «Il ritiro non è mai stato preso in considerazione», ha confermato D'Alema, lasciando le carte ancora ben coperte sui rinforzi da mandare a Herat (elicotteri Mangusta o blindati Dardo): «Altri mezzi saranno inviati nelle prossime settimane». Anzi, il ministro degli Esteri si limita a suggerire un maggiore «coordinamento» tra la missione della Nato che «mira alla stabilizzazione e alla pacificazione» e quella Usa di «Enduring Freedom» che «mira a ricercare e colpire gruppi di talebani».
«Bisogna evitare che queste attività entrino incontraddizione tra loro», dice D'Alema senza spiegare come. Proprio la vicenda di Herat dimostra che il re è nudo, che al di là dei bizantinismi politici e diplomatici nel «pantano» afghano tutto si tiene e la posizione italiana è sempre più fragile.
Lungi dall'essere pacificato, e nel sostanziale imbarazzo della sinistra, l'Afghanistan è ancora una spina nel fianco della maggioranza. La «Sinistra democratica» uscita dai Ds appare determinata a chiedere la «revisione» della posizione italiana se la situazione dovesse peggiorare. Mentre Prc e Pdci non brillano, al di là di interpellanze quasi quotidiane, per iniziativa politica. La destra dell'Ulivo (incarnata, tra gli altri, da Lamberto Dini) aveva perfino intravisto nell'audizione di D'Alema di ieri la possibilità di stroncare con l'aiuto delle destre eventuali proteste pacifiste nell'Unione. Tentativo andato a vuoto («Completamente d'accordo con D'Alema» si è detto Russo Spena, capogruppo Prc) e alla fine la mossa è stataavanzata solo dal presidente della commissione De Gregorio che ha invitato la maggioranza a «condividere» con Forza Italia il «fardello» delle scelte internazionali.da Il manifesto









   
 



 
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